Segna Cristiano Ronaldo, la Juventus è campione d’Italia: 36° scudetto, 9° consecutivo
Scudetto numero 36, il 9° consecutivo, il primo con Maurizio Sarri in panchina, il più sofferto in un decennio di dominio assoluto. In calce al successo contro la Sampdoria (2-0) c'è la firma di Cristiano Ronaldo, 10° gol da quando è ripreso il campionato dopo il lockdown per la pandemia da coronavirus, si permette anche il lusso di sbagliare il rigore del 3-0. Nessuno ha fatto meglio di lui nei 5 maggiori campionati europei: nemmeno Lewandowski o Sterling, fermi a quota 9, o del capocannoniere della A, Ciro Immobile (7). Ed è stato CR7 che ha consegnato – assieme al raddoppio di Bernardeschi propiziato da una conclusione del portoghese – il titolo di campione d'Italia alla Juventus. L'ennesimo nel solco della tradizione: vincere e arrivare primi è ciò che più conta.
Accadeva anche quando in bianconero c'erano Padoin e Matri, farlo oggi con una rosa di gran lunga più forte e costosa era il minimo. Accadeva con il furore agonistico di Antonio Conte e il tatticismo di Massimiliano Allegri, succede con il tecnico toscano che si toglie la soddisfazione di conquistare (finalmente) un titolo ma, al netto delle ragioni che avevano indotto la dirigenza a puntare su di lui, la sua esperienza a Torino non può dirsi pienamente soddisfacente.
Gli avevano chiesto di stupire e, a parte qualche sortita un po' cafona ("evidentemente, sto sui coglioni a qualcuno", è la più recente), c'è riuscito davvero poco. E quando lo ha fatto, è stato per ciò che non ha realizzato. Il Sarrismo visto a Napoli è morto lì. Il Sarrismo, che avrebbe dovuto trasformare la Juventus anche in una macchina perfetta e piacevole dal punto di vista del gioco, s'è rivelato una stupenda illusione collettiva sfumata non appena il "comandante che voleva fare la rivoluzione" s'è accomodato a palazzo entrando dalla porta principale. E così, quando ha sentito il fiato sul collo del fallimento, ha abbandonato la filosofia della "grande Olanda che tutti ricordano anche se non ha vinto niente" e sposato in pieno il pragmatismo della ragione.
La sua Juventus non è nemmeno lontana parente – sotto il profilo del gioco – del Napoli dei 91 punti ma prevale con merito perché è più forte in tutto: in campo, in panchina, in società e in quello stesso palazzo che Sarri voleva abbattere quando favoleggiava di "arbitri e rigori dati alla squadra con la maglia a righe". Lo raccontano (anche) i numeri che non dicono tutto ma offrono una visione molto chiara di ciò che è accaduto finora.
Al suo primo anno in bianconero Sarri ha cucito la coccarda tricolore sulla divisa con 83 punti mentre Conte e Allegri ne fecero rispettivamente 84 e 87 al debutto (Max riuscì anche ad arrivare in finale di Champions League). In classifica ha accumulato un vantaggio di +7 sull'Inter, +8 sull'Atalanta e sulla Lazio (all'appello mancano ancora 2 giornate). Sono 75 i gol segnati e 38 quelli subiti. Le vittorie sono a quota 26, accompagnate da 5 pareggi e 5 sconfitte.
Sassuolo (capace d'imporre il doppio pareggio tra andata e ritorno, 2-2 e 3-3), Lazio (gli ha soffiato la Supercoppa italiana e in A è stata una spina nel fianco), Napoli (vi ha sbattuto contro in finale di Coppa Italia e in campionato ne è uscito con qualche ammaccatura), Milan (clamoroso il 4-2 in rimonta) le squadre che più hanno fatto soffrire la "vecchia signora". E poi c'è stato quell'incredibile incidente di percorso capitato a Udine (sconfitta mortificante) che ha alimentato l'ansia da prestazione e da scudetto.
Senza la pandemia e alla luce di quanto avvenuto fino a poco prima del lockdown avrebbe conquistato lo stesso lo scudetto oppure sarebbe andato a Lazio, Inter, Atalanta? Non lo sapremo mai. Per adesso a loro va solo – ancora una volta – l'onore delle armi. Alla Juve la vittoria, come sempre.