“Si crea una mappa nel cervello”: il segreto con cui Messi riesce a leggere le partite
Lionel Messi è stato al centro del mercato estivo internazionale, con il suo storico trasferimento dal Barcellona al Paris Saint Germain che ha scosso l'Europa del calcio e scritto ex novo la geografia del pallone nel Vecchio Continente. A 34 anni, la pulga argentina è sempre in grado di essere decisivo e a Parigi avrà a disposizione una squadra da mille e una notte, con tantissimi campioni, ritrovando anche l'ex compagno in azulgrana, Neymar. Così il Psg ha deciso di puntare dritto alla Champions League, sfruttando anche le innate qualità di Messi di trasformarsi decisivo ogni volta che scende in campo.
Del fenomeno argentino sei volte Pallone d'Oro si sa tutto o quasi. Perché ogni volta viene svelato un nuovo retroscena che permettere di amplificare la gloria e la fama di uno dei giocatori più forti di sempre. A pensarci, questa volta è stato Simon Kuper, giornalista inglese vicino alle cronache sportive sul ‘Financial Times' e che si è dilettato a studiare il fenomeno Messi, scoprendo un curioso retroscena che conferma la forza, non solo tecnica, del giocatore.
Non è una ‘prima' assoluta, qualcosa del genere era stata già svelata da Pep Guardiola che a Barcellona, con Messi in campo, aveva conquistato tutto ciò che è possibile vincere in Spagna e nel Mondo. L'attuale tecnico del Manchester City aveva già sottolineato una capacità particolare dell'argentino nel ‘leggere' le partite e che gli permette giocate sopraffine a livello personale e di squadra. Un concetto ribadito nel libro "The Barcelona Complex: Lionel Messi and the Creation – and the Deconstruction – of the Greatest Football Club" pubblicato da Kuper.
La rivelazione è la seguente: Leo Messi nei primi 5-10 minuti di ogni gara si sofferma a osservare i propri avversari. Non solo il diretto marcatore ma tutta la squadra contro cui deve giocare, studiando la posizione di ogni calciatore. Questo atteggiamento gli consente di crearsi una vera e propria ‘mappa mentale' "negli occhi e nel cervello" – raccontava già Guardiola – con cui capisce subito dove sono gli spazi e come sfruttarli.