Paolo Jarre, il luminare che cura la ludopatia di Fagioli: “Ecco come si inguaiano i calciatori”
L'esplosione del ‘caso scommesse‘ ha coinvolto alcuni calciatori della Serie A e della Nazionale, diventando argomento di grande dibattito in tutto il paese ma c'è grande interesse anche a livello internazionale. Un'indagine della Procura della Repubblica di Torino ha portato prima all'esplosione della vicenda Fagioli, che è già andata a sentenza con sette mesi di squalifica, 12.500 euro di ammenda e 5 mesi di pene alternative; e quelle successive di Tonali e Zaniolo, che stanno adottando una difesa molto diversa e di cui si sapranno presto altri dettagli.
Negli ultimi giorni è stato utilizzato spesso nel dibattito pubblico sportivo il sostantivo femminile ludopatìa, che la Treccani definisce così: "Disturbo del comportamento caratterizzato dal desiderio compulsivo di tentare la fortuna al gioco e che sta registrando un forte aumento nella popolazione". Da quando è esploso il caso si è parlato spesso di ludopatia e di "dipendenze comportamentali" ma in qualche situazione è parso più un modo per cercare di buttare acqua sul fuoco sulla vicenda a livello comunicativo più che parlare di questa patologia in maniera seria.
Fanpage.it ne ha parlato con il dottor Paolo Jarre, già direttore del Dipartimento di patologia delle dipendenze dell’Asl Torino 3 e uno dei massimi esperti italiani sulle tematiche legate all'azzardo patologico, che seguirà Fagioli nel suo percorso di recupero.
Dottor Jarre, chi può essere definito un ‘giocatore patologico’?
"Un giocatore è patologico quando gioca in modo così frequente e con somme così importanti da compromettere gli aspetti vitali come il lavoro, le relazioni, le prospettive per il futuro e così via. Quando il comportamento diventa poco compatibile o incompatibile con il resto della propria vita".
Quali sono i fattori scatenanti di questa patologia?
"C’è sicuramente una vulnerabilità individuale, nel senso che ci sono persone che per loro natura sono più fragili, ma l’aspetto più importante è la potenza dell’offerta commerciale. Il fenomeno in Italia è cresciuto a dismisura perché è cresciuta l’offerta, e quando parlo di offerta mi riferisco a quella legale. In termini di dimensioni relative il fatturato del gioco legale vale dieci volte quello illegale, tant’è che l’illegalità ha permeato in lungo e in largo la legalità come ci viene raccontato spesso in alcuni episodi di cronaca".
La ludopatia può avere effetti diretti sulla salute?
"Può sembrare singolare che un comportamento che non comporta l’assunzione di una sostanza possa avere un effetto sulla salute, ma teniamo conto che dormire meno, essere sempre stressati e avere sempre la testa focalizzata su alcune cose significa soffrire di tutte le patologie da affaticamento e stress più patologie cardiovascolari e gastrointestinali. Tutte patologie da sedentarietà. Oltre a quella psichica, che va da depressione e sbalzi di umore gravi fino ai comportamenti anticonservativi (tentativi di suicidio)".
Cosa spinge un calciatore milionario a scommettere?
"Da un lato guadagnare tanto costituisce un fattore di rischio, perché dà l’idea di poterselo permettere più di altri: io guadagno 2 milioni all’anno e se butto 200mila euro me ne avanzano a sufficienza. In realtà l’intensità del gioco e le somme giocate sono proporzionali al reddito, per questo motivo si inguaiano anche quelli che guadagnano molto".
Come si spiega il fatto che tutti i calciatori coinvolti siano molto giovani? È un problema generazionale?
"Molto spesso questi alti guadagni sono realizzati da ragazzi molto giovani, che hanno una cultura e un’istruzione non così elevata e che molto spesso sono stati sradicati dal proprio contesto di vita, dalla propria città e dalla propria famiglia per essere ingaggiati da questa o quella squadra nell’età più critica. Sicuramente c’è un rischio generazionale determinato dal fatto che in questi ultimi tre anni il grosso dell’espansione del mercato del gioco è stata online. La dimestichezza che hanno i giovani gli permette di essere più prossimi rispetto agli altri. Non che la patologia non esista tra le persone più grandi ma ha altre caratteristiche".
Come possono cadere in tentazione nonostante il rischio di compromettere la carriera?
"Questo è proprio l’aspetto costitutivo della patologia. In tutte le dipendenze uno mette a repentaglio le relazioni familiari, la situazione lavorativa, e via così, pur sapendo a cosa può andare incontro. È un criterio diagnostico. Non è che non lo sa, ma non riesce a trattenersi".
Le era già capitato nella sua carriera di trattare un caso legato alle scommesse nel calcio o allo sport in generale?
"Sì, mi era già successo nell’ambito sportivo. Paradossalmente l’attività sportiva, che dovrebbe essere un fattore di protezione, molto spesso espone all’offerta commerciale. Basti pensare al fatto che i quotidiani sportivi contengono pagine intere sulle quote e probabilmente sono anche sponsor. Per cui, anche a livello dilettantistico, le scommesse diventano un tema".
Come si accerta la ‘ludopatia’? E se tutti vengono giudicati ‘ludopatici’. non si va a sminuire la patologia per altri scopi?
"Sicuramente, dopo il primo caso che è andato a sentenza (Fagioli, ndr), ci saranno molti che si ‘daranno malati’ e questo è verosimile: chi se ne occupa deve distinguere le situazioni di malattia da quelle strumentali. Dopo di che, se uno scommette a tal punto che si inguaia a tal punto da essere in difficoltà è molto probabile che un disturbo da gioco d’azzardo ci sia. Bisognerà vedere poi altre cose, tipo se c’è qualcuno che ha scommesso sulla propria squadra con comportamenti tali da alterare il risultato: in quel caso entriamo in un campo molto più grave".
In che modo si può agire per arginare questa patologia?
"Il discorso è molto complesso. La prima cosa che si può fare rapidamente è cominciare a ridurre l’offerta: quello che è illegale va controllato e represso, ma sul piano dell’offerta legale bisogna andare su una de-escalation. Per quello che è offline si possono mettere dei limiti come hanno fatto alcune regioni o comuni e sull’online servirebbe una regolamentazione europea per ridurre gli orari della disponibilità di accesso ai siti. Questo può essere uno strumento iniziale per dare un messaggio educativo, dopo di che il problema è culturale ed è molto grosso che richiederebbe di andare a recuperare quella filosofia di qualche anno fa quando giocare a denaro era una cosa brutta, un disvalore, mentre ora se non lo fai sei uno sfigato. Bisogna ri-attribuire al denaro il valore di ‘fatica’ e non di ‘botta di culo’. Il denaro corrisponde al lavoro e non a fortuna".