Osimhen ha un crollo emotivo dopo Napoli-Salernitana: lo calmano compagni e avversari
Deluso. Arrabbiato. Fuori di sé. Incredulo. Victor Osimhen ha gli occhi rossi, infuocati e umidi per le lacrime che gli sgorgano a causa del nervosismo e dell'amarezza. Non si dà pace, non ci riesce. Stringe la mascherina nel pugno destro, lo agita nell'aria. Gesticola in maniera pronunciata e urla qualcosa. Mancava pochissimo, sembrava fatta per lo scudetto dopo la rete di Olivera. Invece, a una manciata di minuti dalla fine il tiro a giro di Dia è come uno stiletto che affonda nel petto. Sottile, freddo: è una rete spacca-cuore.
Napoli-Salernitana 1-1, tutto rimandato. A quando? Calcoli alla mano anche alla 33ª, in occasione della trasferta di Udine in programma giovedì 4 maggio. Ma anche in quel caso ci sono risultati che devono incastrarsi.
"Abbiamo preso un gol in maniera abbastanza ingenua", dice Spalletti che in tv ostenta serenità ma dal campo è uscito visibilmente contrariato per quell'errore nella lettura del gioco. E ha ragione. Né Kvara (che non azzanna l'avversario ma gli lascia la tranquillità di controllare e prendere la mira di sinistro), né Juan Jesus sono abbastanza lesti da chiudere lo spazio per la giocata alla punta senegalese. Nell'uno contro uno Victor viene lasciato solo, subisce perfino un tunnel, sorpreso dalla rapidità con la quale i granata rimettono in gioco la palla.
Su quel lato mancino rispetto a Meret si consuma lo psico-dramma dei partenopei. Quella palla, quella zolla, quella zona del campo andavano difesi come una trincea. A mali estremi, estremi rimedi. Senza troppi complimenti. Serviva tenere ancora il coltello tra i denti ma la rete di Olivera e il passare dei minuti hanno illuso gli azzurri che ormai era fatta. Sono mancati la lucidità, la freddezza, l'esperienza per alzare il muro e cavarsela, in un modo o nell'altro. E Victor si sente in colpa. Ecco perché a fine gara, al di là del profondo dispiacere, scoppia in un pianto isterico. Gollini lo affianca e prova a consolarlo ma quella carezza è nulla per l'animo in subbuglio.
Non è (solo) responsabilità di Osimhen se Dia ha avuto la possibilità di estrarre dal cilindro quel colpo da illusionista che ha squarciato la magia del "Maradona". Victor rivede, fotogramma per fotogramma, cosa è successo in quell'attimo in cui la storia s'è voltata dall'altra parte e gli dei del pallone hanno deciso che non fosse domenica 30 aprile la data perché la festa scattasse.
Osimhen è così, dà tutto sempre. E quando non riesce a essere efficace come vorrebbe ci sta male. L'attaccante non è riuscito a lasciare il segno sul match che avrebbe chiuso i conti con ben sei giornate di anticipo. Lui, il capocannoniere della Serie A è andato a infrangersi contro la barriera che la Salernitana gli aveva eretto in torno. Ha toccato 42 palloni, tirato 4 volte (di cui una nello specchio e Ochoa gli ha deviato coi pugni il colpo di testa), s'è dannato l'anima ma non ce l'ha fatta restando confuso e felice come tutto il Napoli.