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Pierpaolo Marino in cattedra: “Nella vicenda Osimhen hanno perso tutti, così è cambiata la figura del direttore sportivo”

Pierpaolo Marino a Fanpage.it ha analizzato il mercato fatto dalle squadre di Serie A, soffermandosi su alcune piazze come Napoli, Atalanta e Udinese; e ha spiegato, con esempi pratici e aneddoti, il modo in cui è cambiato il lavoro del direttore sportivo negli ultimi quarant’anni.
A cura di Vito Lamorte
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Pierpaolo Marino è uno dei dirigenti più bravi e apprezzati d’Italia degli ultimi quarant’anni. La sua competenza e le sue conoscenze sono alla base del suo lavoro, che negli anni ha portato sempre grandissimi risultati in qualsiasi piazza è passato.

Avellino, Napoli, Roma, Pescara, Atalanta e Udinese: il nome del dirigente irpino in queste piazze non sarà mai indifferente perché le scelte fatte e il suo modo di operare hanno portato sempre risultati evidenti che hanno dato vita a qualcosa di importante.

Nella sua città natale è stato il direttore sportivo più giovane della Serie A, a Napoli ha vinto con Maradona e ha posto le fondamenta del ciclo di De Laurentiis, ha creato un modo di operare sul mercato all’Udinese che è stato ripreso da tanti ed è stato fondamentale per la nascita del ciclo dei Percassi all’Atalanta. Questo è Pierpaolo Marino.

A Fanpage.it il dirigente irpino ha analizzato il mercato fatto dalle squadre di Serie A e ha spiegato, anche con esempi pratici e aneddoti, com'è cambiato il lavoro del direttore sportivo in una squadra di calcio negli ultimi quarant’anni.

Pierpaolo Marino dopo una partita nell'ultima esperienza a Udine.
Pierpaolo Marino dopo una partita nell'ultima esperienza a Udine.

Che mercato è stato quello dell’estate 2024 per le squadre di Serie A?
"Si sono viste delle operazioni interessanti ma, soprattutto, si è visto che, contrariamente agli anni passati, ci sono parecchi club anche importanti che hanno lavorato molto negli ultimi giorni. I problemi di ricostruzione alcune squadre sono state rinviate fino all'estremo della sessione, mentre in passato le squadre che stavano alla sinistra della classifica in genere concludevano il proprio mercato di acquisizioni prima di Ferragosto“.

Qual è il club che si è mosso meglio, e perché.
"Mi ha colpito diciamo la tempestività, l'aggressività al mercato che ha fatto l'Atalanta, gli acquisti che ha fatto il Napoli, la ristrutturazione della Juventus e poi la strategia dell'Inter di Marotta, che ha praticamente riconfermato tutti e ha fatto quegli innesti che servivano”.

Cosa pensa del nuovo Napoli: riuscirà a diminuire il gap con la vetta della classifica?
"Sono arrivati giocatori importanti ed è arrivato Conte, che ha determinato anche questa svolta negli investimenti. Però Buongiorno, McTominay, Neres, Lukaku, Gilmour.. insomma, giocatori importanti. Una vera e propria rifondazione. Peccato che siano rimasti un po’ col cerino in mano con Osimhen, altrimenti la campagna acquisti si sarebbe chiusa anche con un risultato economico lusinghiero, oltre che con ottimi risultati".

L'accoglienza dei tifosi del Galatasaray per Osimhen.
L'accoglienza dei tifosi del Galatasaray per Osimhen.

Si poteva gestire meglio la vicenda Osimhen?
"In questa vicenda ci hanno perso tutti. Adesso è arrivato il prestito al Galatasaray, che è un grande club, ma per Osimhen si parlava di altri tipi di squadre indipendentemente dall'ingaggio, perché poi a certi livelli l'ingaggio diventa secondario rispetto a fare la Champions League o lottare per certi obiettivi”.

L’Atalanta è il club che ha fatto più passi in avanti sia dal punto di vista sportivo che societario: che cos’ha la Dea più degli altri oggi.
"Ha una grandissima proprietà, fatta da imprenditori facoltosi e capaci. Ma non è solo quello. Poi c'è una partecipazione della tifoseria che è molto appassionata, quando poi iniziano a venire i risultati diventa un contesto molto virtuoso. La causa principale è l'arrivo dei Percassi in società, la programmazione che fanno dell’Atalanta come fosse una loro azienda. Loro, in tutte le aziende che hanno fuori dal calcio, hanno sempre ottenuto risultati straordinari“.

L’Udinese era la regina dello scouting, cosa è successo in casa friulana negli ultimi anni?
"Nella prima parentesi abbiamo trasformato un po' la politica dell'Udinese con la sala video, con l'area dello scouting globale: era il 1997. Abbiamo fatto delle cose importanti e sono state la base pure di quel ciclo successivo. Quando io sono andato a Napoli vent'anni fa, nel 2004, avevo completato la squadra con l’arrivo di Di Natale, che era l'ultimo acquisto che avevo fatto il 30 agosto: non dimentichiamo che quell’Udinese andò in Champions League con Spalletti. Non è cambiato nulla per quanto riguarda lo scouting ma ci sono molte società che hanno imitato quel modello lì, dell’Udinese di fine anni ’90 e principio millennio. Oggi è più difficile arrivare per primi anche sui giocatori, su talenti sconosciuti. Poi tutti hanno cominciato a sfruttare i supporti audiovisivi, tipo Wyscout, e quindi hanno tutti messo su dei reparti scouting importanti. Sono cresciuti un po’ tutti sotto questo punto di vista. Non dobbiamo dimenticare, però, che la proprietà dell’Udinese ha in mano due club importanti, perché c'è anche il Watford, quindi gestire la contestualità non è mai semplice”.

Pierpaolo Marino.
Pierpaolo Marino.

Lei è stato un dirigente di riferimento per molti anni: ci parli dei compiti di un direttore sportivo all’interno di una società, visto che spesso si discute di questa figura facendo molta confusione.
“Oggi la figura del direttore sportivo è cambiata molto perché quando ho cominciato io, alla fine degli anni ’70, era il cuore pulsante dell'organizzazione societaria, in quanto a queste figure era chiesto di andarsi a cercare i giocatori perché non c'erano i reparti scouting, non c'era l'audiovisivo per cui non vedevi neanche le partite di Serie A in televisione, ma c'erano solo spezzoni. I direttori sportivi erano costretti a girare, avevano in mano il mercato e siccome i club non avevano grandissimi introiti, perché non c'erano le televisioni ma avevano solo gli introiti del botteghino, i proprietari si dedicavano più alle loro aziende che alle società. Oggi questo è cambiato, ci sono molte proprietà che si dedicano direttamente alla gestione dei club e quindi tolgono spazio alle funzioni vitali dei direttori sportivi. Il direttore sportivo è diventato soprattutto uno che cura il completamento della campagna acquisti insieme alla proprietà e consultando il reparto scouting, ma la sua funzione più importante è quella della quotidianità della squadra e del lavoro dell'allenatore da condividere e da dirigere”.

Abbiamo detto che il modo di operare dei direttori sportivi è cambiato tanto negli anni: quante VHS ha visto prima di prendere Lavezzi.
"Molte. Siccome allora non c'era Wyscout, ero riuscito, a pagamento naturalmente, a trovare un'agenzia in Argentina, a Buenos Aires, che mi registrava tutte le partite della giornata del campionato di Apertura e Clausura. Lì c'era già lo spezzatino, quindi le partite si giocavano dal sabato al martedì: il mercoledì mattina mi facevano il pacco con dieci partite dentro e il sabato successivo io già le avevo sul tavolo a Castelvoltuno. Alla fine credo di aver lasciato lì migliaia di videocassette".

Pierpaolo Marino alla presentazione di Hamsik e Lavezzi.
Pierpaolo Marino alla presentazione di Hamsik e Lavezzi.

Lei è stato, a 24 anni, il più giovane direttore generale in Serie A con l'Avellino: sarebbe possibile oggi una cosa del genere?
"Quando Marotta lo era in Serie B col Varese, io ero il più giovane in Serie A. E lui aveva addirittura due anni meno di me. Sono stato 8 anni ad Avellino, poi andai al Napoli e alla Roma: ora che ci penso per una decina d'anni sono stato il più giovane in Serie A. Io ho vissuto il periodo del terremoto del 1980 e portammo la squadra in giro per l’Italia dopo quella tragedia. Nel 1982 ci fu l’arresto di Sibilia e io rimasi plenipotenziario perché le azioni erano congelate: ho tenuto l’Avellino in Serie A praticamente senza una proprietà facendo l'equilibrio gestionale. È stato un miracolo: eravamo l’Atalanta e l’Udinese degli anni ’80. Oggi sarebbe impossibile vedere ds di quell’età perché in genere i direttori sportivi vengono selezionati fra gli ex giocatori, per cui un giocatore si mette a 34-35 anni, poi deve fare i corsi e deve mettere a posto le cose, in genere quando uno è precoce arriva a 38-39 anni a fare il direttore sportivo".

Lei ha vissuto il Napoli di Maradona, che a distanza di anni è un idolo per tantissime generazioni di appassionati: ci racconti l’aneddoto che lo lega di più a Diego?
"I ricordi sono tanti. Sicuramente lo Scudetto, la Coppa Italia, ma il momento più esaltante è stato quando mi sono trovato con lui nello spogliatoio dell’Azteca a Città del Messico il 29 giugno 1986, quando ha vinto la Coppa del Mondo. Eravamo io e Carmando, che era il massaggiatore, e avevamo accompagnato Maradona. Tra l’altro, era il mio onomastico e mi pareva di sognare. Io ho visto sia le finali di Coppa del Mondo dell’Italia del 1982 a Madrid e quella del 2006 a Berlino ma l'unica nazionale con cui sono stato nello spogliatoio nel momento della vittoria è stata con l'Argentina".

Maradona esulta con la Coppa del Mondo allo stadio Azteca: anche Marino era presente alla festa argentina di Città del Messico.
Maradona esulta con la Coppa del Mondo allo stadio Azteca: anche Marino era presente alla festa argentina di Città del Messico.

 "I miei metodi sono diversi da quelli di Moggi". Questa è una sua frase che ho ritrovato in un articolo degli anni’80: ci racconti il contesto e ce la motiva?
"È una frase del periodo anni ’80 quando venivamo considerati i migliori direttori sportivi in Italia. Io vinsi lo Scudetto prima di Moggi quando è venuto a sostituirmi a Napoli e lui non aveva ancora vinto campionati. I metodi di Moggi erano basati su alleanze di mercato molto forti e noi avevamo un gruppo di direttori sportivi più indipendenti, di cui faceva parte anche Marotta, ma riuscivamo a controbattere provando ad infiltrarci in queste maglie e a fare operazioni di mercato con società che erano nel giro di Moggi. Non era una critica a Moggi, lui era strategico in questo ed era bravo. Gli altri direttori sportivi, quelli che erano fuori dalla sua cerchia, dovevano difendersi facendo altro. Io l’ho ammirato per i risultati che ha ottenuto ma noi avevamo una filosofia e lavoravamo in maniera diversa. Tutto qua".

Quando rivedremo Pierpaolo Marino di nuovo in pista?
"Non dipende da me. Deve arrivare un'occasione che deve essere, naturalmente, gratificante e che mi deve mettere in condizione di chiudere bene, magari fondando un ciclo in un'altra società dopo quelli che ho fatto. Una parentesi ancora la desidero e cercherò di farla nella maniera migliore, non accettando quello che arriva perché non ne ho bisogno".

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