Sarà il vice di De Rossi: “Lele è stato meno fortunato di me, vorrei regalargli una soddisfazione”
Daniele De Rossi considera concluso il suo apprendistato da allenatore: rapido, rapidissimo, tenuto conto che ha lasciato il calcio giocato appena un anno e mezzo fa dopo la breve parentesi al Boca Juniors e di fatto la sua ‘gavetta' è tutta nei quattro mesi trascorsi nello staff della Nazionale italiana, culminati nella splendida vittoria agli Europei. "Ho chiaro cosa voglio fare: allenare. E per quanto possa sembrare strano, visto che ho solo 38 anni e non mi sono mai seduto in panchina, mi sento pronto", è l'autocandidatura dell'ex campione del mondo di Berlino, rivolta a chiunque voglia scommettere su un 38enne carico a pallettoni.
De Rossi svela chi sarà il suo secondo in panchina, provando a sognare un momento da ricordare nella sua nuova carriera: "Io e Lele Mancini che sarà il mio vice con un trofeo importante in mano a festeggiare. È il mio migliore amico, con lui ho condiviso tutta la carriera nelle giovanili della Roma. È stato meno fortunato di me, vorrei regalargli una soddisfazione altissima, che da giocatore non si è mai tolto e si sarebbe meritato. Magari qui, a casa nostra… dove l’aspettano da tanto tempo", è il riferimento non velato alla Roma, nella sua intervista a Sportweek.
Dunque a breve vedremo in panchina la coppia formata da Daniele De Rossi ed Emanuele Mancini, dal quale lo separano 5 mesi di età. L'ex centrocampista delle giovanili della Roma non è riuscito ad avere una carriera ad alto livello, militando in formazioni minori del Lazio – Viterbese, Lodigiani, Fidene e Lupa Roma tra le altre. Adesso per lui si apre una nuova pagina che potrebbe restituirgli quanto negatogli da calciatore.
Non provate tuttavia a chiedere a De Rossi ‘quale sia il suo calcio', che l'ex capitano giallorosso stoppa la domanda: "Alt. Quando giocavo, sentire un allenatore che parlava del ‘suo' calcio già mi urtava. È facile rispondere che amo una squadra offensiva, votata all’attacco, ma che rispetti gli equilibri. Ma lo possono dire tutti. Il mio calcio è libero, senza etichette. Deve esserci il giusto mix tra le idee che uno ha, la qualità della rosa, gli obiettivi da raggiungere, la conoscenza del club, la sua storia e il suo Dna che non va tradito. Rispettando le radici e la tifoseria. Ci sono club di lotta e altri di governo. Non c’è il mio calcio, ma quello che credo sia giusto proporre in base a tante componenti. Mi piace costruire il gioco dal basso, ma se ho un portiere con i piedi fucilati o due centrali tecnicamente inadatti, cerco alternative. A meno che non sei l’allenatore del Psg e ti fai comprare pure Messi…".