Riccardo Gaucci: “Sento ancora Gheddafi, un bravo ragazzo. Papà con l’Alzheimer non mi riconosceva”
Riccardo Gaucci a 48 anni non è più sotto i riflettori calcistici come ai tempi del Perugia e del Catania, da braccio destro del padre Luciano, ma la passione per il pallone non l'ha mai abbandonata: è presidente e proprietario, assieme a un gruppo di amici, dell'Assisi Calcio, squadra dilettantistica che milita nella Prima Categoria umbra, dopo la fresca promozione dalla Seconda, e che punta a salire ancora: "Come diceva mio padre, bisogna sognare in grande, abbiamo l'ambizione di crescere, fino a dove non lo sappiamo. Non ci poniamo limiti. Ora lottiamo per salire in Promozione, poi si vedrà". Con una vita passata al fianco del vulcanico padre, Riccardo è una fucina di aneddoti, da Saadi Gheddafi ("lo sento ancora, un bravo ragazzo") alla prigione scontata a causa di quanto combinato da papà Luciano.
Riccardo Gaucci e il perdono del padre: "Io e mio fratello finimmo in carcere per causa sua"
"L'ho perdonato, non ci siamo parlati per una decina di anni, ma il tempo guarisce tutto. Andavo nella Repubblica Dominicana (dove Gaucci senior è stato prima latitante dal 2005, poi ci è tornato fino alla morte avvenuta nel 2020 dopo l'indulto che ha estinto la pena di tre anni di carcere patteggiata per bancarotta fraudolenta e reati fiscali, ndr), però nelle ultime visite non mi riconosceva: aveva l'Alzheimer. Io e mio fratello passammo cinque giorni in carcere per causa sua. Questo dramma economico e giudiziario si sarebbe potuto evitare se lui non si fosse incaponito. La banca che fino ad allora aveva sostenuto l'azienda di pulizie alla base della sua fortuna gli chiese di rientrare e, lui all'incontro decisivo, non volle trattare su una rateizzazione. Da qui la valanga. Io e Alessandro non sapevamo nulla e ci ritrovammo arrestati, in prigione".
Riccardo Gaucci in quel frangente drammatico provò a chiedere aiuto a Giulio Andreotti, che in passato era stato vicino al padre, ma invano: "Andai nel suo studio a San Lorenzo in Lucina, a Roma. Andreotti vide la mia faccia terrorizzata, io gli chiesi aiuto. Mi telefonò qualche giorno dopo: ‘Mi dispiace, non posso fare nulla'. Forse non aveva più il potere di una volta. Oggi tutto è risolto, abbiamo patteggiato nel penale e transato nel civile. E ho recuperato il rapporto con mio fratello, anche con Alessandro non ci eravamo parlati per un po'".
Dici Gaucci e pensi al Perugia, club rilevato da Luciano dopo due tentativi andati a vuoto di prendersi la Roma, di cui era tifosissimo. Quel Perugia ottenne due promozioni in Serie A negli anni '90 e raggiunse il culmine tra il 2003 e il 2004, con la semifinale di Coppa Italia e la partecipazione alla Coppa UEFA. Di lì a poco tutto sarebbe crollato per la famiglia Gaucci, col successivo fallimento dello stesso Perugia.
Il Perugia di Nakata e Gheddafi: "Saadi lo sento ancora, per me resta un bravo ragazzo"
Il figlio Riccardo ricorda i ‘colpi' (il libico non esattamente, visto che in due stagioni scese in campo solo tre volte per pochi minuti) Hidetoshi Nakata e Saadi Gheddafi, figlio del dittatore Muammar defenestrato nel sangue nel 2011: "Nakata costò 7 miliardi di lire e mio fratello disse a papà la verità… a rate, la somma era notevole. Venne però dato alla Roma per 30 miliardi più Alenichev e ci fece vendere un mare di maglie in Giappone – racconta alla Gazzetta dello Sport – Saadi Gheddafi stava per entrare in società. Immaginate dove sarebbe arrivato il Perugia con quei capitali, però non se ne fece nulla. Saadi lo sento ancora, per me resta un bravo ragazzo. È stato per anni in Niger, poi è rientrato in Libia, a Tripoli, dove vive. In galera ha subìto torture. Gli hanno decimato la famiglia".