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Perché Gravina e Spalletti non si sono dimessi dopo il fallimento dell’Italia agli Europei

Dopo la cocente eliminazione dell’Italia dagli Europei 2024 né il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, né il CT, Luciano Spalletti, hanno rassegnato le dimissioni: ecco quali sono i motivi dietro la decisione dei due responsabili della fallimentare spedizione azzurra in Germania.
A cura di Michele Mazzeo
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Chi si aspettava drastiche conseguenze dopo la deludente eliminazione dell'Italia agli Europei 2024 per mano della Svizzera rimarrà deluso. Sia il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, sia il commissario tecnico, Luciano Spalletti, rimarranno al proprio posto: nessuno dei due infatti ha rassegnato le dimissioni dopo la pessima prestazione della nazionale nell'ultima rassegna continentale. Una decisione che, in altri contesti, avrebbe fatto storcere il naso, ma che in realtà appare coerente con quanto annunciato nel momento in cui si è dato il via al nuovo progetto tecnico (cioè dopo l'improvviso addio di Roberto Mancini) e anche con il contesto italiano che non vede le dimissioni volontarie come un atto di responsabilità bensì come un fuggire dalle difficoltà nel momento più complicato.

Il motivo delle mancate dimissioni di Gabriele Gravina e Luciano Spalletti dopo la brutta sconfitta contro la Svizzera che ha sancito l'eliminazione dell'Italia agli ottavi di Euro 2024 è stato infatti spiegato chiaramente dal presidente federale nella conferenza stampa post-disfatta in cui i due, pur assumendosi parte delle responsabilità della debacle, hanno confermato che resteranno ognuno al proprio posto nell'immediato futuro.

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"I problemi io li affronto col lavoro, non scappo dinanzi a grandi responsabilità che mi riguardano – ha infatti detto il numero uno della FIGC in merito alla possibilità di dimettersi –. Bisogna tenere distinte le responsabilità politiche da quelle tecniche. Il senso di responsabilità implica in questo momento un senso di lucidità: bisogna essere lucidi e logici, non possiamo porre in essere degli atti che determinano danni ancora superiori" ha quindi aggiunto Gravina prima di addurre anche un motivo ‘logistico' dietro le sue mancate dimissioni ("Le richieste di dimissioni in un momento di chiusura del mio mandato non hanno senso…La scadenza del mio mandato è prevista a marzo 2025, poi le elezioni avverranno nella prima data utile dopo la chiusura e non si possono fare prima").

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E lo stesso presidente della FIGC ha anche spiegato il perché nemmeno Luciano Spalletti abbia preso in esame la possibilità di lasciare il suo incarico dopo il disastroso Europeo disputato dalla sua Italia e le critiche ricevute per la sua gestione. "Questo è un progetto pluriennale e in questo progetto è centrale un allenatore subentrato da 8-9 mesi, con scarsa possibilità di utilizzare i calciatori e in un panorama che prevede poco più di 100 selezionabili per la Nazionale. La scelta che noi abbiamo fatto si appella a un grande senso di responsabilità, Spalletti deve avere la nostra fiducia e ha la nostra fiducia. La progettualità con Spalletti punta alla qualificazione al Mondiale 2026 sapendo che noi possiamo fondare tutte le nostre aspettative su ciò, ma anche sapendo che poi dobbiamo sempre fare i conti con la realtà" ha difatti chiosato Gravina parlando dell'attuale progetto tecnico dell'Italia cominciato dopo l'addio di Roberto Mancini.

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Ed è evidente anche dalle parole di Luciano Spalletti che le dimissioni non sono state prese nemmeno in considerazione nonostante lui stesso si sia definito il principale responsabile di questa disfatta azzurra agli Europei. "Io sono entrato dentro quando c'era un'urgenza di risultati e probabilmente per ciò che necessitava il momento siamo stati bravi fino a un certo punto, non siamo riusciti a crescere dentro a questo mini-percorso fatto e nella gara con la Svizzera s'è fatto un passo indietro importante che non si può accettare. Ma si riparte da lì e io penso di sapere cosa fare" ha infatti detto l'attuale CT della Nazionale pronto dunque a restare al posto di comando per guidare l'Italia nel raggiungere l'obiettivo fissato nel momento in cui è stato chiamato a subentrare in corsa a Roberto Mancini, vale a dire la qualificazione al prossimo Mondiale.

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