Perché il Fair Play Finanziario Uefa sta per finire (e cosa succederà dopo)
Il Covid-19 ha colpito anche il fair play finanziario. La Uefa mette da parte, forse definitivamente, il programma di controllo dei bilanci che ha caratterizzato l'ultimo decennio calcistico europeo. Uno spauracchio per molti, ma anche un sistema che ha dimostrato di non essere totalmente inattaccabile, specialmente nell'ultimo periodo. Ora che l'emergenza sanitaria sta facendo emergere danni generalizzati sul fronte finanziario, la necessità di rivedere i regolamenti si sta rivelando più impellente. Il break even, ovvero il pareggio di bilancio, è diventato una chimera al tempo del Coronavirus. Pensare di tamponare la crisi rinviando di un anno i paletti, allo stato attuale, non è più realistico. Ecco perché la Uefa, dopo aver adottato misure per non far pesare le inevitabili perdite della stagione 2020/21, ora sta valutando altre strade per un calcio più sostenibile. Senza imporre limitazioni sul deficit.
Le misure adottate dalla Uefa a seguito della pandemia
La stretta post-pandemica della Uefa inizia lo scorso giugno. Per far fronte alla prevedibile crisi dei ricavi e per neutralizzare gli effetti della chiusura degli impianti, il Comitato esecutivo della Uefa ha approvato misure di emergenza temporanee, portando così ad un rinvio di un anno delle valutazioni sull'esercizio chiuso nel 2020. In pratica, per valutare se un club rientra o meno nella break even rule (dunque raggiunge il pareggio di bilancio o sfora entro i limiti previsti dalla Uefa), si calcolerà la media dei deficit del 2020 e del 2021. In questo modo, il consueto triennio di valutazione viene trasformato in una sorta di quadriennio, con gli ultimi due anni accorpati in uno per non rendere troppo evidente il peso del Covid-19 nei conti dei vari club. Nelle intenzioni della Uefa, però, il 2021 avrebbe dovuto fungere da tappo per i buchi del 2020. Invece l'anno in corso rischia di essere ancor più sanguinoso per le società calcistiche del vecchio continente, vista la prolungata chiusura degli stadi e la conseguente assenza di ricavi dal botteghino, oltre che una netta riduzione degli introiti provenienti dal merchandising. A seguito di queste decisioni, inoltre, la Uefa aveva previsto una riduzione del successivo periodo di monitoraggio in ottica fair play finanziario. Lo spostamento del 2021 nel triennio precedente, di fatto, avrebbe ridotto tale periodo in un biennio (2022-2023), rendendo così ancor più brevi i termini per poter rientrare nei paletti.
Gli effetti del Covid-19 nei top club europei
Tra i risultati del 2020 e le previsioni per il 2021, infatti, i principali club d'Europa non sembrano poter progettare un'immediata ripresa: Il Real Madrid (313 mila euro) e il Bayern Monaco (9,8 milioni) sono gli unici "big" ad aver registrato un utile nel 2020, ma le merengues prevedono per il 2021 un crollo dei ricavi pari al 14% e perdite superiori ai 90 milioni senza ulteriori tagli salariali. Il Barcellona, al contrario, ha chiuso il 2020 con perdite per 97 milioni, ma conta di tornare in parità nel 2021 con un utile di un milione. Peccato che il progetto di bilancio si basi, come da comunicato, sulla "riapertura dello stadio e delle strutture nel febbraio 2021, con una presenza pari al 25% della capienza, pianificando l'aumento al 50% a partire da maggio". In realtà, fino a tutto marzo, il Barcellona non ha potuto ospitare nemmeno un tifoso al Camp Nou. Non va meglio altrove: la Juventus ha perso 71,4 milioni nel 2020 e nei primi sei mesi dell'esercizio in corso ha registrato perdite per 113,7 milioni, segno negativo anche per il Manchester United (-25,6 milioni nel 2020, ma utili per 39 milioni nel primo semestre 2020/21 grazie alla Champions) e per il Borussia Dortmund (43,9 milioni di perdite nel 2020 e 26,3 milioni al 31 dicembre 2020).
Perché la Uefa intende rivedere il fair play finanziario
Il campione non sarà certo ampio, ma è evidente che il trend per quest'anno non sia quello di una ripresa immediata. E se anche l'accorpamento dei risultati per gli ultimi due anni dovesse riuscire a limitare i danni, la riduzione del successivo periodo di monitoraggio a due soli esercizi potrebbe non bastare, fermo restando che ancora è impossibile fare previsioni su un ritorno alla normalità. La Uefa, che pure spinge per disputare Euro 2020 (nel 2021) col pubblico sugli spalti, sembra averlo capito almeno per ciò che riguarda il fair play finanziario. Un concetto riassunto efficacemente da Andrea Traverso, direttore finanziario della Uefa, secondo cui la regola sul pareggio di bilancio "esegue una valutazione su una situazione del passato. La pandemia rappresenta un cambiamento talmente brusco che guardare al passato sta diventando inutile".
Le prospettive future ammiccano ad altri strumenti per poter garantire un controllo finanziario sui club. In primis, l'introduzione di un salary cap, per cercare di ridurre i costi salariali e incentivare così gestioni virtuose senza dover pompare i ricavi. Negli anni passati, per cercare di rientrare nei paletti posti dalla Uefa, il primo obiettivo dei club in bilico è stato proprio quello di aumentare i ricavi, per vie più o meno traverse. I casi di Paris Saint-Germain e Manchester City hanno fatto scuola, con contratti di sponsorizzazione dapprima finiti nel mirino del Club Financial Control Body, ma poi riabilitati dal Tas di Losanna, che ha scongiurato sanzioni per i due colossi in mani arabe. L'alternativa sarebbe quella di una limitazione sulle spese in sede di calciomercato, ma sempre nell'ottica di una riduzione dei costi per rendere più sostenibile la gestione dei club. Il tutto col "fantasma" della Superlega, che continua a minacciare la Uefa, a prescindere dal nuovo format della Champions League. Il fair play finanziario, nel calcio falcidiato dal Covid-19, diverrebbe l'agnello sacrificale per salvaguardare l'ancien regime.