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Roberto Muzzi: “Oggi è più facile arrivare in Nazionale, io con 17 gol in un anno non ce l’ho fatta”

Roberto Muzzi a Fanpage.it ha raccontato il suo nuovo ruolo da coordinatore tecnico della Primavera e dell’U18 del Cagliari dopo aver giocato per tanti anni e aver segnato più di 150 gol tra i professionisti.
A cura di Vito Lamorte
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Dal campo alla scrivania con la stessa voglia e la stessa grinta, ma il primo mestiere di Roberto Muzzi era quello di fare gol. E ne faceva di tutti i tipi: di potenza dopo una fuga in progressione, in rovesciata, tiri forti e precisi dopo aver superato in velocità il proprio marcatore, di testa, in area piccola e da fuori. Ad inizio carriera giocava come ala e progressivamente si è trasformato in attaccante di ruolo che ha creato non poche difficoltà alle difese avversarie a cavallo dei due millenni.

Dopo aver segnato più di 150 oggi Muzzi fa il coordinatore tecnico della Primavera e dell’U18 del Cagliari, club a cui è particolarmente legato. In rossoblù è diventato Bum Bum Goal e ha stretto un rapporto profondissimo con il club e con i tifosi, tanto da decidere di scendere in Serie B dopo lo spareggio perso a Napoli con il Piacenza.

Molto probabilmente questa decisione lo ha allontanato dalla Nazionale maggiore ma lui stesso ricorda così quegli anni: "Con le squadre di provincia sono cresciuti tanti calciatori che poi hanno scalato la piramide del nostro calcio, altri non hanno fatto lo stesso percorso, ma quelle società sono sempre state una grande palestra sportiva e di vita. A quei tempi era complicatissimo arrivare in Nazionale anche solo per fare una presenza: io un anno ho fatto 17 gol in Serie A ma l’azzurro non l’ho visto manco da lontano".

A Fanpage.it Roberto Muzzi racconta il suo nuovo ruolo nel mondo del calcio dopo aver giocato per tanti anni vestendo maglie importantissime come quella della Roma, della Lazio, del Torino e dell'Udinese.

Cosa fa oggi Roberto Muzzi?
"Sono coordinatore tecnico della Primavera e dell’U18 del Cagliari, una sorta di direttore sportivo del settore giovanile. Un ruolo più da campo che da scrivania, ma mi piace nonostante sia consapevole della responsabilità. Il nostro lavoro è quello di provare a portare calciatori in prima squadra per valorizzare il settore giovanile in tutto e per tutto. Lavorare bene con i giovani è molto importante sia per i club che per tutto il movimento".

L'esordio in Serie A con la Roma e l'intervista post-partita: ‘Che effetto fa? Un po’ bello e un po’ brutto’.
"Ero emozionatissimo perché non mi aspettavo né il gol né l’intervista post-gara. Io andavo sempre in panchina, l’anno prima avevo fatto l’esordio, ma avevo sempre sognato il primo gol. Quel giorno entrai in campo e dopo uno scambio con Giannini calciai in porta: non ricordo nemmeno come ma fu un’emozione davvero molto forte".

Ha definito gli anni di Cagliari come ‘i migliori' della sua vita calcistica e fa parte anche della Hall of Fame del club. 
"Ho un legame molto forte con questo club e con questa gente, mi ha fatto diventare uomo e giocatore. Mi sono stati vicini nei momenti belli e brutti dal primo giorno: ho sempre sentito il calore dei tifosi e di questo gli sarò sempre grato".

Dalla Sardegna al Friuli per vestire la maglia dell'Udinese, dove è andato sempre in doppia cifra.
"A Udine mi sono trovato benissimo, una bella esperienza. Differente l’ambiente rispetto gli altri, ma mi hanno sempre voluto bene e anche a loro va un po’ della mia gratitudine per quello che mi ha dato".

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Poi arriva la Lazio, la sua squadra del cuore.
"Io sono da sempre tifoso della Lazio ed è stato un sogno per me. In più giocai la Champions League, che non avevo mai fatto, con la squadra del mio cuore e non potevo chiedere di più. Vincemmo anche la Coppa Italia in casa della Juventus e fu una bellissima soddisfazione".

A Torino viene ricordato, ma non solo, per due gol molto importanti: quello al Mantova nel playoff e quello nella vittoria salvezza contro la Roma.
"Non ho fatto tanti gol ma c’è sempre stato da subito una grande rapporto. Hanno sempre apprezzato il fatto che non mi tiravo mai indietro e non mollavo un centimetro sul camp. Poi ho fatto due gol importantissimi, quello al Mantova in finale playoff per la Serie A e quello salvezza in casa della Roma".

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Non ha mai giocato in Nazionale A ma ha vestito la maglia dell'U21 e ha partecipato alle Olimpiadi di Barcellona del 1992.
"Ho vinto due titoli europei con Cesare Maldini ed ho fatto parte di due squadre molto forti. Nella prima c'erano Peruzzi, Albertini, Baggio, Corini, Marcolin, Sordo, Buso, Melli mentre due anni dopo c'erano Toldo, Cannavaro, Panucci, Scarchilli, Carbone, Inzaghi e tanti altri… Dell’esperienza olimpica posso solo dire che fu bellissima perché siamo stati nel villaggio ed è davvero incredibile. C’era Johnson, c’erano atleti di ogni parte del mondo e tu mangiavi lì con loro al self-service. I risultati non furono brillanti ma è stata un’esperienza davvero stupenda”.

Si è reso conto che nelle sue varie esperienze è stato allenato dagli ultimi tre CT della Nazionale?
"Proprio così! Ventura a Cagliari, Spalletti a Udine e Mancini alla Lazio".

Il giocatore più forte con cui ha giocato?
"Per me Fabian O’Neill viene ricordato meno di quello che merita perché era un calciatore davvero forte. La Juventus lo prese per sostituire Zidane, quindi già questo dovrebbe far capire tanto. Ha raccolto meno di quello che avrebbe dovuto ma era davvero forte. La sua scomparsa è stata un evento molto triste ma possiamo ricordarlo sempre per il calciatore fantastico che era".

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Quello che ti ha più impressionato da vicino?
"Io ho avuto la fortuna di giocare contro Diego Armando Maradona, non ho dubbi".

Era più difficile fare l’attaccante qualche anno fa in Serie A?
"Per me era più difficile prima perché ad essere penalizzati erano gli attaccanti: prima un difensore per essere ammonito doveva fare più di un fallo e comunque non sempre ricevevano cartellini, adesso i difensori sono più penalizzati perché al primo intervento brutto vengono subito sanzionati e questo pregiudica la prestazione. In qualche partita di allora sembrava che i cartellini li avessero dimenticati mentre ora non è più così. Poi è cambiato il regolamento sugli autogol, il VAR… è un mondo completamente diverso".

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Più di 150 gol in carriera tra tutte le categorie: Muzzi pensava di arrivare a questo livello?
"Mai lo avrei immaginato. Speravi prima di diventare calciatore e poi di mantenerti, non avevi altri pensieri. Onestamente non mi aspettavo tutti questi gol ma sono felice della carriera che ho fatto".

C’è oggi un Roberto Muzzi in Serie A?
"Difficile da dire, però direi Oristanio del Cagliari ha qualcosa in cui mi rivedo. È stato un po’ sfortunato e ha avuto qualche infortunio di troppo ma è un calciatore molto interessante”.

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