Processo plusvalenze, tutti prosciolti tra club e dirigenti: figuraccia della Procura Federale

Tutti prosciolti in primo grado nell'inchiesta sulle plusvalenze nel calcio. Il Tribunale Federale Nazionale ha deciso di non sanzionare Juventus, Napoli e le altre nove società coinvolte, oltre ai 59 dirigenti inseriti nel fascicolo. Le tesi della Procura Figc sono state respinte e spazzate via perché, in buona sostanza, non convincono né i metodi adottati dagli inquirenti per individuare parametri economici congrui da contrapporre a quelli riconosciuti come alterati, né è stato possibile identificare con ragionevole certezza probatoria qual è il confine legale entro il quale dovrebbero muoversi la società che vende un giocatore (di cui ne detiene il cartellino e ne fa il prezzo) e un'altra che accetta le condizioni della transazione per chiudere l'affare.
La "falla" che era stata individuata dalle società s'è rivelata fatale minando l'intero castello accusatorio. Non è possibile tracciare in modo oggettivo il prezzo di un cartellino perché conseguenza di un accordo tra privati nell'ambito di un libero mercato. A corredo di questa interpretazione c'erano anche altri due dettagli dirimenti: nel caso specifico delle quotazioni attribuite dai calciatori non ci sono prescrizioni normative né principi contabili definiti; la stessa Procura della Figc si sarebbe basata su consulenze e deduzioni apparse molto aleatorie. In particolare, la tesi difensiva aveva fatto perno proprio sul ricorso al sito Transfermarkt utilizzato dai pm come indice di riferimento.
Il Tribunale Federale Nazionale – si legge nella nota ufficiale della Federcalcio – presieduto da Carlo Sica ha prosciolto tutte le società, i dirigenti e gli amministratori dei club che erano stati deferiti dalla Procura Federale per avere contabilizzato nelle relazioni finanziarie plusvalenze e diritti alle prestazioni dei calciatori per valori eccedenti a quelli consentiti dai principi contabili. Le motivazioni saranno rese note nei prossimi giorni.

La lettura dispositivo dà contezza del verdetto che spiazza e, al tempo stesso, mette in cattiva luce la stessa Procura federale che aveva acceso i riflettori sui presunti (e adesso smentiti) artifici contabili utilizzati dalle società gonfiando (era questo il capo d'imputazione) il valore dei calciatori nelle trattative di mercato per accomodare i bilanci generando plusvalenze fittizie del valore complessivo di 110 milioni di euro.
In alcuni casi, aveva prevalso anche il sospetto che questi espedienti fossero necessari per aggiustare a tal punto la situazione finanziaria da garantire l'iscrizione ai campionati. Un'ipotesi quest'ultima che era già decaduta al momento delle richieste formulate dalla Procura: nessuna penalizzazione in classifica (nemmeno per le squadre considerate maggiormente a rischio) ma solo inibizioni e ammende molto salate.

È finito tutto in nulla di fatto, compresi timori che erano stati alimentati dall'articolo 31 (comma 1 e 2) e dall'articolo 4 del Codice di Giustizia Sportiva: per il Tribunale Federale non c'è stata alcuna "violazione delle norme federali in materia gestionale ed economica", "né falsificazione dei documenti contabili o amministrativi mediante qualsiasi altra attività illecita o elusiva", né si è prefigurato il caso della "mancata lealtà". Una sconfitta imbarazzante per il procuratore federale Giuseppe Chinè, che aveva chiesto per il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, 12 mesi di inibizione e per il numero uno del Napoli, Aurelio De Laurentiis, 11 mesi e 5 giorni (oltre a una serie di provvedimenti per gli altri dirigenti).
Una sentenza pesante anche per il messaggio trasmette e i risvolti: da un lato prende forza l'impressione di abbaglio e azzardo clamorosi da parte degli inquirenti, addentratisi in una materia poco chiara e di difficile interpretazione (perché sulla valutazione di mercato dei calciatori non esistono parametri economici normati da leggi o regolamenti), dall'altro mette una pietra messa sopra (anche) alla possibilità che in futuro siano svolte indagini ulteriori o che il caso sia riaperto, lasciando le mani libere a società e dirigenti.