Sebastian Giovinco oggi: “A Toronto ho un’academy e due campi da Padel. L’Italia ha un pregiudizio”

Tre continenti, tante squadre e anche la maglia della Nazionale. Giovinco si racconta a Fanpage.it: “Parma è stata un’esperienza decisiva. Un rimpianto? Forse aver giocato di più con l’Italia”.
A cura di Ada Cotugno
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Nel 2015 Sebastian Giovinco si è trasferito per la prima volta a Toronto, dove in quattro anni è diventato una delle icone del club e dell'intera MLS. Quasi dieci anni dopo è ancora lì, con il mondo del calcio messo alle spalle e tanti ricordi da rispolverare che lo legano all'Italia.

Ai microfoni di Fanpage.it la Formica Atomica ha ripercorso il filo della sua carriera da giramondo, un puzzle fatto di tre continenti e tante squadre: gli esordi alla Juventus, la consacrazione al Parma, le avventure da precursore in America e in Arabia Saudita e ovviamente la Nazionale, con qualche piccolo rimpianto – legato a quello che lui stesso definisce un "pregiudizio" – ma con la consapevolezza di aver lasciato sempre l'impronta (e gli immancabili gol) in ogni avventura.

Dopo la fine della tua carriera hai deciso di mettere le radici in Canada. Di cosa ti occupi adesso?
"Ho una academy qui a Toronto e un'altra a Niagara Falls, poi abbiamo da un anno quattro campi da padel".

Nel 2006 sei arrivato in prima squadra alla Juventus, subito dopo Calciopoli. Com’era il clima che si respirava?
"Giocando nella Juve in Serie B si respirava un'aria di potenzialità nell'arrivare a giocare tra i grandi. La possibilità per i giovani in quel momento era alta, giocando in Serie B potevi avere le tue opportunità, a differenza dello scenario in cui la Juve fosse rimasta a giocare in Serie A. Vedevi un po' di luce".

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Com’è stato l’approccio con Capello?
"Con Capello non ho fatto partite ufficiali, mi sono allenato e comunque è stata un'esperienza importante, perché all'epoca c'erano giocatori molto forti. Sono piccole cose, esperienze che ti fanno crescere".

I due anni al Parma ti sono serviti come trampolino di lancio. Lì sei diventato la “Formica Atomica”…
"Quel nome forse era stato già dato tempo prima, però ho avuto un impatto importante in Serie A col Parma, sono stati momenti belli e divertenti anche. Sono stato veramente bene a Parma e ricordo due anni veramente positivi. È arrivata anche la chiamata per la Nazionale, per la mia carriera è stata un'esperienza decisiva".

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Poi il ritorno alla Juve e Antonio Conte, famoso per i suoi allenamenti massacranti.
"Sono stati anni dove ho imparato tanto da giocatore. Conte è un allenatore forte, intelligente, sa toccare i tasti giusti. Per me sono stati anni importanti, anche difficili sotto alcuni punti di vista, però sono cose che ti servono. È nei momenti complessi che si vede il giocatore. In più abbiamo vinto e sono tutti ricordi positivi".

Secondo te è l’uomo giusto per il Napoli?
"Secondo me serve vuole tempo, perché comunque non è facile subentrare in una piazza come Napoli. Cambio di allenamenti, di approccio all'allenamento, alla partita, sono cose che devi tenere in considerazione. Ci vuole del tempo per adattarsi, però penso che potrà far bene".

Ci racconti qualcosa dei suoi famosi allenamenti?
"Ci sono stati momenti dove non a livello fisico, ma a livello mentale, era veramente difficile. La cosa che ti faceva cambiare idea era quando giocavi e andavi più forti degli altri. Poi alla fine di tutto pensavi che ne valeva la pena".

Torniamo alla tua carriera, sei stato uno dei primi italiani ad aprire la strada verso la MLS. Com’è stata l’esperienza al Toronto?
"È stata un'esperienza bella, il primo anno dove non abbiamo ottenuto i risultati che tutti aspettavano è stato per me positivo, perché ho fatto un'annata buona, ma a livello di squadra no. Ero un po' scettico se restare o no, mi sono dato un altro anno per vedere se la squadra poteva migliorare. L'anno dopo siamo arrivati in finale e l'abbiamo persa, mentre il terzo anno l'abbiamo vinta. È stata una progressione di risultati positivi, un periodo dove abbiamo creato qualcosa di importante soprattutto per la città, per il calcio a Toronto. Quando sono arrivato io sinceramente non si vedeva, questo sport non era dove è adesso. Lo dico anche in maniera forse troppo presuntuosa, però penso che è stato anche un merito mio".

In MLS hai vissuto anni positivi ma ti sei allontanato dai radar della Nazionale. C’è un po’ di pregiudizio verso i giocatori che sono fuori dai maggiori campionati europei?
"C'è questa idea e purtroppo non non sono io che la farò cambiare. È tutto un percorso di crescita, sono convinto che se fossi rimasto in Italia magari avrei trovato il mio spazio a 29 anni, 30 anni, come capita a tutti i giocatori. Io a quell'epoca avevo 24 anni, c'erano giocatori davanti a me in quel momento magari più forti e giocavano loro. Fa parte dello sport, della crescita di un giocatore. Però sono convinto che adesso, se fossi rimasto in Italia, negli ultimi 5-6 anni avrei giocato di più in Nazionale, come è normale che sia".

La Sampdoria ti ha permesso di ritornare in Italia dopo 7 anni all’estero ma l’avventura non è andata benissimo. Cosa è successo?
"Purtroppo mi sono fatto male, avevo tanta voglia di dimostrare di poter tornare a giocare in Italia. Non sono stato intelligente a ritagliarmi nello spazio per arrivare, non dico alla stessa condizione che avevano gli altri, però a un livello dove evitavo gli infortuni. Invece ho accelerato gli allenamenti, ho spinto un po' troppo e mi sono  fatto male. Poi da lì ho intensificato la riabilitazione e mi sono fatto male di nuovo e ho perso l'occasione".

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La Serie A in America ha tantissimi appassionati, a partire da tutti gli italiani emigrati lì. Come viene considerato il nostro campionato?
"Dipende comunque da dove vivi, perché qua a Toronto essendoci una grossa comunità italiana il campionato italiano è vivo, è visto, è seguito, quindi non noti così la differenza. La differenza magari è un po' nella cultura dello sport qui in America, dove il calcio per adesso arriva ancora dopo tre-quattro sport. Però a livello di come si vive il campionato, essendoci una grossa comunità italiana, è comunque seguito".

Se potessi tornare indietro con una macchina del tempo c’è qualche scelta che cambieresti nella tua carriera?
"Forse l'aver giocato un po' di più in Nazionale, magari l'aver potuto giocare un Mondiale, l'aver perso l'Europeo nel 2012. Ce ne sono parecchie. Alla fine ti chiedi se sei contento e io sono contento della mia vita. Avrei fatto scelte diverse, probabilmente sì. Però, come ho detto prima, quando prendi delle decisioni ci sono i pro e i contro. Adesso come adesso sono contento e felicissimo di quello che ho fatto perché comunque ho vinto. E alla fine, la soddisfazione più bella, è che ti vogliono bene ovunque tu vada".

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