Sarri alla Juventus: doveva essere la ‘rivoluzione del gioco’, resta solo uno slogan
Maurizio Sarri ha vinto il primo scudetto della sua carriera e lo ha fatto al primo anno sulla panchina della Juventus. Il tecnico napoletano era arrivato dopo un inizio di estate infuocato in cui era risuonato a gran voce il nome di Pep Gaurdiola (dopo il 14 giugno 2019 è passato anche quello del 2020 ma il tecnico catalano ancora non si è visto) e non era stato accolto con molti favori da una parte della tifoseria per i suoi trascorsi al Napoli e gli attacchi al club bianconero nella stagione 2017/2018, anno in cui i partenopei non riuscirono a interrompere l'egemonia della Vecchia Signora, ma era sbarcato a Torino in base agli annunci sul "bel gioco" e sulla teoria sbandierata da alcuni osservatori che la Juve non era riuscita a vincere in Europa negli ultimi anni per colpa di Allegri e del modo in cui faceva giocare la squadra.
Partendo dal fatto che il tecnico toscano ha fatto due finali europee in tre anni, cosa che gli andrebbe riconosciuta anche dai detrattori, si potrebbe semplicemente notare come il ciclo di Max fosse probabilmente arrivato al capolinea e che per una parte della dirigenza della Juve fosse arrivato il momento di cambiare timoniere. La scelta è ricaduta su Sarri perché dei tecnici in circolazione, e ai quali era possibile arrivare, era stato in grado di vincere al primo anno l'Europa League in un club difficile come il Chelsea dopo l'exploit di Napoli di due anni fa.
Proprio questo sembra essere il punto focale del discorso che potrebbe aver fatto la dirigenza juventina: prendere un tecnico che conoscesse bene il calcio italiano, 91 punti raccolti nell'ultima annata al Napoli, per portare avanti l'egemonia in Italia e lavorare ad un nuovo percorso su una nuova esperienza calcistica. Se guardiamo indietro, più precisamente all'estate 2014, la Juventus dopo il divorzio con Conte si era rivolta all'ultimo allenatore che aveva vinto la Serie A prima dell'inizio della dittatura bianconera, ovvero Massimiliano Allegri con il Milan. Una scelta, per certi versi, molto simile.
Chi voleva vedere il "sarrismo" in salsa bianconera è rimasto deluso per le prestazioni della Juventus mentre chi non voleva Sarri si accontenterà dell'ennesimo scudetto. Era alquanto improbabile riproporre e rivedere quanto fatto dal tecnico al Napoli per tanti motivi (calciatori non adatti ad un certo modo di fare calcio e campagna acquisti che non ha deciso il tecnico, su tutti) ma nel frattempo la striscia di vittorie non è stata interrotta ed era probabilmente questo l'obiettivo della dirigenza juventina.
La Final Eight di Champions League, che si disputerà ad agosto in Portogallo, potrebbe riservare sorprese di tutti i tipi e condizionerà ancora di più il giudizio sul primo anno di Sarri a Torino: se dovesse vincere la ‘Coppa dalle grandi orecchie' sarebbe divertente andare a riprendere tutti i #SarriOut (ridicoli come gli #AllegriOut) e le critiche degli scorsi mesi mentre se il trofeo non dovesse bisognerà capire se quest'anno sul mercato società e tecnico lavoreranno un po' più in sinergia o se si intraprenderanno altre strade.
Maurizio Sarri alla Juventus era stato annunciato come la "rivoluzione del gioco" ma alla fine del primo anno si potrebbe dire che a regnare siano stati una sorta di conservatorismo, che ha affondato le basi nella tradizione locale con un grande rispetto di gerarchie già stabilite, e una serie di slogan triti e ritriti che da mesi occupano il dibattito mediatico tra opinion leader "giochisti" e "risultatisti". La rivoluzione? "Oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente". Intanto il primo scudetto di Sarri è arrivato, il resto si vedrà.