Per Sarri è già il momento dei sospetti: la domanda che gela lo spogliatoio della Lazio
Troppo brutta per essere vera la Lazio annientata al Bentegodi dalla quaterna di un Simeone in versione Halloween, ovvero spirito che si è preso l'anima biancoceleste. La squadra capitolina non riesce davvero a trovare continuità e grandi vittorie come quelle contro Roma ed Inter si alternano a scoppole pesantissime come a Bologna e Verona. Due trasferte in cui Reina ha raccolto 7 palloni dal fondo della rete e che certificano l'attuale dimensione dell'Aquila: l'ottavo posto a 11 punti dalle due capoliste Napoli e Milan.
Legittimo farsi qualche domanda nei panni di Maurizio Sarri di fronte a prestazioni così deludenti, soprattutto riguardo l'atteggiamento di una squadra che in entrambe le disfatte non è sembrata avere un approccio degno di una big né applicare sul campo i dettami di un tecnico che fa dell'organizzazione maniacale il suo credo. La Lazio di Sarri si è vista a sprazzi in questo inizio di stagione e se è vero che anche a Napoli la partenza del tecnico era stata lenta ed un cambiamento come quello dal 3-5-2 scolpito di Inzaghi al 4-3-3 altrettanto granitico del toscano richiede tempo per essere assimilato, è altrettanto vero – e preoccupante – che siamo a fine ottobre e si è già giocato quasi un quarto del campionato.
I cattivi pensieri nella testa di Sarri sono sfociati in una domanda posta ai giocatori nello spogliatoio del Dall'Ara, subito dopo il fischio finale della sconfitta col Bologna: il tecnico ha chiesto alla squadra se volesse la sua testa, è il retroscena svelato dal Messaggero. Il quotidiano romano racconta che lo scenario si è ripetuto in maniera simile anche a Verona e riporta le parole dette da Sarri ai giocatori dopo essere stati spazzati via dal terreno del Bentegodi: "Io mi vergogno. Così non si può andare avanti: non vincete perché vi chiamate Lazio, ma se vi impegnate. È una questione di mentalità, innanzitutto. Se giocate così, vuol dire che non vi sto entrando dentro. Guardiamoci in faccia e risolviamo ogni problema".
Ancora quel dubbio: la squadra gli gioca contro? Dallo spogliatoio giurano di no, ma così non si può andare avanti. "Chi vuole sposare il progetto resti o altrimenti fra due mesi può andare via", sono le ulteriori parole dell'allenatore biancoceleste. La resa dei conti è vicina o forse è già arrivata.