Sacchi ricorda l’ultima telefonata con Berlusconi, c’è un rimpianto: “Ancora me ne dispiace”

Dici grande Milan e subito la mente va alla squadra degli olandesi allenata a cavallo degli anni '80 e '90 da Arrigo Sacchi: un allenatore avanti per i suoi tempi, fortemente voluto sulla panchina del Diavolo da un presidente altrettanto visionario per l'epoca, Silvio Berlusconi. Quella squadra spettacolare vinse tra le altre cose due Coppe dei Campioni ed è tuttora ricordata come una delle formazioni che hanno segnato un'epoca del calcio mondiale. "Gli devo tutto", spiega Sacchi parlando di Berlusconi e svelando il rimpianto legato all'ultimo periodo della vita dell'ex Premier.

Il 77enne tecnico di Fusignano racconta l'ultima telefonata avuta con Berlusconi, il ricordo riaffiora nitido: "L’ultima volta che ho sentito il presidente fu due mesi prima della sua morte. Ripetemmo la nostra gag. Io che gli confesso di non riuscire a dargli del tu, lui che mi insegna come fare. ‘Si metta davanti allo specchio, e dica a voce alta: Silvio Berlusconi è uno stronzo, Silvio Berlusconi è uno stronzo'. Era davvero convinto che potesse funzionare".
Un suggerimento che Sacchi si è ben guardato dal seguire, così come un invito che adesso rimpiange: "Non ci ho mai provato. Quel giorno, nel salutarmi, mi disse: ‘Arrigo chiama quando vuoi, in fondo sei una delle poche persone del mondo intero che non mi hanno mai dato dello stronzo'. Non l’ho più fatto, e ancora me ne dispiace. Sentivo che era stanco. Ho voluto molto bene a quell'uomo. Gli devo tutto. A differenza di molte, troppe persone, che oggi fingono di non averlo mai conosciuto, io non me ne dimentico".

Nella chiacchierata col Corriere della Sera, l'ex Ct dell'Italia ribadisce le sue critiche alla via italiana per il successo, nel calcio come nella vita: "Una vittoria senza merito non è una vera vittoria, ma questo è un concetto che l'Italia, il regno dei sotterfugi, non capirà mai. Siamo un Paese che si illude di essere grande, nel suo intimo consapevole però di contare poco o nulla. Vedo commentatori, ex giocatori ed ex allenatori che in televisione sostengono che tutto è eccezionale, fantastico, ma poi a microfono spento sostengono l'opposto. Io guardo le partite con l'audio a zero. Il nostro declino nasce dalla propensione ad accontentarci del risultato raggiunto con il minimo sforzo, senza guardare mai alla partita, al domani, a quel che poi resterà".