Perché Dybala non gioca mai nell’Argentina ai Mondiali anche se sta benissimo
Nemmeno un minuto di gioco. La presenza di Paulo Dybala nell'Argentina è un dato puramente statistico. Nei tre match della fase a gironi contro Arabia Saudita, Messico e Polonia è rimasto dietro le quinte. Adesso che l'Albiceleste ha conquistato la qualificazione agli ottavi spera che un po' di spazio ci sia anche per lui. Il calendario propone come prossimo avversario l'Australia, squadra che sulla carta non dovrebbe costituire un ostacolo insormontabile in vista dei quarti. E la Joya confida che, prima o poi, tocchi (anche) a lui. Già ma quando?
E soprattutto quali sono le ragioni che spingono il commissario tecnico, Scaloni, a lasciarlo ai margini della Seleccion? L'impressione è che non abbia convinto abbastanza l'allenatore a dargli pienamente fiducia. Ai Mondiali in Qatar è arrivato per il rotto della cuffia, rischiando il taglio clamoroso alla vigilia della Coppa per le perplessità manifestate dallo staff e la reticenza nell'inserire in lista calciatori dai muscoli di cristallo e non perfettamente integri.
L'ex Juve, oggi alla Roma, era uno degli indiziati per l'infortunio subito contro il Lecce che lo ha tenuto a lungo lontano dal campo: dopo 33 giorni (9 incontri saltati tra campionato) è tornato a giocare solo per l’ultima partita di Serie A con il Torino prima della sosta. Dal 9 ottobre all'11 novembre, un periodo col fiato sospeso nel timore che arrivasse la bocciatura della nazionale. Alla fine un posto sull'aereo diretto in Qatar lo ha trovato, per quello in squadra però è più dura.
Le parole del ct dell'Argentina spiegano bene perché nell'orbita albiceleste è solo un satellite distante dal pianeta-squadra. Nelle gerarchie del gruppo, in particolare nel reparto offensivo, è ancora indietro. Lo confermano le scelte di formazione: contro l'Arabia Saudita gli è stato preferito il Papu Gomez, schierato accanto a Messi, Lautaro e Di Maria che sono intoccabili. Il copione s'è ripetuto anche contro Messico e Polonia: questa volta a fargli ombra è stata la sagoma di Mac Allister (in gol con i polacchi), che ha dato all'assetto tattica maggiore equilibrio.
"Se sta fuori, è una decisione solo tecnica – ha ammesso Scaloni -. Paulo sta bene, non ha alcun problema fisico. Sta dando il suo contributo al gruppo fuori dal campo. Ovviamente avrebbe voglia di giocare di più, ma non è detto questo non accada nelle prossime partite del Mondiale".
Opportunità zero? Il risentimento muscolare di Angel Di Maria potrebbe aprirgli uno spiraglio. Il pensiero del ct sembra abbastanza chiaro al riguardo. Del resto la storia della Joya in nazionale è sempre stata poso esaltante: vi è arrivato nel 2015, quando era ancora alla Juventus, raccogliendo 34 presenze e segnando 3 gol ma non è mai riuscito ad affermarsi davvero. Il Mondiale 2018 in Russia lo ha guardato da casa, nel 2019 s'è consolato con il bronzo in Copa America.
L'ultima gara giocata risale a giugno scorso, in finale di Supercoppa dei Campioni d'Europa e della Conmebol: finì 0-3 per l'Argentina e la Joya andò anche a segno contro l'Italia. A proposito degli Azzurri, nel 2014-2015 il Antonio Conte gli propose la convocazione: possibile grazie alla nonna materna, di origini napoletane, che nel 2012 gli permise di ottenere la cittadinanza italiana. Ma lui scelse l'Argentina.