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Poyet racconta gli eccessi del calcio inglese: “Alcuni bevevano e poi si allenavano senza problemi”

L’arrivo a Londra per Poyet è stato un vero shock culturale: “Sono rimasto scioccato dalla cultura del bere. La prima notte fuori mi hanno dato una birra”
A cura di Ada Cotugno
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In Inghilterra tra la fine degli anni '90 e l'inizio del 2000 il calcio era un mondo diverso: era l'epoca degli eroi cult, dei bad boys e dei miti diventati leggende con le maglie più gloriose. Ma era anche un periodo di eccessi e di sregolatezza dove la vita fuori dal campo non era controllata come lo è oggi. Non era strano vedere grandi giocatori seduti al bancone del pub con una pinta in mano e spesso le controversie erano all'ordine del giorno con i nomi più importanti. A regalarci un tuffo indietro nel tempo ci ha pensato Gus Poyet, compagno di Gianfranco Zola nelle mille avventure al Chelsea e testimone dell'epoca d'oro del calcio inglese, quella che oggi si intravede in qualche fotografia e sulle maglie che i tifosi conservano gelosamente come pezzi da collezione.

Poyet sbalordito dai comportamenti dei giocatori inglesi

L'uruguaiano ha reso grande il centrocampo del Chelsea e sono infiniti gli aneddoti che ha raccontato al Times, partendo dai grandi ricordi costruiti con Zola fino al racconto di quegli anni trascorsi nel calcio inglese. I bad boys dominavano la scena e le più grandi squadre d'Inghlterra si contendevano il trono prima dell'avvento della moderna Premier League, quando il calcio era ancora fatto di entrate dure senza esclusione di colpi e fuori dal campo gli eccessi abbondavano.

Comincia proprio qui il racconto di Poyet che ha vissuto uno shock culturale quando si è trasferito a Londra per la prima volta, una città che non ha mai smesso di sentire sua anche adesso che allena in giro per il mondo. Per lui, nato a Montevideo e cresciuto calcisticamente in Spagna al Saragozza l'approdo in Inghilterra non è stato semplice, a cominciare dalla vita sociale e dagli incontri con i compagni di squadra fuori dal campo: "Sono rimasto scioccato dalla cultura del bere. Ricordo che ero infortunato, era la mia prima notte fuori. Mi hanno dato una birra e io la tenevo in mano, non sapevo se avrei bevuto. Poi me ne portano un'altra e me la mettono nell'altra mano".

Cosa fare quindi? Semplice, seguire il passo degli altri cercando di non eccedere mai per poter rendere bene con il Chelsea: "Mi sono adattato. Sapevo che bisognava dare qualcosa di sé e anche se non ero un gran bevitore dovevo essere presente. Parte della squadra. Così non mi sono mai perso una serata, ma ho fatto a modo mio". Un comportamento molto saggio che ha permesso a Poyet di non rinunciare alla vita sociale, pur senza cadere sempre nella tentazione dell'alcol.

Non tutti però si sono comportati come lui e gli aneddoti che racconta sono strabilianti: "Per le serate natalizie a Londra i giocatori si riunivano alle due, ma io arrivavo alle sette. Se avessi iniziato alle due anche io… Non voglio fare nomi, ma il modo in cui alcuni riuscivano a bere era incredibile. E il giorno dopo si allenavano, senza problemi. Io invece sarei rimasto in coma per sette giorni".

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