video suggerito
video suggerito

Sabatini racconta la sua battaglia con la vita: “Ho fatto di tutto per suicidarmi senza successo”

Walter Sabatini ricorda quelle parole mentre era in coma: “La dottoressa continuava a ripetere: lo perdiamo”.
A cura di Paolo Fiorenza
71 CONDIVISIONI
Immagine

Walter Sabatini è senza lavoro dopo il burrascoso addio alla Salernitana dello scorso anno e ha impiegato parte del tempo libero che ha avuto – oltre che per seguire compulsivamente partite su partite per restare avvinghiato al calcio che per lui è ragione di vita – anche per scrivere il suo primo libro, attualmente in uscita: "Il mio calcio furioso e solitario".

"L'ho scritto al cellulare, inviavo le frasi via WhatsApp a un'amica, che le trascriveva al computer e mi rimandava il file – racconta il 67enne dirigente umbro – Mi è servito perché per la prima volta a luglio e ad agosto, mesi che non sono di vacanza per chi fa il mio mestiere, mi sono trovato senza calcio di cui occuparmi. Avevo bisogno di ritrovarmi, ero in crisi d'identità, scrivere mi ha fatto bene, essere sincero anche, sono andato a recuperare cose sgradevoli e difficili da raccontare".

Del resto Sabatini non ha mai nascosto quanto sua importante per lui respirare calcio ogni singolo istante delle sue giornate e nell'intervista al Venerdì di Repubblica lo ribadisce, sperando che qualcuno abbia bisogno di un uomo mercato immaginifico ma anche vincente: "Se aspetto una chiamata? Sì, sono fermo da un anno, ho crisi di astinenza, ma sono anche curioso di questo libro. Voglio che sia un successo, non posso sopportare un fallimento".

Walter Sabatini è nato a Marsciano, in Umbria, il 2 maggio 1955
Walter Sabatini è nato a Marsciano, in Umbria, il 2 maggio 1955

L'ex Ds della Roma si apre senza schermi sul quel senso di autodistruzione che lo ha accompagnato per tutta la sua vita: "Vi prego, non voglio essere una macchietta, anche se ho fatto di tutto per suicidarmi, senza successo. Il mio corpo è ferito perché non gli ho risparmiato niente, l'ho usato, ne ho abusato, ho vissuto tutto con lui: sesso, scontri, rabbie, viaggi. Ma ho sopravvalutato le mie energie pensando di poter fare tutto, anche con stress e polmonite, e anche dopo l'asportazione di un tumore".

L'ossessione per il calcio non ha abbandonato Sabatini neanche quando la vita gli stava scivolando via dalle dita: "In terapia intensiva avevo l'iPad per vedere la partita della Roma, anche se intravedevo solo ombre. Cuore e batticuore. Sono stato due volte in coma, con la dottoressa che continuava a ripetere: lo perdiamo". E proprio durante il coma Sabatini vedeva cose non abituali per chi sta lottando per la vita: "Sì, nel mio delirio ero arrabbiato perché non mi passavano la segreteria vaticana, sapevo che papa Francesco, da tifoso, stava cercando di rafforzare la squadra del San Lorenzo. E non vengono a chiedere consigli a me sul mercato argentino?".

Sabatini ha legato il suo nome di dirigente soprattutto alla Roma: 5 anni tra il 2011 e il 2016
Sabatini ha legato il suo nome di dirigente soprattutto alla Roma: 5 anni tra il 2011 e il 2016

Il calcio ha marcato la vita del dirigente in maniera esasperante, succhiandogli l'anima con sensi di colpa opprimenti: "Non ce la faccio, mi sento colpevole di tutto, di ogni sconfitta, di qualsiasi cosa capiti attorno a me, anche delle macerie, di non aver portato lo scudetto alla Roma, di aver tolto un sogno alla gente, quella cosa che non successe mi pesa e mi marchia. Chissà se tutto nasce dal giorno in cui dissi no alla merenda di mio nonno. Avevo 12 anni, mi allenavo sul campo della Nestor Marsciano, abbastanza lontano da casa, lui già vecchio e malato, era venuto a portarmela, io stizzito, la rifiutai, non volevo essere preso in giro dai compagni.Vidi il nonno andare via deluso e sconsolato, poco dopo morì".

Sabatini racconta le liti anche dure con alcuni presidenti, in nome del suo modo orgoglioso di intendere il suo lavoro: "Non sopporto chi insulta i miei uomini, anzi non lo permetto. Saputo, il presidente del Bologna, ha urlato: questa è una squadra di merda. Per messaggio gli scrivo che il responsabile sono io e che ci sta che me ne vada. Lui il giorno dopo concorda. Alla Sampdoria ho fatto quasi a botte con il presidente Ferrero perché inveiva contro l'allenatore Giampaolo dopo una brutta partita persa a Bologna. A Perugia ho litigato con Alessandro Gaucci perché senza avvisarmi aveva mandato via un collaboratore. In otto mesi mi sono escluso da due grandi società, Roma e Inter. Tendo a essere una persona libera, anche se schiava di molti vizi".

Con i suoi vecchi tifosi della Roma il rapporto non è facile: "Se dico che la Roma di Mourinho non ha un gioco, mi scrivono: ma quando muori? Abbiate un po' di pazienza, rispondo…".

71 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views