Paoloni spiega il sistema marcio delle scommesse: “Bastano 4 calciatori per truccare una partita”
"Quello che sta accadendo ora doveva succedere anche 12 anni fa". Marco Paoloni non ci sta e alza la voce a distanza di diverso tempo dalla vicenda calcioscommesse che l'ha visto coinvolto. Era stato accusato di aver riempito le bottigliette d'acqua dei compagni di squadra con il Minias per truccare la partita Cremonese-Paganese del 14 novembre 2010. Fu l'episodio che diede il via all'inchiesta sul calcioscommesse e che portò all'arresto di numerosi giocatori di A e B nel 2011. La Giustizia sportiva in 20 giorni formulò all'ex portiere una squalifica di 5 anni con proposta di radiazione, poi accettata, per illeciti e illeciti sportivi.
Il pm aveva chiesto invece una condanna a tre anni e un mese. Nel 2019 è però arrivata l'assoluzione per lui "perché il fatto non sussiste". Paoloni ha parlato della sua vicenda e del caso scommesse di oggi in un'intervista esclusiva a Fanpage.it. L'ex estremo difensore chiede che qualcuno gli spieghi perché per il caso scommesse che ha visto coinvolti Fagioli, Tonali e Zaniolo, non ci sia stato lo stesso trattamento riservato all'epoca a lui. "Mi hanno precluso una carriera e rovinato una vita". Paoloni si dice pronto a fare i nomi di alcuni giocatori che militano attualmente in Serie A e che scommettevano con lui: "Voglio farlo perché sono persone che hanno fatto anche peggio che scommettere".
Marco Paoloni, qual è la differenza tra il filone di scommesse attuale e quello che l'ha riguardato da vicino qualche anno fa?
"Rileggendo la storia di Fagioli io mi rivedo in lui. Quello delle scommesse nel calcio è un fenomeno che non è mai finito. Se non si prendono precauzioni drastiche ci sarà sempre".
Perché un calciatore scommette nonostante gli stipendi da capogiro, specie in Serie A?
"Il calciatore è una persona privilegiata, ha tutto. Ti senti onnipotente, ma lo fanno tutti, o meglio la maggior parte. Si tratta di un fenomeno molto diffuso nel calcio tra calciatori e non calciatori".
Ha parlato di persone in Federazione e in Serie A che scommettevano con lei.
"Faccio una premessa. Queste affermazioni sono frutto di conseguenze che ho pagato sulla mia pelle. Nel 2011 già c'erano queste situazioni, ma non ho voluto coinvolgere i miei colleghi. Gli stessi amici che ritenevo tali si sono comportati molto male. Mi hanno buttato fango addosso nonostante facessero quello che facevo io. Ma io ho le prove di quello che ho detto e mi assumo tutta la responsabilità. A breve farò anche i nomi, non adesso".
Perché parla di differenza di trattamento?
"Quando ho avuto l'assoluzione nel 2019 ho pagato un prezzo troppo alto. Volevo una squalifica per le scommesse, che all'epoca era di 6-7 mesi come per i giocatori attuali, e invece così non è stato dato che mi hanno dato 5 anni con proposta di radiazione, poi confermata. Nel 2022, dopo la mia assoluzione, il presidente Gravina mi ha ridato la possibilità di rientrare nel mondo del calcio dopo una mia domanda di grazia".
Cosa le ha fatto più male nella sua vicenda?
"Mi hanno precluso una carriera e rovinato una vita, sia a livello di passione e lavoro che di famiglia. Oggi vorrei essere trattato come sono stati trattati gli altri. Perché chi gioca in Serie A viene trattato in un modo e agli altri è riservato un altro trattamento? Di me si sono dimenticati, nel 2019 con l'assoluzione speravo in un gesto di scuse da parte della Federazione che però non è arrivato. Le uniche persone che mi sono rimaste vicine dall'inizio fino alla fine sono stati i miei familiari e l'avvocato Luca Curatti del foro di Cremona".
Sulla base di quello che hai visto e vissuto, come si organizza una combine?
"Premetto che non mi sono mai venduto una partita. Me l'hanno chiesto e l'ho sempre rifiutato, ma l'ho vissuto sulla mia pelle. Quando si organizza una combine di solito si parla di coinvolgere un portiere, un difensore, un centrocampista e un attaccante, come minimo. Ovviamente più ne hai e meglio è. Il problema sta quando ti immischi con persone delle malavita: tengono il banco e dopo ti chiedono di venderti una partita quando non riesci a rientrare dal debito".
L’ultimo scandalo ha riguardato giocatori di prima fascia, ma cosa succede nelle serie minori dove c’è meno ricchezza tra i calciatori?
"Nelle serie minori il fenomeno è sicuramente più diffuso, tra scommesse e partite vendute. Le società in Lega Pro pagano lo stipendio una volta ogni 3-4 mesi e non si guadagnano le cifre che si vedono in Serie A. Ecco perché si innesca un sistema sbagliato che porta alcuni calciatori a vendersi le partite per guadagnare qualche soldo. C'è da dire però che non sono solo i giocatori a vendersi le partite, ma anche i vari direttori e presidenti".
Ci sono delle figure nell’ombra che gravitano ancora oggi nell’ambiente del calcio per approfittare di scommesse e combine?
"Funziona come una piramide. Sotto, alla base, ci sono i calciatori, poi gli amici dei calciatori che tendono a conoscere le problematiche di ognuno. Ad Ascoli, per esempio, tre giocatori che già facevano parte di questo sistema mi presentarono a determinate persone. Il loro compito è farti giocare il più possibile, farti andare sotto per poi avere la possibilità di ricattarti e minacciarti, costringendoti a vendere le partite. È quello che vogliono".
Come mai Fagioli è stato tutelato dalla Juve e nel tuo caso invece il mondo del calcio ti ha girato le spalle?
"Perché è un giocatore della Nazionale e della Juventus, così come successo a Tonali. Io credo che se fosse nato un altro scandalo in Serie C ai calciatori avrebbero dato il massimo della pena. In questo caso la federazione si è trovata di fronte giocatori importanti. In ballo ci sono tantissimi soldi e devono fare andare avanti questa giostra. A me è stato detto così 10 anni fa: dovevano squalificarmi perché questo gioco doveva proseguire".
Qual è la cosa che ti fa più male?
"All'epoca c'erano anche altri nomi: dai giocatori di Serie A che ancora giocano, ad altri che oggi sono direttori sportivi o che sono in Federazione. Mi chiedo perché stiano ancora lì e perché a me sia stata preclusa una carriera. I nomi voglio dirli perché sono persone che hanno fatto anche peggio che scommettere. Mi sento vittima di un sistema che non funziona a livello federale, perché la squalifica deve essere uguale per tutti. Così è un circo, una pagliacciata".
Con chi sei rimasto in contatto nel mondo del calcio?
"All'inizio non riuscivo a capire perché il telefono non squillasse, pensavo fosse rotto. Ma dopo mi sono reso conto che il mondo del calcio era questo e infatti nel 2019 dopo l'assoluzione non ho ricevuto nemmeno una telefonata di scuse".
Il tema centrale del caso scommesse attuale è la ludopatia: cosa pensa a riguardo?
"Io penso che sia una scusante. Non credo che possano essere definiti ludopatici tutti coloro i quali scommettono. È un problema che va riconosciuto attraverso dei segnali, dei comportamenti. Qui invece ci si aggrappa alla ludopatia per prendere meno mesi di squalifica. Io non ci sto, la pena deve essere uguale per tutti. Mi rivedo più nel discorso di Fagioli, perché era entrato in una vera spirale di ludopatia e aveva delle persone che lo minacciavano. Quando succede questo diventa ancora più complicato".
Quale consiglio vuole dare a chi soffre realmente di ludopatia?
"Le scommesse sono il mezzo per arricchirsi, ma nel mio caso mi sono solo indebitato. Ho sbagliato, senza mai scommettere sulla mia squadra, ma purtroppo era diventata una malattia, una dipendenza. Il mio consiglio è di farsi aiutare immediatamente e i supporti dovrebbero metterli a disposizione direttamente le società. Ma fino a quando regnerà l'omertà nel calcio questo problema ci sarà sempre".