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Rebecca Corsi: “Mio padre mi rimproverava, ora l’ho educato. In Lega non mi guardano diversamente”

Rebecca Corsi ha 36 anni ed è vicepresidente e amministratore delegato dell’Empoli, atteso dalla storica semifinale di Coppa Italia con il Bologna. Una delle poche donne al vertice nel calcio italiano, che nel corso di un’intervista a Fanpage.it ha parlato del suo percorso e i suoi orizzonti.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Rebecca Corsi ha 36 anni ed è vicepresidente e amministratore delegato dell'Empoli. La figlia del patron Fabrizio Corsi è stata anche eletta consigliere di Lega tre anni fa e oggi sta vivendo l'ennesima stagione da protagonista con il club toscano in lotta per la salvezza. In un'intervista a Fanpage.it, Rebecca Corsi ha parlato del suo impiego all'interno del club, del rapporto con papà Fabrizio e anche i dettagli di quella magica serata di Coppa Italia che ha visto l'Empoli battere ai quarti allo Stadium la Juventus di Thiago Motta. Oggi, la semifinale contro il Bologna.

"Una partita che non avevamo preparato con delle aspettative", confessa Rebecca Corsi spiegando come la squadra di D'Aversa fosse andata a Torino chiaramente per giocarsi la partita, ma senza grosse aspettative, consapevole però di poter giocare con la mente libera. Al vertice dell'Empoli già da anni, è oggi una delle donne più influenti nel panorama calcistico italiano: "Il calcio è entrato nella mia vita in maniera naturale, mi sono trovata sempre a masticare quell'argomento e ho catturato tutto ciò che oggi fa parte del mio bagaglio".

Rebecca, oggi è vicepresidente e amministratore delegato dell’Empoli. Ricorda il momento in cui ha capito che il calcio sarebbe stato la sua vita?
"L'ho capito e non l'ho capito. È stata una cosa naturale, mi trovavo lì sempre più spesso a masticare quell'argomento lì e ad ascoltare tutto. La mia crescita la devo a me stessa perché mi sono sempre prodigata ad ascoltare, osservare, e questo mi ha portato a catturare tante cose in questo settore. E tutto questo ora fa parte del mio bagaglio".

Cosa significa lavorare al fianco di suo padre?
"A prescindere dal lavoro che facciamo, lavorare con un genitore è difficile perché ha quelle libertà che con un collega non avrebbe. Vuol dire anche che devi essere pronta a fare qualsiasi figuraccia in qualsiasi posto perché un genitore non ha filtri con un figlio. Devi essere pronta a beccarti qualche rimproveraccio (ride, ndr)".

Ma adesso questo non succede più?
"No, l'ho educato io a rivolgersi a me in maniera diversa (sorride, ndr)".

Rebecca Corsi in tribuna al Castellani.
Rebecca Corsi in tribuna al Castellani.

Anche il suo compagno è un calciatore. Non le viene mai da pensare: ora basta calcio per un po’, devo staccare.
"Sono circondata a casa (ride, ndr). In realtà strada facendo ho iniziato a pensare che per fare questo lavoro avessi bisogno di una persona che capisse quello di cui stavo parlando, soprattutto le sue dinamiche e che comprendesse tante cose, conoscesse il contesto. È stata la scelta più giusta che potessi fare".

Lei guarda al calcio con gli occhi di una nuova generazione dirigenziale. Cosa va cambiato nel modello Serie A?
"È una questione di sistema in generale, bisognerebbe analizzare quali sono le difficoltà attuali del calcio italiano. Mirare a quelle difficoltà e provare a risolverle attraverso la crescita dei giovani, delle strutture. Ma secondo me non è un discorso legato a un solo campionato, è più ampio. Bisognerebbe fare un passettino indietro rispetto ad altre cose che forse sono andate troppo avanti".

In circa 10 anni gli ascolti della Serie A in TV si sono praticamente dimezzati. Colpa del prodotto o del mezzo? Oggi il calcio in TV non costa troppo?
"I costi non sono da sottovalutare, oggi anche il cinema stesso costa tanto, penso a una famiglia di quattro persone. I costi degli abbonamenti sono alti e la proposta che ruota attorno è calata. Spendere 50 euro al mese per vedersi la squadra del cuore… Poi secondo me prima di far fare l'abbonamento la gente bisogna portarla allo stadio, questo è l'obiettivo delle società".

Rebecca Corsi con suo padre Fabrizio Corsi.
Rebecca Corsi con suo padre Fabrizio Corsi.

Oggi per una donna essere a capo di una società di calcio è ancora una conquista o possiamo cominciare a parlare di normalità?
"È una conquista, per me lo è, io sento ancora di dovermela conquistare perché comunque non è mai finita. Però è giusto iniziare a normalizzarla".

A 33 anni è stata eletta consigliere della Lega. Che ambiente ha trovato quando ha cominciato a partecipare alle riunioni?
"Ho trovato un ambiente aperto e sicuramente 11 persone che mi hanno votata erano contente di avermi lì. C'era un ambiente disponibile, anche predisposto alla mia crescita e non mi sono mai sentita guardata diversamente".

C’è una donna, a livello dirigenziale, che guarda come modello? Nel calcio o anche fuori dal mondo dello sport.
"Non ho mai avuto un modello a cui ispirarmi, ci sono delle donne che mi piacerebbe conoscere, ma ho sempre guardato tutti e cercando di apprendere da un allenatore o da un dirigente. Però mi piacerebbe un giorno conoscere Marina Granovskaia (ex manager del Chelsea di Abramovich fino al 2022, ndr). Mi incuriosisce".

L’Empoli ha eliminato la Juve in una di quelle partite che sembrano dall’esito già scritto, invece siete sembrati da subito convinti di poterla vincere. Come l’avete preparata?
"Il percorso in Coppa Italia è stato tutto un divenire, anche in maniera inaspettata, una partita dopo l'altra. Chiaramente vivere queste gare con la mente libera ci ha aiutato rispetto alle altre che hanno anche l'obbligo di portare a casa questo titolo. Noi questo non ce l'abbiamo mai avuto e non è mai stato il nostro obiettivo. Il fatto di non averla preparata con delle aspettative ci ha portato in semifinale".

Essere in semifinale di Coppa Italia vi fa pensare anche ad un Empoli che possa ambire a qualcosa in più della salvezza? In modo regolare, non eccezionale.
"No, perché stiamo vivendo un periodo che ci fa tornare con i piedi per terra e il nostro titolo più importante è la salvezza. Il campionato è difficile, l'Empoli ha sempre dovuto combattere fino alla fine. Ora è un momento no, ma la Coppa Italia ci ha ricordato quelli che siamo e adesso dobbiamo usare quella spinta per questa volata finale".

Il vivaio dell’Empoli è scuola nota e prestigiosa. Lasciando stare l’aspetto tecnico e il campo, fuori dal rettangolo verde cos’è che definisce un calciatore?
"Il vivaio è la nostra filosofia. Ci sono ragazzi che nel nostro settore giovanile arrivano in Primavera, poi in prima squadra diventandone parte stabile, ma non tutti hanno lo stesso percorso. E questo a volte va spiegato al genitore, non sono tutti uguali. Il percorso può essere diverso ma l'obiettivo è il solito, come uno ci arriva dipende dalle caratteristiche di ognuno".

In che modo lo capite e lo assecondate nel percorso di crescita?
"Il momento più importante è vedere l'approccio caratteriale dei ragazzi dopo aver fatto due-tre allenamenti in prima squadra, per poi tornare in Primavera. Lì è da capire come si approcciano caratterialmente allo spogliatoio e soprattutto come tornano alla squadra d'appartenenza".

In che senso?
"Quello ti fa capire se hanno le spalle grosse per non vivere quel passaggio come una bocciatura, perché ognuno ha il suo percorso: bisogna costruirsi e strutturarsi, poi dopo si vedrà. Chiaramente c'è anche l'elemento fortuna che rappresenta uno dei tanti incastri che si devono mettere insieme".

Rebecca Corsi in campo al Castellani.
Rebecca Corsi in campo al Castellani.

Che ruolo ha avuto Luciano Spalletti nella sua vita calcistica?
"Ero molto piccola, è sempre stato una persona molto presente in famiglia. È diventato un fratello per mio padre tant'è che è stato il suo testimone di nozze e padrino del mio battesimo. Lo ha accompagnato anche nella sua vita extra calcio".

Maurizio Sarri invece l’ha incrociato nella piena maturità. Che persona c’è dietro l’allenatore?
"Una persona difficile da convincere in determinati momenti, complessa soprattutto negli aspetti extra campo".

Ci spieghi.
"La partita oggi è un evento, un'esperienza che il tifoso vive da due ore prima a due ore dopo. Tutto quel mondo lì per Maurizio era un di più che distoglieva l'attenzione dalla cosa più importante, che era il campo".

Blu Marisa, sua figlia, è nata praticamente su un campo di calcio. Immaginiamoci tra 20 anni: che calcio vorrebbe lasciarle?
"Mi augurerei che trovasse un calcio più pulito da agenti esterni che lo appesantiscono. Un calcio che sia più alla portata di tutti sia dal punto di vista televisivo e strutturale".

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