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Morte di Silvio Berlusconi

Paolo Taveggia, il braccio destro di Berlusconi nel Milan: “Così è nata la sua epopea nel calcio”

Paolo Taveggia è l’uomo che ha affiancato Silvio Berlusconi nella rinascita del Milan nei primissimi anni nel calcio. Un fedele collaboratore che racconta a Fanpage.it i segreti del club rossonero sotto la gestione del Cavaliere.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Qualcuno l'ha considerato il braccio destro di Silvio Berlusconi, altri come uno dei suo più fidati collaboratori. E in effetti fu proprio così dato che Paolo Taveggia, proprio al fianco del compianto Cavaliere, vide cambiare la sua vita. In un'intervista a Fanpage.it, Taveggia ha svelato retroscena e aneddoti dei suoi anni trascorsi al fianco di Berlusconi. C'era anche lui nella squadra messa su dallo stesso ex Premier per rilanciare le sorti di un Milan che nel 1986 necessitava di una svolta.

Taveggia oggi ha 70 anni, ma allora ne aveva 28 anni ed era un manager di Canale 5 capace, al fianco di Rino Tommasi, di avere la gestione e la responsabilità dell'ambito sportivo. Berlusconi lo chiamò per affidargli l'organizzazione generale del nuovo Milan e non solo. Taveggia ideò il Mundialito, progetto fortemente apprezzato dallo stesso Berlusconi, e fu parte integrante del processo dell'idea rivoluzionaria televisiva coniata da Berlusconi che col tempo portò poi anche le tv private a trasmettere le partite europee. "A lui devo tutto", ci ha raccontato in esclusiva.

Silvio Berlusconi in mezzo tra Carlo Ancelotti e Paolo Maldini.
Silvio Berlusconi in mezzo tra Carlo Ancelotti e Paolo Maldini.

Taveggia, lei ha vissuto in prima fila l’avvento di Berlusconi nel calcio. Ci racconta il primo momento in cui ha realizzato di trovarsi davanti a un innovatore?
"La vera innovazione è la televisione, che ho vissuto con lui. Berlusconi una volta mi chiamò alla 4 e mezza di notte parlandomi del ‘pizzone'. In pratica pensò di costruire all'interno degli uffici di Canale 5 un reparto che lavorasse su tre giorni d'anticipo per confezionare il ‘pizzone', ovvero un programma in onda dalle 8 a mezzanotte da spedire in tutte le televisioni, in modo da andare in onda tutti contemporaneamente così da vendere le pubblicità su scala nazionale".

È stato definito come il braccio destro di Silvio Berlusconi: è una definizione in cui si rivede?
"Sono felice di essere stato descritto così, ma lui ne aveva tanti di bracci destri".

Quale compito le aveva affidato nel Milan?
"Lui prendeva le persone di cui si fidava di più, dandogli competenze specifiche. Io venivo dalla redazione sportiva di Canale 5 insieme a Tommasi. Fu colpito evidentemente dalle mie capacità e mi affidò l'organizzazione generale del Milan. Da lì è nato il Milan di Berlusconi".

Perché la chiamavano “Il ministro degli esteri” del Milan di Berlusconi?
"Avevo la fortuna di aver studiato le lingue straniere e poi mi riusciva facile parlarle. Forse avevo una dote nascosta nel colloquiare con i miei colleghi all'estero".

Berlusconi è stato il presidente più vincente della storia del Milan.
Berlusconi è stato il presidente più vincente della storia del Milan.

Ha detto che gli anni più belli della sua vita li deve a Berlusconi.
"A lui devo tutto. Lavoravo in banca perché mi sembrava la soluzione più sicura, ma non era il mio posto. Quando andai a lavorare con Berlusconi fu la svolta. Cambiai mondo, cambiai vita, e grazie a lui riuscii a trasformare la mia passione per il calcio nel mio lavoro: sono finito sulla panchina del Milan. In quegli anni alcuni miei amici che suonavano la chitarra, sognavano un giorno di farlo con i Rolling Stones. Ecco: io ho suonato con i Rolling Stones".

Ha avuto un ruolo chiave nella trasmissione delle partite europee su una TV privata. Come avvenne?
"Eravamo esclusi dalle trasmissioni in diretta e in differita delle partite. La prima che mandammo in onda fu Juventus-Anderlecht di Coppa Uefa. Poi andammo a comprare i diritti delle partite in casa delle varie squadre italiane, comprandole in anticipo anche rispetto al sorteggio. A quel punto ci ritrovammo in mano dei diritti che ci permisero di sederci al tavolo della Rai".

Berlusconi le affidò anche il progetto del Mundialito.
"Eravamo nel 1979/80. Berlusconi, nel sottoscala del Jolly Hotel, mi guardò e mi disse: ‘Cosa fai a Natale e Capodanno?'. Avevo pensato di restare con la mia famiglia, ma propose di andare in Uruguay dopo aver comprato i diritti della Copa de Oro. E così il 26 dicembre partii per l'Uruguay per permettere alla prima televisione privata di trasmettere partite di calcio al di là dell'oceano. Tornando a casa mi fece i complimenti e mi disse: ‘Ora che sai come si organizza un torneo di calcio, studia un torneo che possa piacere alla parte commerciale e sportiva'. E nacque il Mundialito".

Un'immagine simbolo del Milan degli anni '80.
Un'immagine simbolo del Milan degli anni '80.

In quel Milan stati i primi a capire che anche fuori dal campo i calciatori andavano seguiti in modo diverso.
"Così come avevamo fatto in Fininvest, facemmo nel Milan. Tutti erano nostri anche quando non erano a Milanello ad allenarsi. Andavano seguiti e resi partecipi: erano del Milan dalla mattina fino a quando non andavano a dormire di notte".

Quali sono le tre partite che non dimenticherà mai del Milan di quegli anni?
"A Belgrado sicuramente. In quell'occasione, dopo la sospensione della partita, pagammo gli alberghi di tutti. Ed erano centinaia di persone. Le altre sono il 5-0 al Real Madrid e poi il 4-0 allo Steaua a Barcellona, non tanto per la vittoria e il risultato quanto per i 90mila tifosi venuti da Milano".

Come fu possibile riempire un intero stadio di tifosi rossoneri?
"Alla riunione della Uefa diedero 25mila biglietti a noi e 25mila alla Steaua, poi il resto venne riservato per la federazione spagnola e il Barcellona. Ma erano erano 20 anni che il Milan non andava in finale, così comprammo i 25mila biglietti messi a disposizione per la Steaua da varie agenzie in giro per l'Europa. Per gli altri biglietti la federazione spagnola mi chiese 2 miliardi di lire. Chiamai Berlusconi e gli spiegai che in due giorni doveva arrivare questa cifra. I soldi arrivarono e io tornai con quattro casse di biglietti sull'aereo privato di Berlusconi".

Il Milan con la Coppa dei Campioni del 1989.
Il Milan con la Coppa dei Campioni del 1989.

Qual è l’eredità che le ha lasciato Berlusconi?
"Ho imparato tutto da lui. A non mollare mai, a raggiungere sempre il risultato senza farsi fregare e senza fregare nessuno, con grande rispetto per i collaboratori e con gioia e felicità nel lavorare con ragazzi giovani".

C’è qualcosa nel calcio di oggi che non esisterebbe senza Berlusconi?
"Tanto. Io non vado allo stadio da 16 anni, ovvero da quando Berlusconi non si è più potuto occupare più del Milan. Il Milan era un esempio e il calcio di adesso non c'entra nulla con quello attuale, non mi piace. Io sono viziato positivamente: Berlusconi ci ha insegnato a vivere le cose in maniera positiva".

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