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Roberto Baggio e gli infortuni, i compagni indesiderati che non l’hanno mai abbandonato

Roberto Baggio è considerato uno tra i migliori calciatori italiani di sempre. La sua carriera, però, è stata condizionata da problemi fisici costanti, che hanno minato la sua continuità di rendimento. Le ginocchia, in particolare, sono state il suo punto debole dal primo infortunio nel 1985 con il Vicenza, fino all’ultimo nel 2002 a Brescia.
A cura di Valerio Albertini
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"Si può dire che convivo con il dolore, è un mio vecchio compagno. Mi vuole bene davvero, non mi lascia praticamente mai. Se fosse una donna la definirei un'amante fedele, discreta e insaziabile". Basterebbero queste pochissime righe a descrivere il rapporto che Roberto Baggio è stato costretto ad avere con gli infortuni lungo tutto l'arco della sua carriera, a partire dal primo e più grave del 1985 fino all'ultimo del 2002. Una serie di problemi fisici che non lo ha mai abbandonato e ne ha condizionato la vita calcistica, ancor più straordinaria se rapportata alla sofferenza costante alla quale è stato sottoposto.

Nella diciottesima puntata di “Ossi di Seppia. Il rumore della memoria”, dall’11 maggio in esclusiva su RaiPlay, lo storico manager del Divin Codino, Vittorio Petrone, ha raccontato l'agonia che ha dovuto affrontare il suo assistito e amico:

La sua era una battaglia quotidiana, settimanale, che non l’ha mai abbandonato. Roberto ha giocato con una gamba sola per tutta la sua carriera. Giocava sostanzialmente senza le ginocchia. Chiunque avrebbe deciso di smettere di giocare, ma non Roberto Baggio.

Il primo infortunio: il ginocchio fracassato con il Vicenza nel 1985

Le ginocchia sono state il suo grande tallone d'Achille fin dagli esordi. Il 5 maggio 1985 Roberto ha 18 anni ed è alla prima stagione in prima squadra, nel Lanerossi Vicenza che milita in Serie C1. Baggio ha contribuito alla risalita in Serie B della società biancorossa e in quel giorno di primavera affronta il Rimini di Arrigo Sacchi in uno degli ultimi appuntamenti stagionali. Dopo aver portato in vantaggio i suoi, il fantasista insegue un avversario, ma scivola e la sua gamba destra si gira al contrario. È la vera sliding door della sua carriera. Roby si fracassa il ginocchio, rompendosi il legamento crociato anteriore, la capsula, il menisco e anche il collaterale. Due giorni prima l'aveva comprato la Fiorentina, Baggio passa dal sogno Serie A all'incubo. Il dolore è lancinante e un mese dopo lo costringe a operarsi a Saint-Etienne, dal professor Bousquet. L'intervento va bene, ma lascia in Roberto 220 punti di sutura e il ricordo di una sofferenza che racconterà anni dopo:

Quando mi sono svegliato dell’anestesia, ho avuto paura. La gamba destra era diventata così piccola che pareva un braccio. Il ginocchio, gonfio come un melone e rosso per la tintura di iodio, non era stato cucito esternamente col filo: era tenuto insieme con delle graffette di ferro. Provavo un male incredibile, ero distrutto, mi sentivo totalmente privo di speranza. Stavo cosi male che mi girai verso mia madre e le dissi: “Mamma, se mi vuoi bene uccidimi, perché io non ce la faccio più”.

Baggio perde 12 chili, arriva a pesarne 56. L'infortunio ha un impatto devastante sul suo corpo e sulla sua psiche, tanto che la crisi spirituale che ne deriva lo convince ad abbracciare la religione buddhista, la quale si rivelerà fondamentale nel suo modo di reagire alle sofferenze successive.

La seconda lesione al menisco

Il Divin Codino torna in campo con la maglia della Fiorentina nel febbraio 1986, ma l'esordio in Serie A arriva solo il 21 settembre, a quasi un anno e mezzo dal primo grave infortunio della sua carriera. Neanche il tempo di gioire, però, che la sorte continua a presentargli il conto. Una settimana dopo si lesiona nuovamente il menisco destro e riesce a rientrare solo nel finale di stagione, 196 giorni dopo, trovando il primo gol in Serie A nel maggio del 1987. Di quel periodo, devastante per un ragazzo di vent'anni, dirà:

Avevo occhi solo per la mia sfortuna, non avevo altri interessi: esisteva solo il mio dolore. Non avevo voglia di uscire di casa e anche se mi fosse venuta pensavo che la gente mi avrebbe giudicato male.

Le successive tre annate in maglia viola lo vedono finalmente libero di esprimersi al massimo del suo potenziale, finché a 23 anni passa alla Juventus.

Il grave infortunio al ginocchio con la maglia della Juve

Il suo primo anno a Torino è ottimo dal punto di vista personale, mentre già durante il secondo torna a essere condizionato dai problemi fisici. Nel settembre 1991 sono i muscoli a costringerlo a fermarsi: uno stiramento lo tiene fuori tre settimane e si ripercuote sul suo corpo per tutto il resto della stagione.

Passano meno di tre anni e ancora una volta il menisco del ginocchio destro si mette di traverso tra lui e il calcio. Roby è ormai un calciatore di fama mondiale, ha vinto il Pallone d'Oro nel 1993 e si appresta a partire per gli Stati Uniti con la Nazionale italiana, per disputare un mondiale che non dimenticherà mai. L'ennesima operazione al menisco non mette a repentaglio la sua partecipazione alla rassegna americana, culminata con quel rigore calciato alto nella finale di Pasadena contro il Brasile a cui ancora oggi non ha trovato una spiegazione.

Nella stagione successiva, il 27 novembre si fa di nuovo male al ginocchio destro, sempre lo stesso dall'85. Inizialmente, sia lui che la Juventus optano per la terapia conservativa, salvo poi tornare sui loro passi nel febbraio 1995 ed effettuare un'operazione che sarà definita tardiva. Baggio rientra in campo cinque mesi dopo l'infortunio, l'8 marzo 1995.

Quella sarà l'ultima stagione in maglia bianconera. Seguono due anni al Milan, uno al Bologna e due all'Inter in cui, pur non subendo altri infortuni traumatici, l'aumentare delle primavere e una stabilità fisica ormai compromessa non gli permettono di rendere mai al suo massimo. Gigi Simoni, suo allenatore con i nerazzurri, descrive alla perfezione quel momento della carriera del Divin Codino:

Passava più tempo sul lettino dei massaggi a curare le sue ginocchia che ad allenarsi, così ogni tanto lo lasciavo in panchina.

L'ultima rottura del legamento crociato anteriore a Brescia

Nel 2000, Baggio passa a Brescia, dove disputa gli ultimi quattro anni della sua carriera. Dopo una grande primo stagione in Lombardia, nell'annata successiva deve affrontare l'ultima rottura del legamento crociato anteriore della sua carriera, questa volta del ginocchio sinistro. Già nell'ottobre 2001 rimedia un paio di distorsioni all'articolazione. È il prodromo di ciò che accadrà nel febbraio che segue. Durante la semifinale di Coppa Italia in casa del Parma, Roby entra all'inizio del secondo tempo e due minuti più tardi è costretto di nuovo a uscire. Il ginocchio sinistro, fino a quel momento il sano tra i due, ha ceduto su un cambio di direzione. Il Divin Codino ha 35 anni, potrebbe decidere di smettere, ma un unico obiettivo in mente: giocare il suo quarto mondiale della sua vita. Per questo, si opera il giorno dopo a Bologna, in una clinica specializzata nei recuperi lampo. A quell'età, una riabilitazione affrettata rischia di compromettergli il finale di carriera, ma Baggio non se ne cura. Un mese dopo l'intervento, per dimostrare di stare bene corre dietro a un fagiano e riesce ad acchiapparlo. 81 giorni dopo la serata di Parma, Roberto Baggio torna clamorosamente in campo. Anche chi lo conosce meglio di chiunque altro, come sua figlia, è sbalordita: "Ha sempre dimostrato una forza che non ho mai visto in nessun altro". Nel match del rientro, il 21 aprile contro la Fiorentina, Roby segna addirittura una doppietta. Nelle ultime due gare della stagione segna ancora, è convinto di aver raggiunto il suo obiettivo: partire con la Nazionale per i mondiali di Giappone e Corea. Le cose non andranno così, Trapattoni sceglie comunque di non convocarlo.

Roberto Baggio gioca comunque altri due anni. Si ritira il 16 maggio 2004, in un San Siro che gli concede una standing ovation difficilmente rivedibile, 19 anni e un giorno dopo il suo primo infortunio con la maglia del Vicenza. Insieme alla carriera, finisce anche il suo dolore fisico costante. Come raccontato dal suo manager Vittorio Petrone in “Ossi di Seppia. Il rumore della memoria”, dopo il ritiro, il Divin Codino si è sentito quasi sollevato: "Ho finito di soffrire".

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