Perché Mazzarri non viene esonerato dal Napoli anche se sta facendo peggio di Garcia
Il Napoli crollato a Torino è la fotografia di quel che resta della squadra campione d'Italia: macerie. In piedi tra le rovine, nel disperato tentativo di rimettere assieme i cocci provocati anzitutto da errori gestionali clamorosi, è rimasto Walter Mazzarri. In altri tempi la prestazione e la sconfitta avrebbero dato una pesante spallata alla panchina lasciandolo sul filo dell'esonero. Considerati quelli che corrono, non c'è ragione plausibile perché sia licenziato a meno che non sia lui stesso a presentare le dimissioni. Un'ipotesi che era circolata subito dopo il 3-0 incassato per mano della squadra di Juric, smentito dalla società e dallo stesso allenatore.
La certezza è che (per adesso) il tecnico accolto come salvatore della patria (e ora risucchiato nel tritacarne di una stagione fallimentare) non è riuscito a invertire la tendenza rispetto all'esperienza di Rudi Garcia. L'illusione che qualcosa potesse cambiare è durata lo spazio di un match (il successo all'esordio a Bergamo) poi gli azzurri sono colati a picco tra Champions e campionato. E quelle cifre che avevano sentenziato l'esonero del francese, mandato via senza troppi rimpianti dal presidente ("avrei dovuto farlo subito", ha spiegato di recente), sono lo specchio di quel che è diventato il Napoli: un gruppo senz'anima, smarrito, alla deriva.
L'ex allenatore fu sollevato dall'incarico dopo aver raccolto in media 1.75 punti a partita (bilancio identico tra Serie A e Coppe su 16 incontri complessivi). Dopo 10 incontri il dato statistico relativo all'esperienza di Mazzarri è impietoso e tremendo: 1.00 punti a match, nono posto in classifica aggiungendo al novero anche i risultati nel girone di Champions e il naufragio in Coppa Italia col Frosinone.
È riuscito a far peggio, spiazzando tutti, dai tifosi allo stesso De Laurentiis. Battuto da Inter (0-3 al Maradona), Juventus (1-0 allo Stadium), Roma (2-0 nella Capitale), Torino (3-0 all'Olimpico), resta aggrappato ai successi contro Atalanta e Cagliari oltre allo striminzito pareggio col Monza (salvato da un miracolo di Meret su rigore). Ma non verrà mandato via. Almeno, non ancora.
Un lungo colloquio con la squadra nello spogliatoio, la video-telefonata del massimo dirigente e la decisione di chiudersi in ritiro in vista del derby con la Salernitana (ne ha parlato il diesse Meluso in tv) hanno scandito il futuro immediato del tecnico livornese. Cosa potrà mai accadere, lo determinerà solo il campo.
Il quarto posto, al netto dei passi falsi delle dirette concorrenti, resta a 5 lunghezze: un divario ancora colmabile, fattore che entra nel ventaglio di valutazioni sul destino dell'attuale panchina. De Laurentiis, che s'è assunto tutte le colpe di questo andazzo, non vuole correre rischi ulteriori. Un'altra rivoluzione alimenterebbe solo confusione e metterebbe a libro paga un altro tesserato fino al termine del campionato. Quanto alla possibilità che Garcia sia richiamato, è opzione da scartare per come s'è consumato l'addio. E, per la china presa dal torneo, è difficile che qualcuno metta la faccia (e le mani sul fuoco) in una situazione del genere.
La figura che per competenza e carisma può dare una sterzata è una sola, il sogno che il presidente ha in mente da tempo e avrebbe voluto realizzato dando il benservito all'ex allenatore: è Antonio Conte, ieri in tribuna a Torino e che qualche mese fa ha risposto "no, grazie… semmai ne riparliamo". Ma oggi non è tempo per concedersi visioni oniriche, c'è una stagione da salvare.