Silvio Baldini è un alieno rispetto a questo calcio: “Vado una settimana a disintossicarmi”
Da tre giorni Silvio Baldini non è più l'allenatore del Perugia, un'avventura durata meno di un mese e terminata con un addio tanto clamoroso quanto in linea col personaggio del 64enne tecnico toscano. Subentrato all'esonerato Castori il 20 settembre scorso, Baldini è durato solo tre partite sulla panchina umbra: sono state altrettante sconfitte che hanno lasciato i Grifoni all'ultimo posto in Serie B, con appena 4 punti in 9 giornate.
L'allenatore di Massa ha reagito all'ultima sconfitta in casa contro il Sudtirol presentando le dimissioni, replicando dunque il medesimo gesto che aveva fatto il 27 luglio, quando a pochi giorni dall'inizio della stagione aveva lasciato di sua volontà il Palermo, che aveva riportato in Serie B dopo tre anni dal fallimento, per diversità di vedute con la nuova proprietà del City Group.
Baldini è questo, prendere o lasciare. Non è uomo da mezze misure, se le cose non seguono il flusso dei sentimenti che gli danno la spinta per andare avanti, lui prende e se ne va. "A 64 anni non desidero altro che vivere alla mia maniera, essere fedele a me stesso, al mio bisogno di emozioni forti – spiega alla Gazzetta dello Sport – Per me la famiglia è tutto, se non sono felice con me, non posso esserlo nemmeno con loro. Il tempo è il bene più prezioso. E il mio tempo a disposizione è sempre meno. Non mi va di sprecarlo".
Il toscano spiega cosa non ha funzionato sia a Palermo che a Perugia: "I nuovi proprietari del Palermo non credevano in me. Basti pensare che mi hanno lasciato un anno di contratto mentre a Corini, il mio successore, hanno fatto un biennale. Avevo tre fisioterapisti miei e me ne hanno imposti altri due, insieme a un preparatore atletico di cui non avevo bisogno. Quanto al Perugia, mi dispiace. Avevo la fiducia del presidente e del direttore, mi affascinava la città. Ho trovato bravi giocatori ma tra loro non c'era quel legame vero che porta i risultati. Non era una famiglia. Quando non c'è famiglia, non c'è amore, non c'è passione. Io vedo le cose con il cuore, non con gli occhi. Quando ti accorgi che l'egoismo dei singoli è superiore alla capacità di sognare non puoi farci niente. Non erano i risultati a preoccuparmi, ma le prestazioni di una squadra che si rifiuta di sognare".
Baldini adesso ha bisogno di staccare da un mondo che spesso sente come lontano: "Andrò a trovare Spalletti due o tre giorni nella sua tenuta, ma prima vado una settimana a disintossicarmi da Mario, il mio amico pastore che vive sulle montagne siciliane con le sue mucche, le capre e i cani randagi. Quando vado e lui mi parla, io torno bambino. Di quando domava il suo cavallo guardandolo negli occhi. Come quando ascoltavo le favole della nonna".
L'ex tecnico della Carrarese non teme di essersi bruciato per sempre, più che altro non se ne cura: "Ognuno deve essere se stesso, non si deve vergognare della sua storia. La vita è corta, non sono un tipo che si può adattare. La comodità non fa per me, non mi dice niente. Non ho mai inseguito il denaro, è la mia forza. Se ho ancora un futuro nel calcio? Non lo so e non m'interessa. Non penso al futuro, il futuro è la mia decadenza, io voglio vivere intensamente il presente, essere quello che devo essere. Se poi si creano le condizioni giuste… Sennò, quando verrà la decadenza insopportabile del corpo farò come i cani e i capi indiani. Mi allontanerò, andrò a morire per i fatti miei in montagna. La Signora vestita di nero verrà a prendermi e io l'aspetterò. Cercherò di ammaliarla con le parole. Le dirò che non ho rimpianti. Che non mi è mancato niente".