Riganò oggi fa il muratore in un cantiere: “Non mi chiamano ad allenare, bisogna lavorare”
Christian Riganò a Firenze è un nome mitico, declinato in Rigagol in omaggio alla vena realizzativa del bomber siciliano, che arrivò sull'Arno nel 2002 quando aveva 28 anni. Riganò decise di scendere di categoria, dalla C1 del Taranto dove aveva segnato a pacchi sfiorando la promozione in Serie B, alla C2 della Florentia Viola, nata dalle ceneri del fallimento della Fiorentina di Cecchi Gori.
Troppo bella per dire no la sfida di far risalire subito la squadra gigliata nell'Olimpo del calcio italiano: missione centrata velocemente grazie alle tante reti del ragazzone di Lipari, che in Serie A ebbe l'onore di diventare capitano della formazione viola, nel frattempo tornata ad essere Fiorentina dopo l'acquisizione del marchio e dei colori sociali da parte della famiglia Della Valle.
Riganò visse poi una seconda giovinezza tornando alle origini e disputando una grande stagione al Messina nel 2006/07, pur non potendo evitare la retrocessione dei peloritani. Quell'anno mise a segno 19 gol in 27 presenze, suo record personale di reti in Serie A e primato anche per il Messina. Dopo aver speso gli ultimi spiccioli di carriera nel calcio professionistico tra Levante in Spagna, Siena, Ternana e Cremonese, il bomber siciliano ha continuato a calcare i campi tra i dilettanti fin oltre i 40 anni, provando poi a intraprendere l'attività di allenatore dopo aver preso il patentino a Coverciano nel 2015.
Ideal Club Incisa, poi Fiesole, infine nell'ultima parte della scorsa stagione l'Affrico, tutte squadre di Prima Categoria. Ma dalla scorsa estate Riganò è disoccupato, quest'anno nessuno gli ha offerto una panchina ed allora a 49 anni è tornato a fare quello che faceva da ragazzo per guadagnarsi da vivere: il muratore. Ed è proprio mentre sta togliendo l'intonaco sotto il sole cocente che un giornalista del Corriere della Sera lo incontra per caso in un cantiere di Firenze, vicino Ponte Vecchio.
"Sì, sono io: Christian Riganò – dice quando gli sguardi si incrociano – Due cose so fare nella vita: i gol e il muratore. Così, dopo aver smesso di giocare, sono tornato a fare il mio mestiere: mi piace e ne vado orgoglioso. Ora lo so, lei mi chiederà che ci faccio qui… Giusto? Diciamo che avevo lasciato questo mestiere a tre quarti, nemmeno a metà. Io sono questo: amo costruire e riparare le cose. Così, non avendo avuto chiamate per allenare sono tornato a fare il mio lavoro".
In famiglia erano in sette fratelli maschi: "Mio padre Vincenzo, che purtroppo non ha fatto a tempo a vedere che avevo realizzato il mio sogno, faceva il pescatore e mia madre ci ha cresciuti uno ad uno – racconta Riganò, che poi lancia un appello per tornare ad allenare al più presto – Ho preso due patentini per allenare, amo il calcio, ma si vede che non sono adatto per quello di oggi, fatto principalmente di sponsor, non accetto compromessi. Certo, se poi arrivasse la chiamata giusta sarei pronto a tornare in panchina".
"Ho guadagnato bene e ne sono felice. Nella mia intera carriera, però, ho incassato quanto molti giocatori di media fascia oggi guadagnano in due tre mesi – spiega l'ex attaccante – Così, poi, bisogna tornare a lavorare. Io sono di vecchio stampo: datemi una terra e, con due colleghi, siamo in grado di tirare su una casa". In attesa che il calcio si ricordi del gigante di Lipari.