“Siamo tutti Juan Jesus”, al Maradona la coreografia spontanea per il difensore insultato da Acerbi
Maschere di colore nero oppure volti dipinti con lo stesso colore. È così che i tifosi del Napoli si preparano ad accogliere Juan Jesus, in occasione della sfida di campionato contro l'Atalanta. Un match delicato sia sotto il profilo della classifica (rappresenta uno snodo cruciale contro una diretta concorrente per tentare l'assalto alla zona Champions League) sia per tutto ciò che lo ha preceduto. La coreografia spontanea che tingerà lo stadio "Maradona" è a sostegno del difensore brasiliano che domenica sera, a San Siro, ha denunciato di essere stato offeso con insulti razzisti da Francesco Acerbi.
Inizialmente intenzionato a far sì che l'episodio, al netto della gravità segnalata all'arbitro, restasse entro il recinto del campo, il calciatore non ha potuto fare a meno di prendere una posizione pubblica molto netta, forte e chiara in seguito all'atteggiamento dell'avversario e al "gesto ignobile" subito. Ondivaga, così può essere definita la condotta di Acerbi: prima si è scusato con lui (e lo ha fatto anche dinanzi al direttore di gara) poi ha fatto retromarcia negando del tutto di aver pronunciato la frase incriminata e ribaltando la responsabilità di quel clamore mediatico su Juan Jesus.
"Ha capito male, non devo scusarmi", le parole di Acerbi che ha smentito anche quel "vai via nero, sei solo un negro" della discordia. Anzi, il difensore ha rimarcato la propria innocenza anche al cospetto della dirigenza nerazzurra alla quale avrebbe spiegato che si è trattato di un'interpretazione errata di JJ: "Ti faccio nero", è la versione circolata dopo il colloquio che non deve aver convinto in pieno il club (per adesso non ha emesso alcun comunicato e attende la fine dell'indagine federale). Ironia della sorte, due giorni prima di quel brutto momento il brasiliano aveva registrato due giorni prima un messaggio sul sito del club dove definiva i razzisti persone dal "cervello piccolo".
Sia Acerbi (il 22 marzo) sia Juan Jesus (subito dopo) saranno ascoltati dal procuratore federale che raccoglierà le loro testimonianze, quelle dell'arbitro (La Penna) e le incrocerà con altri riscontri documentali (audio e/o video) prima di sancire un'eventuale sanzione nei confronti dell'interista oppure decretare l'impossibilità di procedere in assenza di materiale probatorio sufficiente che non siano solo le versioni divergenti delle parti in causa.
JJ come KK, il precedente sempre a San Siro risale a dicembre 2018. Ne dà notizia Il Mattino ed è come azionare il rewind e tornare indietro nel tempo. Non è la prima volta che il "Maradona" (allora si chiamava ancora San Paolo) prende posizione in favore di un proprio calciatore oggetto di offese razziste. Capitò anche all'ex centrale senegalese, Kalidou Koulibaly: innervosito dagli ululati e dai buu ricevuti, si abbandonò a un applauso polemico nei confronti del direttore di gara e venne espulso per somma di ammonizioni.
"Mi dispiace la sconfitta e soprattutto avere lasciato i miei fratelli! Però sono orgoglioso del colore della mia pelle. Di essere francese, senegalese, napoletano: uomo", scrisse su Instagram l'ex calciatore degli azzurri. "Siamo tutti Koulibaly: no al razzismo!", fu l'iniziativa che pochi giorni dopo alimentò il tam tam di solidarietà verso il giocatore con grande partecipazione dei tifosi che mostrarono foto del suo volto a mo' di maschera.