Sarri racconta il suo giocatore perfetto: “Potevo anche starmene a casa, dirigeva lui l’allenamento”
La Lazio si sta preparando alla nuova stagione con qualche preoccupazione instillata dai risultati delle ultime amichevoli, la scoppola per 4-1 incassata dal Genoa e il pareggio per 0-0 col Qatar. I tifosi mugugnano un po' guardando ai botti pirotecnici dei cugini della Roma, che dopo aver preso Dybala con tanto di show hollywoodiano stanno per portarsi a casa Wijnaldum e Belotti.
Il club biancoceleste peraltro non se n'è stato fermo in questa sessione di mercato, ufficializzando gli arrivi di Maximiano, Romagnoli, Casale, Gila, Vecino, Marcos Antonio e Cancellieri. In uscita c'è Acerbi e probabilmente anche Luis Alberto, come svela Maurizio Sarri al Corriere dello Sport: "Luis Alberto per il secondo anno di seguito ha espresso la volontà di finire la carriera in Spagna. Più che in Spagna in generale, proprio a Siviglia. Non so dire se l'avrò ancora a inizio settembre. Con Acerbi nulla di tecnico, a fine stagione ha espresso il desiderio di cambiare aria e la società cercherà di accontentarlo, per questo sono stati fatti altri programmi".
Sarri alla Lazio ci sta benissimo, come conferma il rinnovo di qualche mese fa: "Qui sto bene, mi piace l'ambiente, ho la possibilità di esprimermi e soprattutto di divertirmi. Anch'io sono cambiato, ora il lavoro mi deve procurare divertimento, è cambiato il mio sentimento nei confronti del calcio. Lavorare in un club che non appartiene a un fondo ma a una famiglia, mi dà gusto. Allo stesso tempo mi rendo conto delle difficoltà economiche che si possono incontrare, minori risorse, certo".
Il tecnico toscano si volta indietro e pensa con nostalgia alla squadra che ha espresso il calcio più vicino alle sue idee: "È stato l'ultimo Napoli, quello dell'ultimo anno intendo. Giocava il calcio che avevo in mente, un calcio di coinvolgimento totale. Al Chelsea e alla Juve sono stato troppo poco per poter incidere in maniera pesante. E poi oggi è più difficile, più il tempo passa e più si afferma l'individualismo, e non solo nel calcio. È un cambiamento generazionale, non mi piace e impone degli adattamenti".
Al Napoli peraltro c'era il calciatore perfetto per il Sarri-pensiero: "In carriera il più veloce a comprendere quello che chiedevo è stato Albiol, difensore di livello superiore. In pochissimo tempo capì tutto, al punto che io potevo anche starmene a casa, l'allenamento avrebbe potuto dirigerlo lui. Ronaldo? Ho il rimpianto di non averlo potuto allenare da giovane. Alla Juve ho trovato un giocatore che si era affermato attraverso un certo calcio ed era diventato un'ccona mondiale. La squadra d oveva adattarsi a lui, non il contrario. Con me segnò 33 gol in campionato e quattro in coppa e insomma non è mai semplice convincere un campione con fatturati del genere a cambiare percorso".
A questo punto della sua vita Sarri può fare un bilancio di dov'è e di dove vuole arrivare: "Se mi riconosco nell'immagine che mi hanno cucito addosso? Per niente, ma m'importa ‘na sega. Sono molto diverso da come vengo descritto, per anni ho svolto un altro lavoro e non ho assorbito la superficialità del calcio. Sognavo di allenare una grande squadra e ci sono riuscito non una, ma più volte. A 63 anni non penso più alla carriera e i soldi sono meno importanti, mi sono evoluto: voglio il piacere, il divertimento e la Lazio può darmeli. Lavoro per creare una squadra vera, 25 giocatori che pensano allo stesso modo, per certi versi antistorica: il gioco del calcio per sua natura è collettivo e invece anche voi della stampa l’avete trasformato nel paradiso dell'individualità. Quand'ero ragazzo, leggendo i giornali la presentazione della partita era Milan-Inter o Juve-Roma, non Lukaku-Leao o Vlahovic-Abraham…".