Perché l’Arabia Saudita sta aiutando il Chelsea comprandone gli esuberi a peso d’oro
L'Arabia Saudita corre in soccorso della Premier League? Sì e stavolta il Newcastle non c'entra niente, anche se la regia è la stessa. Il fondo sovrano PIF, proprietario di quattro club della Saudi Pro League (Al-Ittihad, Al-Ahli, Al-Nassr e Al-Hilal), sta intervenendo in maniera massiccia sul calciomercato estivo, attingendo anche tra i club inglesi alle prese con gli esuberi. E chi più del Chelsea, dopo un mercato da oltre 600 milioni di euro di soli cartellini nella stagione 2022/23, può averne bisogno?
Stando a quanto riportato dal Daily Mail, però, tra il fondo saudita e i proprietari del club londinese, ci sarebbe uno stretto legame: PIF secondo il quotidiano inglese, sarebbe infatti uno degli investitori (se non addirittura l'investitore principale) di Clearlake Capital, il gruppo che ha rilevato le quote dei Blues insieme al consorzio guidato dallo statunitense Todd Boehly, una volta conclusa l'era Abramovich.
Le operazioni di mercato del Chelsea in Arabia Saudita
Nelle ultime ore, si sono susseguite tutta una serie di indiscrezioni su possibili uscite in direzione Arabia Saudita. Il primo a lasciare il Chelsea sarà il centrocampista francese N'Golo Kanté, ormai destinato all'Al-Ittihad, dove si è già trasferito il connazionale Karim Benzema, Pallone d'oro in carica. Ma Kanté ha un contratto in scadenza e in questo caso, non ha granché senso parlare di "aiuto" da parte dei sauditi.
Lo ha, invece, quando si spostano i riflettori sugli altri nomi in partenza: Kalidou Koulibaly, dopo un solo anno a Londra, è sul punto di salutare l'Europa per accordarsi con l'Al-Hilal (con un contratto triennale che si aggirerebbe sui 30 milioni a stagione), Hakim Ziyech è finito nel mirino dell'Al-Nassr di Cristiano Ronaldo e il portiere Edouard Mendy ha pronto un accordo di quattro anni con l'Al-Ahly. Romelu Lukaku, di rientro dal prestito all'Inter, non avrebbe invece intenzione di trasferirsi nel campionato saudita e aspetta una mossa dal club nerazzurro per un suo ritorno in Italia.
Escludendo Kanté dal conto, con queste cessioni il Chelsea alleggerisce il proprio tetto ingaggio di circa 25 milioni di euro lordi. Senza dunque considerare eventuali conguagli per i cartellini, che pure sono costati parecchio ai londinesi, specie nel caso di Ziyech e Koulibaly: il primo è stato prelevato nel 2020 per 40 milioni più bonus dall'Ajax e a gennaio è andato ad un passo dal trasferimento (in prestito) al Paris Saint-Germain, il centrale senegalese invece è stato acquistato la scorsa estate dal Napoli per poco meno di 40 milioni ed è già con le valigie in mano. Perché oltre a lui, il "nuovo" Chelsea post-Abramovich ha acquistato altri 13 calciatori nella passata stagione, più i prestiti onerosi di Zakaria e Joao Felix, superando nettamente i 600 milioni di spesa. Cifre che incidono inevitabilmente sui conti del club, in perdita già da prima di queste operazioni.
Chelsea e fair play finanziario: cosa succede?
Nel settembre 2022, quando la UEFA ha ufficializzato i settlement agreement con otto club (tra cui Inter, Juventus, Milan e Roma) per rientrare nei paletti previsti dalle norme sul fair play finanziario, il Chelsea era tra le società finite sotto osservazione, ma che "sono state in grado di soddisfare tecnicamente il requisito del pareggio di bilancio grazie all'applicazione delle misure di emergenza COVID-19 e/o perché hanno beneficiato di risultati storici positivi".
In ambito continentale, dunque, la situazione sembra essere sotto controllo e i costi sostenuti per acquistare nuovi giocatori sono alleggeriti dai contratti a lungo termine, come Mudryk e Fernandez che si sono legati ai Blues per più di otto anni. Però parliamo sempre di un club che ha mancato l'accesso alle competizioni europee per la prossima stagione, con tutto quel che ne consegue sui futuri ricavi.
Inoltre il fair play finanziario non esiste solo in ambito UEFA: anche la Premier League adotta un proprio sistema di regole finanziarie (Profitability and Sustainability Rules) che di base concede ai club un risultato ante imposte negativo per non più di 105 milioni di sterline in un triennio. E il Chelsea, nel periodo in esame – col biennio 2020-2021 accorpato per ridurre gli effetti della pandemia – supera ampiamente questa soglia. Sia in termini di perdita ante imposte (sopra i 280 milioni di sterline), sia in termini di risultato netto, sia ovviamente per quanto riguarda il risultato operativo (oltre i 550 milioni di sterline). Ecco perché, oltre ad alleggerire il monte ingaggi, nella parte blu di Londra si pensa a vendere quanti più giocatori possibili, tra quelli che non rientrano nei piani del tecnico Pochettino.