Perché è impossibile dire chi fosse davvero più forte tra Pelé e Maradona
La creazione sonora del Maestro Emilio Campassi che recitava "Maradona è megl’ ‘e Pelé" metteva sul tavolo e in bocca ai napoletani la questione, annosa e problematica, che divide da quando il ragazzo con i boccoli neri apparve sul campo, il 20 ottobre 1976, nella partita contro il Talleres. Sì, perché fin dall’inizio tutti si accorsero che Diego Armando Maradona aveva qualcosa di speciale, qualcosa di unico, qualcosa di incomparabile rispetto a quello che si era visto fino a quel momento, tranne che per un singolo paragone possibile, ovvero quello con Edson Arantes do Nascimento, in arte e scarpini Pelé.
Da quel giorno in avanti, con l’aggiunta di Messi nel discorso praticamente da due settimane a questa parte, ovvero dalla vittoria del Mondiale dell’Argentina in Qatar, i due calciatori sono stati sempre messi a confronto su qualsiasi aspetto dell’esistenza umana. Ovviamente a dominare i discorsi erano le disquisizioni tecniche, atletiche, fisiche e calcistiche nella sua interezza, ma i due li abbiamo pesati anche per quel che riguarda le loro propensioni politiche, per le loro scelte etiche, per la dimensione pubblicitaria che si portavano dietro e per la capacità fideistica che suscitavano nelle persone che li amavano.
In realtà il discorso si è fin da subito polarizzato in maniera estremamente manichea. Per Pelé erano tutti quelli che per età avevano avuto la fortuna di vivere nei suoi anni. Non si può veramente dire di averlo visto giocare prima di tutto perché si vedeva pochissimo calcio e poi perché il 95% di Pelé nessuno in Europa lo ha veramente visto.
Per Maradona parteggiavano tutti quelli nati dall’inizio degli anni ’60 in poi, che lo hanno sì visto giocare in quanto il calcio era già prodotto mediale (ancora non invasivo e quasi fastidioso per la sua quotidianità e ancora non un prodotto di scambio politico), oltre ai due popoli di cui lui è il messia, Napoli e l’Argentina.
Nella corsa al più grande, Pelé ha almeno due tesi a suo favore: la prima è che il Pelé dal 1960 al 1966 è stato qualcosa di inenarrabile, di incredibilmente futuristico. In quei sei anni Pelé mostrò una sapienza tecnica e di visione del gioco mai vista prima, in parte solo Alfredo Di Stefano è stato accostabile, e poi un corpo che veniva letteralmente dal futuro. Il Pelé di inizio anni ’60 sembrava un atleta degli anni ’80, con muscoli guizzanti e fortissimi, perché se c’era una cosa che nel calcio di allora adesso non c’è, è che i difensori volevano stroncarti la carriera spesso e volentieri.
Erano molto meno veloci, forti e potenti di quelli di oggi, ma avevano la legge della giungla dalla loro parte e l’attaccante doveva scappare per poter sopravvivere. La seconda tesi pro-Pelé riguarda il fatto che ha vinto tre Mondiali, l’unico a riuscirci. E se abbiamo fatto un rumore infernale per Messi che ci è riuscito alla fine della sua carriera, allora che dobbiamo pensare di uno che dai diciassette ai trent’anni ha vinto da protagonista tre Coppe del Mondo (la seconda nel 1962 giocando solo due partite)?
Le tesi a sfavore di Pelé si racchiudono nell’invisibilità di cui si diceva prima. Abbiamo visto poco di Pelé in diretta, anche se quello che abbiamo visto ci è bastato fin sopra i capelli per definirlo gigantesco, ma non abbiamo visto abbastanza di lui, anzi quello che è arrivato dal Brasile, come le corse da centrocampo fino alla porta avversaria quasi senza incontrare resistenza ci ha annacquato ancora di più la valutazione. Vuoi vedere che era troppo facile per uno come lui?
Di Maradona abbiamo visto e rivisto, abbiamo vissuto con lui il peso delle partite-svolta che ha dovuto affrontare e ammirato la sua creatività ineguagliabile. È stato il più geniale e inventivo, il più creativo, l’uomo-pallone che rotolava escogitando sempre qualcosa di diverso. Se non ti piace Pelé sei un naïf della peggior specie, se non ti piace Maradona non ti piace il calcio, forse il mercoledì sera giochi a burraco con gli amici. In questo si potrebbe ancora una volta sottolineare la grandezza di Maradona: Pelé era il futuro, Maradona è senza tempo.
Come detto, nel discorso da due settimane c’è anche Messi il quale, poverino, spingono in alto per le cifre e i dati, senza capire che Pelé e Maradona sono i più grandi perché loro erano ogni volta che hanno allacciato le scarpe lo spettacolo per cui pagare. Messi degli ultimi anni, anche per questioni fisiche e scelte strategiche di gestione del proprio corpo, non lo era più. In questi Mondiali lo è stato, giocava Messi e la sua squadra contro gli altri e ha vinto i Mondiali, per cui è sensato parlarne insieme agli altri due, cercando sempre di sottolinearne le differenze. Poi il calcio, come tutto quello che è vita è gusto e ognuno ha il suo.