Scamacca e la Roma, era finita così: “Non si può dare del mercenario a un ragazzo di 16 anni”
Sedici anni sembrano pochi per promettersi il futuro e stare ad aspettare che bussi alla tua porta. A quell'età Gianluca Scamacca aveva già le idee chiare: non voleva una buona occasione, preferiva andarla a prendere di persona. Non gli interessava starsene accoccolato nel ventre di mamma Roma, seguendo la trafila delle giovanili che lo avrebbe portato, anche bruciando le tappe, in Primavera. E poi per cosa? "Fare numero non m'interessava. Io volevo crescere. In Olanda avrei potuto farlo meglio, in Italia no. Per questo dico che non si può dare del mercenario a un ragazzo di 16 anni". Basta questa frase a spiegare quali ragioni ci fossero dietro una decisione che per lui rappresentava un'opportunità mentre per molti fu un azzardo, un atto di cui pentirsi, una cosa che era meglio non fare.
Né scappato, né traditore. Scamacca non voleva deludere ma nemmeno illudersi che fosse quello il percorso della sua carriera. Lo racconterà nelle interviste a corredo della sua storia iniziata nelle giovanili della Lazio e poi proseguita in quelle giallorosse perché Roberto Muzzi, ex bomber, lo volle con sé nei Giovanissimi regionali. "A lui devo quasi tutto – disse alla Gazzetta -. Mi ha aiutato a colmare le mie lacune e mi ha insegnato i movimenti giusti. Soprattutto a giocare più vicino alla porta, perché io avevo questo difetto di staccarmi e rientrare a centrocampo". E per limare i suoi difetti, concentrarsi sulle proprie qualità aveva bisogno d'altro: a Eindhoven aveva tutto quel che cercava, compresi due maestri come van Bommel e van Nistelrooy.
In Italia Scamacca non era soddisfatto, non credeva che quella strada fosse la migliore, fece i bagagli e andò via. E oggi, a 21 anni, quando pensa alla scelta che gli attirò critiche per le circostanze in cui maturò il suo trasferimento al Psv Eindhoven, sa di aver fatto la cosa giusta. Lo strappo non fu indolore: a Roma non presero bene la trattativa condotta nei giorni di permesso ottenuti per questioni familiari e, più ancora, la mancata presentazione a Trigoria per la convocazione degli Allievi Nazionali Serie A e B. Il club non voleva perderlo ma, al tempo stesso, non voleva partecipare ad aste né creare un pericoloso precedente a livello economico in Primavera.
A gennaio, al compimento del 16° anno di età, firmò il primo contratto da professionista. La famiglia era d'accordo, lui felicissimo. Se l'Italia non è un Paese per giovani (calciatori), tra i campi di tulipani poteva sbocciare senza fretta. "Il loro obiettivo è di portare il maggior numero possibile di giovani in prima squadra. Non c'è l'ossessione del risultato e viene curata molto la parte tecnica, non solo quella tattica. E se vedono che puoi reggere il confronto ti danno spazio e di fanno esordire. In Italia per fare una cosa del genere devi sperare che scoppi un'epidemia…".
In Serie A poi ci è arrivato sia pure per vie traverse, dopo l'Eredivisie, il Pec Zwolle e aver accettato di vestire le maglie di Cremonese e Ascoli in B prima che il Sassuolo (che è proprietario del cartellino) lo lasciasse andare al Grifone (che ha trascinato alla salvezza). A Genova ha dimostrato che può meritare la ribalta, che ha molta più tecnica da offrire rispetto alla stazza (è alta 195 cm) e all'idea che debba giocare per forza come prima punta, che ha piedi buoni e cuore caldo, che anche in Nazionale (per adesso Under 21, poi si vedrà) può fare la differenza. Che meritava un'altra vita. Più giusta e libera, se vuoi.