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Perché Nasser Al-Khelaifi è il vero vincitore della guerra tra Uefa e Superlega

Ha tenuto il Paris Saint-Germain fuori dal gruppo dei ribelli, ha ottenuto più soldi di tutti dall’ultima Champions League e ha portato al calcio francese proventi televisivi da record. L’uomo di punta del Qatar Sports Investment ora è il nuovo riferimento di Ceferin con i club, grazie anche alla collaborazione del Bayern Monaco.
A cura di Benedetto Giardina
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Nella lotta tra Uefa e Superlega, il vincitore è sicuramente uno: Nasser Al-Khelaifi. Un uomo che non aveva certo bisogno di aumentare il proprio potere nel calcio europeo, ma che è riuscito a far accrescere la propria influenza grazie ai clamorosi autogol dei club "ribelli". Dai buoni rapporti con la Fifa al dominio nel calcio francese, al presidente del Paris Saint-Germain mancava un solo tassello per completare il quadro: la Uefa, con cui già da tempo aveva trovato una via comune. L'harakiri di Agnelli gli ha spianato la strada verso la presidenza dell'Eca, l'associazione dei club europei, ma è stata la sua distanza dal progetto della Superlega ad aver messo la ciliegina sulla torta. Ceferin, presidente della Uefa, non smette di tessere le sue lodi dalla notte del mancato golpe del calcio continentale. E dire che, i rapporti tra le due parti, non sembravano certo essere nati sotto una buona stella.

I rapporti inizialmente tesi tra Al-Khelaifi e la Uefa

Al-Khelaifi è presidente del Paris Saint-Germain dal 2011, ovvero da quando il club parigino è finito nelle mani del fondo sovrano del Qatar, tramite la Qatar Sports Investment. Da allora, i francesi hanno dato il via ad una poderosa scalata ai vertici del calcio nazionale (fallita il primo anno, ma proseguita con un vero e proprio dominio in Ligue 1) e continentale. In quest'ultimo caso, manca ancora qualche tassello, dato che nei primi otto anni dell'era qatariota, il Psg non è mai andato nemmeno vicino a vincere la Champions League. L'ha sfiorata nella passata stagione, perdendo la finale col Bayern Monaco, ma vuole riprovarci quest'anno, avendo già guadagnato l'accesso alle semifinali. Per consolidare il proprio status di big in ambito europeo, i parigini hanno messo a segno mirabolanti colpi di mercato. I più clamorosi, nell'estate 2017: prima viene versata la clausola da 222 milioni di euro per prelevare Neymar dal Barcellona, poi si architetta un ingegnoso sistema per portare a Parigi la nuova stella del calcio francese, Mbappé del Monaco, per 145 milioni più 35 di bonus. Soldi che, ai monegaschi, verranno riconosciuti una volta ottenuta la salvezza.

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Perché questo sistema? Perché la Uefa ha posto dei paletti di spesa tramite il fair play finanziario e il Paris Saint-Germain rischia seriamente di sforarli, spendendo in un'unica soluzione gli oltre 400 milioni previsti per i suoi due gioielli. Non a caso, all'indomani della chiusura di quella sessione di mercato, la Uefa ha avviato un'inchiesta sulle operazioni condotte dal club parigino. Inchiesta conclusa con un nulla di fatto, ma fino al marzo 2019 ha tenuto banco tra le aule dei tribunali sportivi europei. L'ultimo ad essersi espresso, in quella data, è stato il Tas di Losanna, a cui si è rivolto il Psg in seguito alla riapertura del fascicolo da parte della camera d'investigazione del Club Financial Control Body della Uefa. La corte svizzera ha dato ragione alla società francese, ponendo la parola fine al caso Neymar-Mbappé. Il secondo caso di frizioni, tra Psg e Uefa, dopo la multa da 60 milioni del 2014 per le valutazioni "gonfiate" delle sponsorizzazioni legate alla proprietà del club. Lì però, stando alle rivelazioni di Football Leaks, sarebbe arrivata una mano da Infantino, presidente della Fifa, che però ha negato ogni coinvolgimento. Sta di fatto che il Paris Saint-Germain ha visto svalutata (di 51 milioni) la sponsorizzazione della Qatar Tourism Authority e ha siglato altri accordi slegati dalla proprietà qatariota.

L'influenza di Al-Khelaifi nella Fifa e in Francia

Non si tratta comunque del primo intreccio tra la Fifa e Al-Khelaifi: il 2 dicembre 2010, vennero assegnati i Mondiali del 2018 alla Russia e quelli del 2022 al Qatar. Una decisione che qualche anno dopo stravolse interamente il management della federazione calcistica mondiale, con accuse di corruzione che porteranno alle dimissioni di Sepp Blatter e all'arresto di sette dirigenti. Ma non è solo la scelta dell'organizzatore del Mondiale a destare sospetti, perché qualche anno dopo emergono ulteriori indagini su un'altra assegnazione, quella dei diritti televisivi della stessa competizione (per il 2026 e il 2030) a beIn Sports. Nel mirino, un presunto pagamento da 1,25 milioni di euro alla Sportunited LLC, società di Jerome Valcke, segretario generale della Fifa. Lo scorso 30 ottobre, la corte svizzera ha prosciolto dall'accusa di corruzione Al-Khelaifi, indagato in quanto presidente di beIn Media Group. Valcke, invece, è stato sanzionato un mese fa dalla Fifa, che lo aveva licenziato nel 2016: multa da un milione di franchi svizzeri (circa 900 mila euro) e interdizione (così come per l'ex presidente Blatter) a 6 anni e 8 mesi per gravi violazioni del codice etico.

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Intanto, come presidente di beIn Media Group, Al-Khelaifi è riuscito a farsi voler bene pure in Francia, dove ha reso la Ligue 1 il playground personale del Paris Saint-Germain (fatta eccezione per qualche annata storta). Nel 2018, la Ligue de Football Professionel cede i tre principali lotti dei diritti televisivi della Ligue 1 a Mediapro, partner di beIn Sports, per il periodo 2020/2024. La stessa beIn si assicura un altro dei lotti in vendita, dando il via ad un duopolio da 1,15 miliardi di euro a stagione. Il calcio francese, per la prima volta nella propria storia, sfonda il muro del miliardo di proventi televisivi, in linea con le altre componenti delle top five leagues. E quando nel 2020, nel bel mezzo della pandemia, Mediapro non paga più le rate previste, chi è che si fa avanti per salvare la Ligue 1? Proprio beIn Sports, insieme a Canal+, che vorrebbero una nuova asta per tutti i pacchetti, non solo quelli persi da Mediapro. Il Tribunale del Commercio di Parigi, però, ha dato loro torto.

Uefa e Bayern Monaco, i nuovi amici di Al-Khelaifi

Poco male, perché Al-Khelaifi adesso piace anche a chi, in realtà, ha tolto il potere in Francia. Come Aulas, patron dell'Olympique Lione, dominatore assoluto del calcio francese nei primi anni 2000 e relegato ad un ruolo di secondo piano con l'avvento dei qatarioti. Dopo il tentativo di scissione da parte dei 12 club della Superlega, ha avuto parole di apprezzamento per il presidente del Psg: «Nasser ha preso un'altra dimensione nel calcio francese – ha dichiarato a Le Parisien – ma anche nella Uefa. La sua relazione col presidente della Uefa è molto buona e questo è rilevante per il calcio francese. Specialmente per la riforma della Champions League, così come per i diritti tv in Francia». I primi risultati, si sono visti già nelle ultime due stagioni: il market pool (scorporato dalla quota prevista per il coefficiente Uefa) dei club di Ligue 1 è stato pari a 59,2 milioni nel 2019 e 58,7 milioni nel 2020, più di quello dei club di Serie A. E il Paris Saint-Germain, nell'ultima edizione della Champions, ha ricevuto la quota maggiore di introiti con 126,8 milioni.

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A Parigi, su queste basi, non potevano certo avere motivi di far guerra alla Uefa, che a febbraio ha pure annunciato una partnership con Qatar Airways per l'Europeo. Dopo aver incassato l'amicizia delle francesi e della Fifa, Al-Khelaifi raccoglie pure quella di Ceferin, che si è sperticato nel tessere lodi dopo la sua elezione a presidente dell'Eca: «Il calcio ha bisogno di brave persone nei ruoli principali e Nasser è qualcuno che ha dimostrato di essere capace di guardare agli interessi di più club piuttosto che dei propri, il che dovrebbe essere un prerequisito per questa posizione. Non vedo l'ora di lavorare con lui per dare forma al futuro del calcio per club a livello europeo. È un uomo di cui posso fidarmi». Parole di elogio, nei mesi scorsi, sono arrivate pure da Rummenigge, presidente del Bayern Monaco, che come il Psg si è tenuto fuori dai pasticci della Superlega. I legami tra il club e il Qatar, però, non piacciono alla tifoseria bavarese, soprattutto in tema di violazioni dei diritti umani. Solo che la Qatar Investment Authority possiede il 14,6% della Volkswagen, a sua volta controllante di Audi, che detiene l'8,33% del Bayern Monaco. Un legame difficile da scindere, tra i due club che ora guidano il nuovo fronte europeo.

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