Paolo Maldini: “E’ necessario giocare, altrimenti crolla tutto”
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Ha avuto il coronavirus e ha vinto la personale battaglia con la malattia, da vero campione anche fuori dal terreno di gioco. Paolo Maldini è stato tra gli esponenti del calcio italiano a contrarre il Covid-19, insieme ad altri dirigenti e calciatori, tra cui suo figlio Daniel. Ma oggi, il direttore dell'area tecnica del Milan, sta bene e ha voglia di raccontarsi, in una chiacchierata online con l'amico di tante partite, Christian ‘Bobo' Bieri.
Nell'ennesima diretta streaming sui social, il bomber di sempre ha ospitato la colonna della difesa rossonera e della nazionale, aprendo il diario dei ricordi di una carriera incredibile ma anche domandandosi sul futuro del calcio. La Serie A è ancora sospesa con un filo sull'orlo del baratro, la ripartenza si annuncia difficile, forse più del previsto per le tante perplessità e preoccupazioni.
Prioritò alla salute, ma la stagione deve finire
Eppure, per Paolo Maldini, per 25 anni uomo di campo e oggi dietro ad una delle scrivanie più prestigiose del calcio italiano, è tempo di tornare a giocare: "E' difficile farlo, i protocolli saranno rigorosi e vi saranno limitazioni precise. I primi allenamenti verranno svolti solamente in fase atletica, senza contatti tra i giocatori. La priorità resta la salute, è il Governo a dover dare la decisione finale, ma è necessario ripartire".
Ripartire per non fallire
Una esigenza che Maldini spiega chiaramente: dopo due mesi di stop, molte società sono sull'orlo della crisi economica, si dovrebbe arrivare al taglio di stipendi e giocatori, e non ricevere ulteriori entrate anche se limitate da gare a porte chiuse e un minor ritorno di sponsor sarebbe la rovina. "E' necessario provare a tornare in campo. Oggi diversi club fanno fatica, domani potrebbero non pagare più e fallire. Sarebbe tremendo per il sistema. La parola d'ordine è finire in qualche modo la stagione. E se il calcio e le istituzioni non forzano la ripartenza, non succederà mai".
Il futuro al Milan e la voglia di giocare
Concetto chiaro, come quello relativo al proprio futuro, da dirigente rossonero, malgrado gli ultimi screzi con altri esponenti del Milan attuale: "La mia storia è qui, la mia carriera anche. All'inizio mi sono sentito solo, senza esperienza, adesso mi trovo a mio agio in questo ruolo. Anche perché lo svolgo in un ambiente che conosco benissimo e mi conoscono benissimo. Se mi manca il campo? Ho smesso a 41 anni, direi di no. All'inizio sentivo l'assenza della tensione prepartita, ma poi è passata anche quella"