Pagotto: “Buffon era la mia riserva, poi ho sperperato tutto. Al Milan spendevo 40 milioni al mese”
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Angelo Pagotto è riuscito a crearsi una nuova vita dopo la squalifica per la positività alla cocaina che fermò la sua carriera per 8 anni nel 2007. Allora era al Cosenza, l'ultima avventura da calciatore, il culmine di una parabola che sembrava proiettarlo tra i migliori portieri al mondo. Adesso lavora come preparatore dei portieri nelle giovanili del Prato, la città che è riuscita a restituirgli la serenità dopo anni travagliati e due squalifiche.
Già nel 2000 era stato trovato positivo e aveva dovuto scontare una sospensione di due anni, ma poi è arrivata la stangata che ha messo fine a tutti. Ai microfoni de Le Iene ha raccontato quei momenti drammatici, partendo dagli inizi e dalla fama di promessa che lo ha accompagnato nei primi anni, quando nell'Italia Under 21 era considerato addirittura più forte di Gigi Buffon alla fine degli anni '90.
L'ascesa di Pagotto nel calcio italiano
Tutto è cominciato al Napoli, dove ha avuto la possibilità di potersi allenare con Maradona: "Ho avuto la possibilità di fare un provino a Napoli. Avevo 14 anni e mezzo, ero un ragazzo introverso, venivo dal paesino e lì mi hanno svezzato sono partito da solo con i miei bagagli e tanti sogni". Da quel momento Pagotto è passato nelle grandi squadre della Serie A come la Sampdoria di Mancini, Mihajlovic e Seedorf e anche il Milan che lo ha acquistato nell'estate del 1996, quando era giovanissimo ma già all'apice della sua carriera.
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È stato l'anno in cui ha vinto da titolare gli Europei Under 21, con Buffon che era stato convocato come suo vice: "Quell'estate lì andammo in Spagna a fare le finali e vincemmo una partita incredibile. Lì è stato l'apice della mia carriera perché vince ai rigori per un portiere è il massimo. In panchina c'era Gigi Buffon ma lui era un po' più piccolo, ancora tuttora mi dice che è l'unico Eropeo che ha vinto e l'ha vinto con me, restando in panchina".
La depressione e la squalifica di Pagotto per cocaina
Pagotto aveva soltanto 21 anni quando ricevette la chiamata del Milan. Passare in un club così grande comportava uno stipendio importante che però non ha saputo gestire: "I soldi mi hanno un po' fatto uscire fuori di testa. Spendevo 30-40 milioni al mese, ho sperperato il mondo con gli amici perché mi sentivo forte, talmente forte che gli ha fatto perdere il contatto con la realtà. Ero sempre in via Monte Napoleone a spendere soldi tra negozi e ristoranti, poi ogni tanto si andava anche in discoteca. Stranamente quando pagavi tu nei tavoli c'era sempre di tutto".

L'anno successivo è passato al Perugia dove ha subito trovato un ambiente familiare, con un allenatore che gli voleva bene. Ma durante una partita contro la Juventus è successo un evento che ha cambiato radicalmente la sua carriera: "C'era lo stadio pieno. Facciamo una buona partita, io ho fatto una cazzata su una punizione di Davis che mi è passata sotto la pancia e perdemmo 4-3". Il presidente Gaucci lo accusò di essersi venduto la partita e si adirò al punto da metterlo fuori rosa per un anno intero.
Poi nella stagione 2000, dopo un Fiorentina-Perugia il test antidoping lo trovò positivo alla cocaina: all'epoca il fatto fece scalpore e nacquero dubbi su un possibile scambio di provette per danneggiarlo. Pagotto fu squalificato per due anni: "Sono lunghi, volevo smettere di giocare a calcio perché dicevo forse io sono ancora sbagliato". Da quel momento il portiere ha girato diverse squadre, fino a cadere nel vortice della depressione che lo portò a fare uso di cocaina andando incontro alla seconda squalifica, la più dura."Quella era la parte mia distruttiva, quando le cose non vanno bene. Sono caduto nella tentazione e quindi lì mi ho preso per la seconda volta nel primo antidoping positivo alla cocaina. E devo dirti con grande onestà fu colpa mia, quando io non avevo obiettivi cominciavo a cadere un po' in tentazioni".
L'ex numero uno del Milan racconta il buco nero nel quale era finito in quegli anni: "È un continuo rincorrere e cercare di tappare un buco. Quell'adrenalina che ero abituato ad avere riuscivo a ottenerla con le vittorie, poi quando mi trovavo in situazioni particolari cominciavo a cadere un po' in depressione. Perché quando tu sei davanti a 80.000 persone la vai a ricercare, quel tipo di emozione, o la trovi in quelle circostanze o la trovi con le sostanze. Se tu compensi l'adrenalina con le sostanze, vuol dire che di base ti manca qualcosa".
La vita di Pagotto dopo la fine della carriera
Pagotto non è più tornato a giocare e ha dovuto reinventare tutta la sua vita lontano dal campo. Ha fatto tutti i lavori: "Ho dovuto rimboccarmi le maniche. Ho lavorato due anni in Germania dove ho fatto pizzaiolo, il cuoco, il magazziniere. Ho fatto un po' di tutto per cercare di portare a casa qualche soldo". Adesso è tornato in Italia, a Prato, dove allena i portieri della squadra giovanile, e si prende cura del suo corpo: "Un giorno sì e un giorno no vado al fiume, la temperatura esterna è di circa tre gradi. Faccio una mezz'oretta di respirazioni nudo, riesco a trovare un equilibrio. E poi il bagno freddo e ballo".
La squalifica è ormai alle spalle e l'ex portiere ci tiene a dire qualcosa dopo tutto quello che ha passato: "Però vorrei fare anche un appello, perché se uno sbaglia e non è detto che è sempre quello lì. Sono passati vent'anni ormai. Il mio sogno adesso è quello di allenare in Serie A come allenatore di portieri".