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Quello che non si vede di Antonio Conte: come conquista le sue squadre

La filosofia di Antonio Conte nella gestione dello spogliatoio è molto semplice, insiste su alcuni concetti fondamentali: lavoro duro, rispetto reciproco, forza del gruppo. Chi è stato (ed è) un suo calciatore racconta quell’esperienza usando le stesse parole di Daniele De Rossi: “È difficilissimo essere un suo giocatore perché ti chiede il massimo, ti succhia via tutte le energie, ma è appagante”.
A cura di Maurizio De Santis
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Pretende molto dai suoi calciatori, è disposto a tutto per loro. La gestione dello spogliatoio di Antonio Conte non prevede particolari alchimie psicologiche ma insiste su alcuni concetti molto semplici. Gli uni legati agli altri costituiscono l'impalcatura del suo pensiero: la coesione del gruppo è il presupposto fondamentale dal quale partire per creare una squadra forte; la coesione la ottieni anzitutto con il rispetto reciproco; il rispetto reciproco implica la sincerità anche estrema di "parlare con il cuore in mano" e dirsi tutto faccia a faccia all'insegna del "pane al pane e vino al vino, questo è importante più di ogni altra cosa che si dice all'esterno".

È anche per questo motivo che i calciatori sono pronti a sopportare ogni cosa: entra loro nella testa, li stimola, sa quali sono le corde giuste da toccare, impartisce ordine con la stessa decisione del sergente Hartman ma in quel campo di battaglia che può essere il rettangolo verde sai che non ti abbandonerà mai. E sarà lì, accanto a te, in trincea. Basta ascoltare le parole di Daniele De Rossi, che con Conte ha condiviso l'esperienza in Nazionale all'Europeo, per comprendere quale sia la capacità del tecnico salentino di creare quell'unione che fa la forza, trarre il massimo da chi è pronto a seguirlo.

"Antonio Conte mi è entrato dentro. In Nazionale ci ritrovammo in 40, 50 persone a piangere in una stanza dopo essere stati eliminati dalla Germania ai calci di rigore. Non era certo l'Italia più forte in cui avessi giocato ma era una squadra che dava tutto e la gente lo aveva capito".

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Il merito di quel collettivo? Tutto di Conte. L'ex calciatore della Roma ne parla con entusiasmo, quasi sembra che la pellicola dei ricordi gli scorra davanti agli occhi quando ripensa a quei momenti, quando ripercorre tappe della carriera.

"Conte aveva creato e costruito qualcosa di diverso. L'ha fatto la Juve, l'ha fatto al Chelsea, può farlo con l'Inter. È difficilissimo essere un suo giocatore perché ti chiede il massimo, ti succhia via tutte le energie, ma è appagante. È un uomo leale, posso dirlo con certezza perché con me lo è stato. Una volta alzò il telefono e mi disse: ‘Se continui a giocare così, non ti porto all'Europeo, non mi servi a niente'. Meglio lui che dice le cose come stanno anziché quelli che ti sfondano da dietro".

Ti chiede il massimo, ti succhia via tutte le energie ma dà tutto. Tenete a mente queste due frasi, saranno le stesse che faranno eco nel racconto di altri calciatori che hanno lavorato o lavorano con l'ex ct azzurro. "Le sue richieste ci fanno crescere, sa bene come si vince e cerchiamo di seguire i suoi consigli – ha ammesso Danilo D'Ambrosio -. Ci ha ribaltato lo spogliatoio".

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Alla Juventus, nonostante l'addio traumatico che in quell'estate spianò la strada ad Allegri, c'è chi ancora conserva un ottimo ricordo di Conte. "Non so se giocherò ancora per tanto tempo – disse Giorgio Chiellini – ma spero di averlo sempre al mio fianco". Il motivo? È nell'incipit del paragrafo: ti chiede tutto, ti dà tutto se stesso.

Lo ha ribadito anche Gigi Buffon che parla dell'ex allenatore con grande professionalità. "Non potrei mai muovergli alcuna colpa, perché conosco il professionista e l'uomo che è di una estrema correttezza. Se la sua squadra non mette in pratica quello che chiede è capace di stare così male da non dormire la notte. Alla Juventus ha dato tutto se stesso e insieme abbiamo conquistato grandi risultati".

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