Rafaela Pimenta ha visto il lato oscuro del calciomercato: “Dicono ‘Non firmare con lei, è donna’”
Rafaela Pimenta è la "Signora del mercato" che dopo la morte di Mino Raiola ad aprile del 2022 ha ereditato l'agenzia di giocatori del noto procuratore sportivo. L'avvocatessa brasiliana dalla sua sede di Montecarlo gestisce gran parte dei migliori giocatori al mondo: da Haaland a De Ligt passando per Pogba, Verratti, Mkhitaryan e Malen. In un'intervista esclusiva rilasciata a Fanpage,it, si è raccontata a 360°. Tra i temi trattati, oltre al grande rapporto lavorativo nato con Raiola e che ha portato a una collaborazione durata 30 anni, si è parlato anche del suo ruolo da donna più potente nel calcio, un contesto tradizionalmente dominato dagli uomini: "Avrei bisogno di un paio d'ore per spiegare tutto questo".
La vicenda Pogba è stato un colpo durissimo così come spiazzante è stato l'affare Samardzic ma ciò che più incuriosisce la Pimenta è soprattutto il calcio arabo: "Hanno l'ambizione di creare un calcio nuovo, mi piacciono questi progetti". Impossibile non parlare dell'idea rivoluzionaria della Superlega che ha diviso il calcio mondiale: "La tecnologia autorizza la moltiplicazione di contenuti – ha spiegato -. A tal proposito ne parlai anche con il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis".
Rafaela Pimenta, cosa si prova a essere la donna più potente in contesto tradizionalmente dominato dagli uomini?
"La forza arriva dai nostri giocatori. Il procuratore deve rappresentare una persona, un interesse, e deve comportarsi e agire basandosi sul profilo del suo rappresentato".
Qual è l’episodio che più di tutti, durante la sua lunga attività, le ha fatto pensare: “Ok, mi stanno discriminando perché sono donna”?
"Avrei bisogno di un paio d'ore per rispondere. Di fronte a una discriminazione o cerchi di ragionare o rispondi a tono. Più complicato è quando non ti parlano in faccia e prendono meno sul serio ciò che dici. Per fare un esempio, il padre di un giocatore che ha firmato con la nostra agenzia mi ha detto: ‘Guarda, certe persone hanno espresso dubbi sulla mia firma con te perché sei donna e non ne capisci'. Purtroppo per loro dimostrano di non avere argomenti ma se me lo dicono in faccia li mando a ca**re".
Si sente di rivestire un esempio in questo senso?
"Non sempre la maggior parte delle donne possono permettersi di rispondere. Tante vivono ambienti lavorativi tossici dove non vengono rispettate e demoralizzate perdendo spazio, competitività e fiducia perché magari davanti hanno un uomo che ne approfitta per avere più spazio. Questo è un tipo di razzismo molto grave. Io a volte mi rendo conto che essere una donna brasiliana comporti doversi confrontare con stereotipi del tipo: ‘Le brasiliane siano tr**e'. Sono tutte problematiche che solo se sei forte puoi affrontare".
Lei conosce Mino Raiola nella sua attività da avvocato. Come avviene poi la trasformazione in procuratore sportivo e quanto lui l’ha aiutata?
"Mino mi diceva con orgoglio: ‘Tu sei il mio avvocato'. A me faceva molto piacere. Oggi ho il vantaggio di capire il contratto senza aver bisogno di chiedere un aiuto per capire o scrivere una clausola, anche se ci tengo ad avere avvocati intorno a me. Di Mino mi manca la sua compagnia, l'interazione, sia nei momenti brutti che in quelli belli. Per me il confronto con lui era importante".
Cosa ha ereditato da lui e cosa invece ha aggiunto di suo?
"Non so dire se abbia ereditato qualcosa. La verità è che nessuno mi ha regalato nulla, è stato un lavoro fatto insieme a Mino costruendo qualcosa nel tempo. Ho appreso molto da Mino dal punto di vista degli stimoli e dell'ispirazione. La nostra sincronia e sintonia sono state un fattore importante per un percorso così intenso insieme. Avevamo lo stesso modo di pensare. Bisticciavamo anche, tante volte, ma se non hai una base forte con una persona è difficile fare un percorso del genere lungo 30 anni".
Qual è stato, se c’è stato, il momento più difficile dopo la sua morte da quando ha preso le redini dell’agenzia?
"Mi aspettavo attacchi dall'esterno, ma non da dentro. Potevo anche pensare che potessero accadere certe cose, ma non in determinati modi".
Molti pensano che un procuratore assista un calciatore solo nella sfera del calciomercato. Può raccontarci tutto quello che c’è attorno, dietro le quinte?
"Il calciomercato è solo un passaggio di questo lavoro da procuratore. Oggi i calciatori hanno la possibilità di sviluppare la loro immagine, il loro brand. Abbiamo il dovere di offrire loro una quantità di esperienze e alternative aiutandoli a capire in che verso andare, per aiutarli ad allungare e proteggere la propria carriera e i loro guadagni".
A proposito di assistere un calciatore a 360°, anche lontano dai riflettori: come sta Paul Pogba?
"Paul vive giorno dopo giorno per concentrarsi su cosa fare. Deve pensare a stare bene fisicamente e ad essere pronto. A Paul non tocca pensare ogni due secondi alle procedure legali della vicenda, lui deve fornire informazioni e lasciare fare agli altri, altrimenti è impossibile concentrarsi sul suo corpo e sulla sua mente".
È stata una delle parti coinvolte nella complessa trattativa tra l’Inter e Samardzic la scorsa estate. Si porta dietro un rimpianto da quella storia?
"Mi ha dato molto fastidio e non posso dire che sia contenta. Credo solo che siano venute fuori delle persone che hanno detto cose non vere, ma che possiamo farci? Dobbiamo solo ridere e andare avanti".
Ci dica un motivo per cui oggi porterebbe un suo calciatore in Arabia Saudita e un motivo per cui non lo farebbe.
"A me piacciono questi nuovi progetti. Giudicare senza dare un'opportunità e senza sapere cosa stanno facendo non è giusto. Sono persone molto competenti e hanno l'ambizione di creare un campionato serio. All'inizio c'era molta diffidenza anche verso la MLS, che oggi è invece una realtà consolidata. Quindi una ragione per andare lì è che qualcosa di bello sta nascendo. Una per non andarci è che fa troppo caldo (ride ndr). In realtà non vedo una ragione seria per non andarci, se si è in grado di capire il progetto. Il discorso Arabia non dobbiamo farlo girare solo attorno ai soldi".
La Superlega avrebbe salvato il calcio europeo o ha avuto ragione chi l’ha sabotata?
"A tanti amici non piacerà sentirmi parlare così, ma io sono per la moltiplicazione dei contenuti, anche per via dello sviluppo costante della tecnologia che facilita la comunicazione. Oggi è più facile assistere a tante competizioni. Le nuove generazioni sono abituate a divorare contenuti e oggi c'è la possibilità di offrirne di più. L'altro lato di questa storia è: quanto possiamo far giocare un giocatore?".
In effetti il numero di partite che si gioca oggi è già elevatissimo.
"Feci una chiacchierata con De Laurentiis in cui dicemmo che forse serve una moltiplicazione dei calciatori in rosa per consentire a una squadra di giocare più competizioni. È da accettare che oggi ci sia più spazio per nuove competizioni. Credo però che serva individuare il modello giusto trovando un equilibrio tra società e calciatori".
Facciamo un gioco, immaginiamo di essere nel 2028, tra 5 anni. Mi dica il nome di 3 calciatori che oggi possono risultare semi-sconosciuti ai più, ma che tra 5 anni tutti avremo imparato a conoscere.
"Sverre Nypan, Breno del Corinthians, Jan Faberski e Rayane Bounida. Gli altri lasciamoli crescere senza pressione, sono troppo giovani".
Per chiudere, qual è stata la trattativa più importante che ha portato a termine?
"L'operazione più importante delle mia vita è stata quella di avere Mino accanto a me".