Qual è il vero obiettivo della rivoluzione low cost del Napoli sul mercato
Il Napoli ha voltato pagina. Lo si era già visto, con gli addii di chi ha costruito un pezzo di storia recente del club partenopeo, tra cessioni ben remunerate e mancati rinnovi contrattuali. Il nuovo corso, che sta rilanciando in questi ultimi giorni le ambizioni degli azzurri, segue però lo stesso filo conduttore di qualche settimana fa: i costi vanno tenuti sotto controllo. Il tetto ingaggi si mantiene al di sotto dalle soglie degli anni passati e sui cartellini, De Laurentiis lavora per alleggerire quanto più possibile il loro peso sul bilancio. Perché l'obiettivo, dal punto di vista contabile, è già stato fissato da mesi: ripianare entro il 2026 la più grossa perdita dell'era FilmAuro, i 58,9 milioni di rosso registrati nel 2021. Un vuoto da colmare abbassando i costi e cercando di mantenere la squadra ai vertici del calcio europeo, con la presenza in Champions League come obiettivo primario.
Quanto pesano gli ultimi acquisti nelle casse del Napoli
La raffica di acquisti ufficializzati negli ultimi giorni segue proprio questa linea. Simeone, Raspadori e Ndombele, i tre colpi con cui il Napoli vuole reinserirsi nella lotta per le posizioni di vertice, arrivano con formule pressoché simili. Il Cholito, formalmente, è in prestito dal Verona, a cui è stato riconosciuto un conguaglio di 3,5 milioni di euro. Solo in caso di raggiungimento di determinati obiettivi sportivi (tra cui la qualificazione in Champions League, guarda caso, oppure le 20 marcature), scatterà il riscatto obbligatorio per ulteriori 12 milioni. Nell'esercizio in corso, però, Simeone ha un peso di soli 6,7 milioni, tra prestito e stipendio (circa 3,2 milioni lordi). Stessa cosa per Raspadori: 5 milioni per il prestito (gli altri 30 milioni sono per il riscatto e per i bonus) e poco più di 4,5 milioni lordi di ingaggio, per circa 9,5 milioni di costi effettivi nella stagione 2022/23. Ancora meno per Ndombele, tra i 500 mila euro di prestito dal Tottenham e un ingaggio pari a quello di Raspadori, con i londinesi che pagheranno la restante parte.
Per gli ultimi tre "botti" di mercato, dunque, il Napoli sta impegnando poco più di 21 milioni di euro nell'anno corrente. Se si verificheranno le condizioni per i riscatti (siano essi obbligatori o meno), allora il peso nei bilanci successivi andrà aumentando, seguendo però la spending review avviata a partire da quest'estate. Nella stagione 2021/22, erano in sette a superare la soglia dei 2,5 milioni di euro netti, ovvero la cifra massima prevista per i nuovi arrivati. Con le partenze di Koulibaly, Insigne e Mertens – tutti ben al di sopra di questo tetto – è evidente che il monte ingaggi degli azzurri abbia subito una consistente sforbiciata. Necessaria, anche al netto di investimenti onerosi sui cartellini (come i 19,5 milioni per Kim, gli 11 milioni per Olivera e i 10 milioni per Kvaratskhelia), per abbassare i costi della società e iniziare il percorso che dovrà portare al ripianamento della perdita da quasi 59 milioni entro il 2026.
Quanto vale il ritorno in Champions League per il Napoli
Un percorso che si affida al mercato, ma che deve inevitabilmente passare anche dal campo. La qualificazione alla Champions League di questa stagione è già di per sé una manna dal cielo, per il Napoli: tra quota di partecipazione per la fase a gironi (15,64 milioni di euro), quota legata al ranking storico (17 milioni di euro) e premio per il terzo posto in Serie A (5 milioni di euro dalla Uefa e 16,8 milioni dalla Lega) si superano i 54 milioni di ricavi garantiti, a cui aggiungere la ripartizione del market pool, i premi in base ai risultati ottenuti nella competizione e il plus dei ricavi dal botteghino per le partite casalinghe in campo europeo. La base minima di 60 milioni, dunque, è pressoché garantita. Poi, il tesoretto ricavato dalla cessione di Koulibaly al Chelsea per 38 milioni di euro più bonus, è un'ulteriore aggiunta, ma da sola non basta per ripianare la perdita record che il club ha rinviato al 2026.
Per questo, in previsione di un aumento dei ricavi con la partecipazione alla Champions League, il Napoli lavora sul taglio dei costi. Più della metà di questi, nel 2021, era ascrivibile proprio al personale: 154,5 milioni, di cui 149,4 solo per i tesserati, dunque giocatori, allenatori e dirigenti. L'abbassamento del tetto ingaggi servirà a ridurre questo peso su una voce in costante aumento negli ultimi anni (252 milioni di costi totali nel 2019, 294,9 milioni nel 2020 e 306,6 milioni nel 2021), con l'obiettivo di incamerare nuovamente utili e poter riequilibrare i conti. Cercando di non compromettere più di tanto la competitività sul terreno di gioco: Raspadori è un giovane nell'orbita della nazionale (nonché campione d'Europa nel 2021, pur avendo giocato solo 15 minuti nel torneo), Simeone ha realizzato 17 reti nello scorso campionato a Verona, mentre le "scommesse" Kim e Kvaratskhelia hanno convinto sin dall'esordio. Acquisti che non sono stati certo low cost, ma che almeno per quest'anno, alleggeriranno i costi del Napoli, atteso al ritorno in Champions League dopo due stagioni di assenza.