Real Sociedad, pioggerellina, marea e senso di appartenenza: il calcio sull’Oceano
Ad appena 4 km dalle spiagge baciate dall’Atlantico della Kontxta e della Zurriola si staglia lo stadio di Anoeta, casa della Real Sociedad dal 1993. L’impianto capace di ospitare 39mila spettatori è stato rimodellato del tutto nel 2019 e dopo l’eliminazione della pista di atletica originaria è diventato un autentico fortino per la squadra basca.
“Prima dei lavori il pubblico era distante e il suo calore si disperdeva. Adesso i giocatori sentono i tifosi davvero vicino a loro e questa sensazione ha cambiato radicalmente il modo di vivere le partite ad Anoeta”, dice a Fanpage.it Carlos Martínez Diez, ex giocatore della Real Sociedad e con un passato di ben 18 anni nel club basco.
L’ex terzino, che ha appeso le scarpe al chiodo due anni fa, vive ancora da vicino la passione per la squadra txuri urdin (in euskera bianco – azzurri), ed è il primo a rammaricarsi della mancata presenza di spettatori per le restrizioni da covid-19: "Con i nostri tifosi sarebbe stata un’altra partita, perché il Napoli è una squadra superiore, una delle più forti dell’attuale Europa League. Spero però che comunque giocare ad Anoeta possa dare qualcosa in più alla Real, che da anni ha cambiato marcia e ha intrapreso un percorso importante e ambizioso”, conferma Martinez, il quale fin da bambino ha preferito il calcio alla pelota, l’altro sport locale basco.
Tempra oceanica
Il txirimiri (termine basco che vuole significare la pioggerellina incessante tipica del luogo) è il sottofondo musicale di San Sebastián, una città sulle rive dell’Oceano e nei cui dintorni i ragazzi si dividono tra il campo da calcio e il frontón, ossia la grande parete sulla quale lanciare la famosa pelota. A cavallo tra gli anni ‘90 e 2000, nel vicino paesino portuario di Mutriku, Asier Illarramendi era anch’egli diviso tra la carriera di pelotari e quella di futbolista, alternandosi tra la grande parete vicino la chiesa principale e la scuola calcio locale.
A undici anni la chiamata della Erreala (nome basco della Real Sociedad) fu troppo invitante e il suo dubbio svanì immediatamente. Il mediano e attuale capitano della squadra bianco azzurra è senza dubbio uno dei simboli dell’attaccamento alla cultura basca. Dopo il suo trasferimento al Real Madrid nel 2013 il giovane Asier avrebbe sofferto non poco l’assenza delle onde che si stagliavano sulle rocce del suo paesino natale e il txirimiri sotto il quale si allenava quasi ogni giorno: “Giocare ad allenarsi sotto la pioggia era per lui un rituale mistico, e il legame con le sue radici troppo forte”, asserisce Martin Lasarte, ex allenatore uruguaiano della Real Sociedad di origini basche.
Dopo due stagioni nel club merengue Illarramendi sarebbe tornato a casa sua per diventare finalmente grande con la maglia del suo cuore, coprendo così facilmente i 40 km di distanza tra il centro di allenamento di Zubieta e la sua Mutriku. Dopo mesi fuori dal campo per via di una pubalgia il capitano della Real sta tornando a correre proprio adesso, facendo leva su quella tempra oceanica propria dei baschi, gente che non si arrende facilmente.
Bassa marea
Xabi Prieto, storico capitano e one man club della Real Sociedad dal 2003 al 2018, ha vissuto sulla sua pelle retrocessioni, promozioni e una qualificazione alla Champions League nell'annata 2012-13, oltre a realizzare una storica tripletta al Real Madrid nel match perso per 4-3 al Santiago Bernabeu il 6 gennaio 2013. In pochi nella storia della Erreala hanno sentito tanto la maglia bianco azzurra come il quinto giocatore di sempre per presenze (530 in totale).
Così come Aritz Aduriz, indimenticabile bomber dei rivali dell'Athletic Club, anche Prieto è nato e cresciuto a San Sebastián, ma non ha mai smesso di vivere nei pressi della spiaggia della Kontxa dove da piccolo di sabato andava a giocare portandosi dietro i pali delle porte quando la marea si abbassava. "Qui in Euskadi per giocare a calcio devi adattarti, e noi sapevamo a memoria quali fossero gli orari in cui si alzava la marea e giocavamo a seconda degli stessi. Allo stesso modo siamo nati abituati a giocare con vento, freddo e su campi pesanti. E questo ci aiuta a rendere al massimo durante tutto l'anno".
La cultura calcistica basca, del resto, è sofferta e agonica come quella inglese, sviluppatasi anch'essa sulle grigie e ventose sponde dell'Oceano. Prima della partita, in epoca pre Covid, i tifosi si riuniscono fuori allo stadio ore prima del fischio d'inizio, sorseggiando birra o txakolí (tipico vino bianco fruttato del luogo) o sidro, accompagnando il tutto rigorosamente con pintxos (una sorta di tapas con lo stecchino) e di tortillas di patate, l'autentica specialità locale. Prieto, che ha ereditato la passione per la Real dal padre, non è mai stato tentato dalla pelota: "Sono sempre stato convinto di voler giocare a calcio, e nella Real Sociedad. Da piccolo andavo allo stadio di Atotxa e poi sono andato ad Anoeta, dove dieci anni dopo la costruzione dello stadio avrei debuttato in prima squadra. La Erreala è parte integrante della mia vita".
Come Fabián
Quel che è sicuro è che il progetto attuale della squadra che ancora oggi Xabi segue con attenzione è molto stimolante: "La nuova proprietà ha puntato molto sulla ristrutturazione dello stadio e la squadra attualmente va fortissimo. È arrivato un campione come David Silva, che secondo me è secondo solamente ad Andrés Iniesta tra i giocatori spagnoli degli ultimi anni, e possiamo contare su un fenomeno come Oyarzabal, un basco che porta la Real nel sangue e sta giocando alla grande".
L'ex capitano txuri urdin, tuttavia, sa che gli azzurri possono essere un rivale ostico: "Lo abbiamo visto tutti in Champions contro il Barça. Il Napoli è forte e ha giocatori di altissimo livello come Mertens e Insigne. Per quanto mi riguarda conosco Lobotka, che ha giocato qui col Celta, e stravedo per Fabian Ruiz, che già qui in Liga aveva dimostrato di poter arrivare molto in alto". Ed è proprio nel mancino sivigliano che Prieto si rivede: "Io giocavo più o meno nella sua posizione. Mi piace molto come gioca, è completo e sa dare un ottimo contributo alla manovra. Come nella nazionale spagnola, se lui funziona, funziona anche la squadra".