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Plusvalenze, l’ennesimo buco nell’acqua: il fallimento del “sistema Transfermarkt”

La Procura Federale, nel processo sportivo sul caso plusvalenze finito con un liberi tutti, si è affidata alle valutazioni di Transfermarkt, noto portale calcistico, già in passato bocciate dalla giustizia sportiva e ordinaria.
A cura di Benedetto Giardina
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Il “sistema Transfermarkt” fallisce ancora. Il noto portale tedesco non c’entra nulla, anzi: è e rimane una delle più affidabili fonti per tutto quel che riguarda statistiche sul calcio e sul calciomercato. Non al punto da diventare un parametro scientifico per calcolare i valori dei cartelli, però. La Procura Federale, eppure, lo ha fatto. Senza prendere in considerazione i precedenti, che avevano bocciato tale sistema sia in ambito di giustizia sportiva, sia in ambito di giustizia ordinaria. Che possa esistere un modo per valutare se una plusvalenza sia corretta o meno, in questo caso, c’entra poco. Che alla base ci sia un calcolo senza alcuna valenza scientifica, invece, sì. Lo conferma la decisione del Tribunale Federale Nazionale che ha prosciolto tutti i club e i dirigenti coinvolti nel caso plusvalenze.

Il dispositivo con cui il TFN ha prosciolto tutti i soggetti coinvolti nel processo plusvalenze
Il dispositivo con cui il TFN ha prosciolto tutti i soggetti coinvolti nel processo plusvalenze

Il precedente: un triangolo tra Atalanta, Fiorentina e Perugia

La giustizia sportiva si era già espressa in merito riguardo al passaggio di Gianluca Mancini dal Perugia all’Atalanta. Il difensore, oggi di proprietà della Roma, era stato precedentemente ceduto a titolo gratuito dalla Fiorentina al club umbro, il quale a sua volta si impegnava «a corrispondere il 50% del valore delle somme che avrebbe incassato effettivamente a qualunque titolo per la futura cessione». La valutazione data al momento del suo passaggio all’Atalanta è stata di 200 mila euro, cifra contestata dai viola, secondo cui «il reale prezzo di mercato del calciatore Mancini si sarebbe dovuto attestare intorno ad euro 1,5 milioni» e al momento del ricorso avrebbe pure raggiunto una quotazione di 4,8 milioni. Stando alle dichiarazioni rilasciate a CalcioNapoli24 dall’avvocato Eduardo Chiacchio, all’epoca legale del Perugia, tale valutazione sarebbe stata fatta proprio in base ai dati pubblicati su Transfermarkt.

La sezione vertenze economiche del Tribunale Federale Nazionale, nel marzo 2019, è stata chiara: «Tali quotazioni, inserendosi in una contrattazione di libero mercato, non sono infatti ancorate a fattori valutativi normativamente predeterminati o predeterminabili. Difettano, in sostanza, uniformi e oggettivi criteri di valutazione dell’effettivo valore dei calciatori: non vi sono dei parametri certi di riferimento o unanimemente condivisi in ordine all’oggettivo valore di cessione di un calciatore». Tanto più in un caso dove c’è un terzo contendente, che accusa le altre due società di aver messo «in atto un accordo simulatorio» volto a sottrarre una cifra stimata in 475 mila euro. Quelli che, a dire della Fiorentina (la quale si è affidata alla perizia del dottor Buttignon) sarebbero dovuti entrare nelle casse gigliate se Mancini fosse stato ceduto ad un importo maggiore rispetto a quello effettivamente concordato da Perugia e Atalanta.

Gianluca Mancini (a destra) ai tempi del Perugia
Gianluca Mancini (a destra) ai tempi del Perugia

Quando Transfermarkt venne “bocciato” dal Tribunale di Palermo

Non bastasse la giustizia sportiva, anche la giustizia ordinaria ha bocciato Transfermarkt come fonte di riferimento per individuare le valutazioni dei cartellini. Lo ha fatto la sezione fallimentare del Tribunale di Palermo nel 2018, respingendo l’istanza di fallimento dell’Us Città di Palermo (poi fallita nel 2019 a seguito della mancata iscrizione in Serie B). In quell’occasione, la Procura palermitana si avvalse della perizia prodotta dal consulente Alessandro Colaci, secondo cui il valore dell’organico – in base alle stime del sito tedesco – si sarebbe attestato sui 19,8 milioni di euro. Il collegio di consulenti nominato dallo stesso tribunale, invece, ha respinto tale ipotesi, assegnando al parco calciatori del Palermo una valutazione di 58,4 milioni di euro. Una cifra maggiore persino rispetto a quella consegnata dalla difesa del club siciliano, la quale a sua volta si era basata sull’algoritmo di Wallabies (indicando un valore di 42,3 milioni di euro).

A smentire quelle valutazioni, giusto pochi mesi dopo, intervenne proprio il mercato: il Palermo riuscì a vendere il solo La Gumina a 9 milioni di euro, aggiungendo poi altri 6 milioni per la cessione di Coronado e altri 3 milioni per Gnahoré, il cui conguaglio sta ancora portando soldi nelle casse della curatela fallimentare dell’ormai scomparso club siciliano. Con soli tre elementi, dunque, quell’organico raggiunse una valutazione di mercato pari a 14 milioni di euro, a fronte di un valore complessivo di nemmeno 20 milioni assegnato in quell’occasione dal consulente della Procura.

I calciatori più costosi della Serie A secondo le stime di Transfermarkt
I calciatori più costosi della Serie A secondo le stime di Transfermarkt

Transfermarkt specifica: i valori possono non rispecchiare i costi

Al terzo tentativo, almeno tra quelli noti, il “sistema Transfermarkt” non supera l’esame. Se sia stato considerato attendibile o meno, lo si capirà solo una volta pubblicate le motivazioni. Intanto, l’assegnazione di valori ai calciatori sulla base di quanto riportato online non è bastato per sostenere la tesi della Procura Federale, specialmente se si considera che tali valori vengono assegnati dai membri della community (pur seguendo delle linee guida) e non da esperti contabili. Sulle FAQ dello stesso portale viene inoltre specificato come non sia «possibile stabilire un regolamento che chiarisca da subito ogni dubbio e non lasci spazio ad interpretazioni e discussioni». Infine, «i VdM (valori di mercato, ndr) non vanno equiparati al possibile costo di trasferimento di un giocatore: l’obiettivo principale è quello di fare una stima del prezzo al netto di alcune importanti variabili». Il mercato, poi, va per la propria strada.

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