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Perché Orsato in TV a 90° minuto si è ritrovato a parlare del fallo di Pjanic di tre anni fa

Con Daniele Orsato ospite in TV, a 90° minuto, l’Aia ha inaugurato un nuovo percorso sul piano della comunicazione: portare gli arbitri a parlare, spiegare, chiarire. Ma come mai, in occasione di un evento a suo modo storico, la discussione si è soffermata sull’analisi di un episodio controverso risalente a tre anni fa? Una scelta non casuale.
A cura di Sergio Chesi
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Ma come? Per la prima volta da secoli un arbitro si presenta a parlare in diretta TV e gli si chiede conto di un errore commesso tre anni fa?

È stata questa, descritta in parole semplici, la reazione più diffusa alla partecipazione di Daniele Orsato a 90° minuto. La prima di tante, nei piani di Alfredo Trentalange, da un paio di settimane a capo dell’Aia con l’obiettivo di portare il mondo arbitrale nel futuro. Tra i cardini del suo programma, la svolta comunicativa: aprire gli arbitri al dialogo, metterli davanti ai microfoni per favorire la conoscenza del regolamento ed educare i tifosi ad un nuovo modo di approcciare al calcio.

Obiettivo senza dubbio ambizioso. L’Italia è il paese in cui un arbitro torna a parlare in diretta televisiva a distanza di anni dall’ultimo precedente, affronta svariate tematiche, anche importanti, ma l’attenzione si catalizza sulla risposta più vicina alle discussioni da bar sport: "Sì, sul fallo di Pjanic in Inter-Juve ho sbagliato". E qui si torna alla domanda di partenza. Per quale motivo, in presenza di un evento a suo modo storico, si è andati a ripescare una storia vecchia di tre anni?

Perché l'intento, a lungo termine, è stroncare sul nascere altri casi Orsato-Pjanic. Non l'errore in sé, che rientra nella natura umana e continuerà a sopravvivere negli anni anche a fronte di un utilizzo sempre più intensivo della tecnologica. Ma quella scia di ombre, sospetti e interpretazioni che anni di silenzio hanno contribuito a creare attorno agli episodi più controversi – come la polemica sull'audio "sparito" relativa al precedente Orsato-Pjanic – e, in generale, alla figura degli arbitri. Lavare via l'alone di ambiguità con la parola. Metterci la faccia per togliere ai malpensanti ogni margine di manovra. Chiarire, spiegare, ammettere anche i propri errori. Tutto il necessario affinché si arrivi al risultato finale.

E il risultato, in questo caso, è una rivoluzione sul piano della cultura sportiva. Portare arbitri e spettatori quasi sullo stesso terreno di scambio per agevolare diffusione e comprensione del regolamento. Un percorso lungo e tortuoso che doveva per forza di cose partire con un gesto simbolicamente forte: riaccendere i riflettori sul caso da moviola più discusso degli ultimi quattro campionati per ammettere le proprie responsabilità (evidenti) e mostrare la volontà di aprirsi totalmente al confronto. Il modo più diretto possibile per attirare su di sé l'attenzione e fissare il punto di partenza di un processo che richiederà tempo e pazienza. Con la speranza che per ammettere e spiegare un errore non dovranno più passare tre anni.

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