Non c’è la proroga del Decreto Crescita: cosa cambia e perché è un colpo tremendo alla Serie A
La proroga del Decreto Crescita non sarà approvata dal Governo. Questa notizia rappresentata una doccia freddissima per tutto il mondo del calcio italiano. Il Decreto Crescita era stato già accantonato e sarebbe scaduto il 31 dicembre. Ma i club di Serie A avevano chiesto una proroga, in un primo momento sembrava cosa fatta, ma poi è saltato tutto. Si stravolge così in modo enorme tutto il mercato di gennaio dei club italiani.
L'ANSA ha scritto che, dopo un'accesa discussione all'interno del Consiglio dei Ministri, il Governo ha deciso di stralciare la misura contenuta nelle prime bozze del decreto Milleproroghe. Il Decreto Crescita permetteva alle società di calcio di ottenere forti agevolazioni fiscali per l'ingaggio di calciatori in arrivo dall'estero. La regola che è valsa negli ultimi quattro anni, e che ha permesso alle società di acquistare fior di campioni, viene definitivamente cancellata. Il Decreto scade praticamente con l'inizio di gennaio.
Come funzionava il Decreto Crescita e cosa cambia
Dall'1 gennaio 2020 c'è stato un regime fiscale agevolato per chi decideva di arrivare in Italia – tanto per lavoratori italiani che stranieri – dall'estero. Per loro la tassazione sul reddito è calata dal 45% al 25%. Così è stato per chi non è stato residente in Italia nei due anni precedenti. Coloro che effettuavano questo percorso sapevano che il regime sarebbe stato applicato solo in caso di permanenza in Italia per almeno due anni.
I club italiani, dalla stagione 2020-2021 fino a questa hanno potuto offrire degli ingaggi più alti (considerando la tassazione ridimensionata) a calciatori provenienti da altri campionati – anche nel caso fossero italiani, l'importante era che nelle due stagioni precedenti tutti loro erano stati lontani dalla Serie A. La decurtazione della tassazione è stata importante in diversi calciatori che sono andati a guadagnare un netto molto più alto. Un ingaggio da 10 milioni lordi con il Decreto Crescita corrispondeva a 7,5 netti, mentre senza Decreto quasi la metà e cioè 5,5 milioni.
Non cambia niente per i calciatori che già usufruiscono del Decreto Crescita
L'abolizione riguarda tutto ciò che sarà dal 1° gennaio 2024. Ciò significa che chi ha già firmato un contratto con quei benefici fiscali – cioè tutti coloro che sono arrivati dall'estero negli ultimi quattro anni – come ad esempio Kvaratskhelia, Pulisic, Lukaku o Thuram – continuerà a usufruire del precedente regime fiscale, tutti loro potranno farlo entro un massimo di cinque anni.
Ma gli sgravi fiscali non saranno tassativamente applicabili per chi arriverà d'ora in poi in Serie A, sarà così quantomeno per il mercato di gennaio. Perché dall'estate chissà se qualcosa cambierà nuovamente.
La risposta della Lega di Serie A
Lega serie a A prende atto con stupore e preoccupazione delle indiscrezioni di stampa circolate in serata relativamente alla decisione che il Consiglio dei Ministri avrebbe preso di non approvare alcuna proroga del regime fiscale speciale per gli impatriati lavoratori sportivi.
Tale decisione, se confermata, avrà quale unico risultato un esito diametralmente opposto a quello perseguito.
La mancata proroga, come anche illustrato in maniera puntuale e dettagliata in una nota inviata al Governo nei giorni scorsi, produrrà infatti minore competitività delle squadre, con conseguente riduzione dei ricavi, minori risorse da destinare ai vivai, minore indotto e dunque anche minor gettito per l’erario. Dal momento che la proposta di proroga aveva ottenuto il via libera tecnico per essere presentata in Consiglio dei Ministri, il fatto che alla fine sarebbe stata esclusa lascia supporre che sia prevalsa per l’ennesima volta una visione del calcio professionistico distorta e viziata da luoghi comuni fallaci: una visione che purtroppo non tiene conto dello straordinario ruolo economico, oltre che sociale e culturale, che ricopre questo comparto industriale in Italia. Qualora l’esito del Consiglio dei Ministri venisse confermato, la Serie A auspica che il Parlamento possa correggere questo errore che danneggia non solo il calcio italiano, ma tutto lo sport e il suo considerevole indotto.