Perché Chiellini non sopporta Balotelli: tutto nasce in Brasile
L'ultima foto che ritrae insieme Giorgio Chiellini e Mario Balotelli sembra quella di due grandi amici. È il 16 febbraio, l'Italia sta per piombare nell'incubo Coronavirus, ma nessuno ancora lo sa. All'Allianz Stadium si gioca Juventus-Brescia. I bianconero controllano la partita, sbloccano il punteggio con Dybala nel primo tempo e raddoppiano con Cuadrado ad un quarto d'ora dallo scadere. Si vengono a creare le condizioni ideali per il ritorno in campo di Chiello, scalpitante in panchina a circa sei mesi dal grave infortunio al ginocchio. Sarri gli regala circa 10 minuti di partita per tornare a respirare il clima partita. Il boato dei tifosi accoglie il suo ingresso. I primi passi verso la linea difensiva lo portano proprio verso Balotelli, che gli sorride e lo abbraccia. È il suo bentornato.
Proprio questo è l'aspetto che più ha indispettito Supermario di quanto scritto dal difensore della Juve: non essersi mai espresso in quei termini dal vivo, in modo diretto. Anche perché le incomprensioni, come in parte confermato dallo stesso Chiellini, risalgono a diversi anni fa. E il paradosso è che non si tratta di screzi tra avversari, ma di dissapori tra compagni di squadra.
Chiellini-Balotelli: inizia tutto nel 2013
L'inizio della fine risale all'estate 2013. L'Italia prende parte alla Confederations Cup in Brasile in qualità di vice-campione d'Europa (essendo la Spagna già campione del mondo). Balotelli parte con il piede giusto e segna la rete della vittoria nel debutto contro lo scorbutico Messico. Va in gol anche contro il Giappone, su rigore, poi arriva il Brasile. L'Italia soffre la qualità e il ritmo dei verdeoro (che vinceranno quel torneo), resta aggrappata alla partita con le unghie ma alla fine soccombe per 4-2. Balotelli, tutto sommato, non sfigura: sfida praticamente da solo la difesa brasiliana, regala anche un pregevole assist per il gol di Giaccherini, ma non rientra quanto vorrebbero i senatori del gruppo, con quell'atteggiamento un po' indolente che è semplicemente il suo modo di stare in campo. Quella partita è rimasta impressa nei ricordi di Chiellini.
"Balotelli è una persona negativa, senza rispetto per il gruppo. In Confederations Cup contro il Brasile, nel 2013, non ci diede una mano in niente, roba da prenderlo a schiaffi".
La sua Confederations Cup si chiuderà lì, a causa di un infortunio. Ma la storia in Brasile proseguirà un anno più tardi.
Ai Mondiali del 2014 l'Italia non arriva tra le principali favorite, ma spera di far bene. Balotelli è il simbolo degli azzurri, l'uomo da cui ci aspettano le giocate decisive, i gol pesanti. La differenza. Anche in questo caso la partenza è convincente: un suo colpo di testa vale la vittoria all'esordio contro l'Inghilterra. Da lì in avanti, il patatrac. Dell'Italia e di Balotelli. La sconfitta contro la Costa Rica compromette il percorso degli azzurri, che perdono contro l'Uruguay nella terza gara dei girone – quella del morso di Suarez allo stesso Chiellini – e salutano il Brasile. Di quella partita Balotelli giocherà, per modo di dire, solo i primi 45 minuti. Nello spogliatoio azzurro, all'intervallo, si consuma lo scontro che di fatto chiuderà la carriera di Balotelli in Nazionale. Prandelli lo riprende, lui reagisce male, i senatori del gruppo gli si rivoltano contro: Buffon e De Rossi in primis, ma dalla loro parte c'è anche Chiellini. A Balotelli è contestato tutto: dalla vita extra-campo al suo atteggiamento in campo, opinioni largamente condivise tra i compagni di squadra. Non a caso da quel giorno Supermario indosserà la maglia azzurra soltanto altre tre volte in sei anni. E Chiellini non cambierà mai la sua idea.