L’antifona si era già capita alla vigilia. Dalle parole, dalle espressioni, da quel clima da ultimo giorno di scuola (o di ciclo) che l’Italia aveva creato intorno a questo strano appuntamento della “Finalissima”. Non un’amichevole, neanche un trofeo di particolare prestigio, ma comunque una “Finalissima”. Di quelle che solitamente si gioca per vincere. Gli azzurri l’hanno invece affrontata con un piglio a metà strada tra una passerella di fine viaggio – sicuramente per Chiellini, ma di questo passo anche per qualcun altro – e la rassegnazione di dover soccombere ad un avversario anticipatamente ritenuto troppo più forte. Anche con la complicità delle assenze, tante e pesanti. Eppure il divario eclatante, a tratti imbarazzante, emerso con l’Argentina rappresenta solo l’ultimo dei problemi.
Spaventa di più il futuro. Così tanto che persino il presente – inteso come ciò che potrà accadere negli imminenti impegni di Nations League – fa paura, se le premesse sono queste. E no, le premesse non sono le tre sberle rimediate dall’Albiceleste, i chilometri macinati a rincorrere a vuoto il Messi e compagni, una proposta offensiva inesistente. Ma il quadro generale: fermo, immutato, cristallizzato. Non ci siamo spostati di un millimetro dal più grande fallimento sportivo nella storia del calcio italiano. I responsabili ancora ognuno al proprio posto: saldissimi e fuori da qualsiasi discussione. Le mille domande che ci siamo posti ancora senza risposte, con la sensazione che nessuno si stia affannando a cercarle. E che tutto sommato vada bene così. Il clima ovattato che aleggia intorno all'Italia, a due mesi dall'eliminazione dei Mondiali, è inquietante almeno quanto lo spettacolo offerto in campo.
D’altronde gli stessi che hanno clamorosamente mancato i Mondiali sono pur sempre “quelli degli Europei”. E allora perché non provare a fidarsi di loro ancora un po’? Il credito per la bellissima, indimenticabile e straordinaria (letteralmente: fuori dal nostro ordinario) impresa della scorsa estate rischia di tramutarsi in un boomerang mortifero per quelle poche prospettive di crescita che si possono intravedere al momento. Regalando a questa Nazionale abbuffate di compiacimento, nei mesi scorsi, abbiamo perso l’aereo per il Qatar. Continuare a farlo, rimandando l'urgentissima rifondazione tecnica e programmatica, ci porterà ancora più fuori dal radar del calcio che conta. Come tutto il mondo ci ha già visto negli interminabili 90 minuti contro l'Argentina.