Perché la Lazio ha violato il protocollo Covid: casi di positività non comunicati
L'audizione dello scorso mese di novembre non è bastata a dissolvere tutti i dubbi sulla gestione dei tamponi e sull'applicazione dei protocolli anti-Covid da parte della Lazio. Il deferimento al Tribunale Federale del club, del presidente Claudio Lotito, di Ivo Pulcini (responsabile del settore sanitario) e Fabio Rodia (coordinatore dello staff medico) è l'atto che porta la società capitolina sul banco degli imputati. E basta leggere quali sono le motivazioni elencate all'interno del documento ufficiale per comprendere quale sia la portata della gravità della situazione, amplificata dal ruolo in consiglio federale del massimo dirigente.
Diversi i punti oscuri, in particolare l'utilizzo di un calciatore nella gara contro il Torino del 1° novembre e l'inserimento di un altro in distinta contro la Juventus (8 novembre): entrambi avrebbero dovuto rispettare un periodo di isolamento di almeno 10 giorni come previsto dal regolamento in materia. Ammenda, punti di penalizzazione, retrocessione o addirittura l'esclusione dal campionato sono le sanzioni che potrebbero essere emesse per punire le falle (presunte), le irregolarità (dolose o meno) nella condotta dei biancocelesti oppure una superficialità tali da mettere a repentaglio la salute pubblica (non solo dei singoli calciatori) in momenti così delicati da quando è iniziata la pandemia di coronavirus.
Il caso del mancato isolamento dei positivi
Le motivazioni indicate del documento della Figc (qui il comunicato ufficiale) fissano cronologia e termini delle eccezioni sollevate nei confronti della Lazio. Le contestazioni finite sotto la lente degli ispettori fanno riferimento anzitutto a ben sei momenti compresi tra fine ottobre e inizio novembre e alla mancata comunicazione di 8 casi di positività sia alla vigilia della trasferta di Coppa in terra belga sia in quella russa. Una situazione che si sarebbe ripetuta per due volte: il 30 ottobre prima di Torino-Lazio (1 novembre), quando il numero dei positivi era (secondo la Procura di Avellino) diminuito a 3 di cui uno (asintomatico), poi in campo a Torino contro i granata, non era stato messo in quarantena; l'8 novembre quando, pur non essendo scaduto il termine dei 10 giorni per l'isolamento era stato inserito nella distinta di Lazio-Juventus.
Quali sono le partite nel dossier sul deferimento
In questo periodo, secondo la tesi della Procura, il club avrebbe commesso una serie di irregolarità quali non dare notizia per iscritto alla Asl dei casi di positività, predisporre quale forma di prevenzione sanitaria l'isolamento e la quarantena dei contatti stretti di alcuni calciatori (Ciro Immobile, Thomas Strakosha e Lucas Leiva) presenti a Formello (il centro sportivo della squadra) prima delle partite di Champions League contro il Club Brugge (28 ottobre) e Zenit San Pietroburgo (4 novembre) e del campionato di Serie A con Torino (1 novembre) e Juventus (8 novembre). Violazioni aggravate dagli allenamenti che i calciatori risultati positivi avrebbero svolto regolarmente (salvo non aggregarsi alla rosa per la partenza) dopo essersi recati nel quartier generale dei bianco-celesti.
Caos tamponi, le discrepanze e l'acquisizione della Procura
Il deferimento della Lazio arriva anche a corredo di quel ‘brutto pasticcio' sull'esito dei tamponi processati che spinse la Procura di Avellino a disporre l'acquisizione dei reperti RNA virali sugli esami già sequestrati, eseguiti sui tre calciatori e su quattro membri dello staff della Lazio e riesaminati dal laboratorio Merigen di Napoli per avere una perizia sui test effettuati alla vigilia della partita con la Juventus. Perché si era resa necessaria? Per verificare utilizzo dei reagenti e rispetto del protocollo sanitario a causa della discrepanza dei risultati dei tamponi risultati negativi ad Avellino ma positivi al Biocampus di Roma.