Platini, cosa succedeva al San Paolo se il Napoli stava vincendo con la Juve: “Il pallone spariva”
Scrivi Michel Platini e dal passato riemerge nitida tutta l'eleganza inarrivabile di Le Roi, che in Italia i tifosi della Juventus si sono goduti per cinque anni, tra il 1982 e il 1987. Anni in cui i bianconeri allenati da Trapattoni hanno vinto tutto: due Scudetti, Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe, Supercoppa europea, Intercontinentale. Anni meravigliosi: era un calcio di altri tempi, profondamente diverso da quello di oggi. Altra velocità e componente atletica, sicuramente. Ma anche vicende che oggi sono inimmaginabili e possono far sorridere, come quella che il numero 10 francese racconta rievocando gli accesi confronti in casa del Napoli.
"A Napoli il pallone spariva quando gli azzurri vincevano"
"Era sì un altro calcio, per carità! Un po' più lenti e con tante perdite di tempo. Buttavi il pallone in tribuna e arrivava dopo cinque minuti. Al San Paolo, se il Napoli vinceva, anche dopo venti… – spiega ridendo a Tuttosport il 68enne ex presidente dell'UEFA – E poi c'era il retropassaggio al portiere. Orgoglioso di averlo tolto io, perché ha cambiato il calcio in meglio. E il portiere è diventato un giocatore. Ho tolto il retropassaggio e introdotto il rosso diretto per i falli da dietro. Due cambi di regolamento per migliorare lo spettacolo e credo di esserci riuscito".
Sono passati quasi 40 anni da quando Platini si ritirò giovanissimo – nel 1987, a soli 32 anni – e il calcio ha avuto un'ulteriore evoluzioni negli ultimi due decenni: "Se negli ultimi vent'anni il calcio è migliorato o peggiorato? Mmmm, è complicato. Per me il calcio come evento in uno stadio è migliorato, però i giocatori mi sembrano un po' tutti uguali, un po' stereotipati o, comunque, fatti perché in una squadra sia più importante l'allenatore rispetto ai calciatori che non osano più, non dribblano, non provano a inventare qualcosa, sono frenati dagli allenatori".
Michel Platini contro gli allenatori troppo protagonisti: "Ma lascialo giocare"
"Non è il calcio dei calciatori, ma il calcio degli allenatori oggi, con meno talento, meno fantasia, più corsa e posizionamento – sentenzia il vincitore di tre Palloni d'Oro di fila – Credo che si dovrebbe tornare un po' al calcio dei calciatori, è più divertente. E poi ci sono sei-sette squadre che concentrano i migliori giocatori del mondo e questo è un po' meno divertente, perché ai miei tempi erano più distribuiti. Poi, attenzione, il gioco rimane divertente, ci sono dei grandi campioni che mi divertono. Dopo però quando vedo un giocatore che entra in campo e l'allenatore gli mostra il foglio con gli schemi… beh, quello mi sta sulle palle: ma lascialo giocare, no?".
Con Trapattoni, altro che foglietti… "Ma va! Io sono arrivato in una Juventus in cui tutti sapevano cosa dovevano fare. Tardelli, Cabrini, Bonini… tutti conoscevano il loro compito. Magari io e Boniek abbiamo un po' spinto per giocare in po' più in attacco, con il supporto di Bettega e Rossi. E in quel periodo avevamo un po' rotto la tradizione juventina, eravamo un po' più francesi. Poi nei miei ultimi anni si è tornati a una Juve più bonipertiana e io da venti gol sono passato a due…".