Rivoluzione digitale: cosa significa la scelta di Alfredo Trentalange presidente dell’Aia
L’Associazione Italiana Arbitri ha scelto la discontinuità. Lo ha fatto con decisione, perché lo scarto con cui Alfredo Trentalange ha battuto il presidente uscente Marcello Nicchi è particolarmente ampio: 193 voti contro 125 certificano come un quarto mandato all’aretino sia stato giudicato eccessivo dall’assemblea elettiva e in generale dal movimento arbitrale.
Nicchi guida l’Aia dal 2009, quando – alla sua seconda candidatura – sconfisse Matteo Apricena della sezione di Firenze: in undici anni i fischietti italiani hanno confermato e consolidato il loro status di classe arbitrale tra le più stimate e ammirate al mondo, arrivando sul tetto del mondo nel 2014 con la finale del Mondiale in Brasile tra Germania e Argentina arbitrata da Nicola Rizzoli, che l’anno prima aveva diretto la finale di Champions League Bayern Monaco – Borussia Dortmund. In mezzo altre due medaglie preziose, una seconda finale di Champions nel 2020 diretta da Daniele Orsato e la finale di Europa League 2019 assegnata a Gianluca Rocchi. Tra le tante luci, però, anche diverse ombre, che hanno spinto il movimento arbitrale a cambiare rotta.
Trentalange e la rivoluzione digitale dell'Aia
Su tutte la questione comunicativa: l’Aia ha sempre limitato al massimo i messaggi istituzionali, rimanendo spesso chiusa nella sua autoreferenzialità. La cosa era diventata palese anche allo stesso Nicchi, che negli ultimi tempi aveva iniziato ad aprire alla possibilità di maggiori contatti tra gli associati e i media. Il tema è stato tra i principali cavalli di battaglia di Alfredo Trentalange, e il movimento ha deciso di scegliere lui come guida durante quella che negli ambienti arbitrali viene percepita come una vera e propria “rivoluzione digitale”.
Un cambiamento radicale che comincerà dalle cose semplici, come lo svecchiamento del logo che è rimasto ancorato a quello vecchio e squadrato della Figc (che invece lo ha cambiato nel 2017), ma che si allargherà a progetti di diffusione del regolamento sui social, spiegazioni che vedranno protagonisti gli arbitri in prima persona, e anche “momenti di lettura comune degli episodi”, come ha spiegato lo stesso neo-presidente in un’intervista a Fanpage. Per voltare pagina e affrontare la nuova sfida comunicativa, l’Aia ha deciso quindi di affidarsi a un volto nuovo, che già in campagna elettorale aveva fatto sfoggio di una capacità più “moderna” di approccio ai nuovi media, con videoclip e presenza più massiccia su Facebook e Twitter per far passare messaggi chiari e semplici.
Bilanci, linee guida e graduatorie: operazione trasparenza
Tra questi anche quello di un’Aia più trasparente. Trentalange ha trovato terreno fertile anche alla luce di alcune accuse lanciate a Nicchi da arbitri che hanno fatto ricorso per via di dismissioni arrivate dopo aver scoperto “a sorpresa” di trovarsi in fondo alle graduatorie (ricorsi che però sono sempre stati respinti e giudicati non ammissibili). Il presidente uscente ha anche dovuto affrontare una polemica che lo ha investito circa un contratto che gli sarebbe stato offerto dalla Federazione come responsabile del progetto Var, cosa vietata dai regolamenti Aia e più volte smentita da lui stesso ma che desta ancora dubbi.
Trentalange ha promesso la disponibilità costante delle graduatorie e delle votazioni per tutti gli arbitri, oltre ad aver annunciato che “le linee guida, i bilanci, le retribuzioni e i contratti saranno tutti pubblici e trasparenti”. Tra gli obiettivi del torinese anche quello di inserire un limite massimo di due mandati da presidente dell’Aia, regola che avrebbe ad esempio impedito a Nicchi di candidarsi già nel 2016.
Il rinnovo della figura dell'arbitro
Intanto, prosegue spedito il progetto della “Var room” unificata partito sotto Nicchi che, dopo l’ok della Figc, renderà possibile centralizzare il monitoraggio var delle partite a Coverciano e fungerà anche da luogo per le comunicazioni ufficiali dell’Aia, per le quali verrà probabilmente coinvolto anche l’ex arbitro Gianluca Rocchi che già quest’anno è stato impiegato come mediatore con le società.
L’idea, raccolta da Trentalange, ben si inserisce nel concetto di una figura arbitrale da valorizzare a livello di immagine, altro cavallo di battaglia del piemontese. Un “arbitro-ricercatore”, come lo ha chiamato il neo-eletto presidente, che apra anche alle tecnologie come strumento di analisi delle prestazioni e sia “capace di associare l’utilizzo dei software allo studio delle tattiche, dei movimenti, delle dinamiche delle partite”. Soprattutto, un arbitro più presente sui social e in televisione, un’esposizione che lo renderebbe anche più appetibile come modello per le nuove giovani leve, visto che l’associazione ha perso più di 6mila associati negli ultimi 6 anni.