Osimhen esplode di rabbia in panchina, solo un uomo riesce a placarlo: è Tommaso Starace
Victor Osimhen è appena uscito dal campo. È furente, ce l'ha con se stesso per non essere riuscito a far gol contro l'Atalanta. Eppure, anche senza aver segnato, c'è anche il suo zampino nelle reti grazie alle quali il Napoli batterà la ‘dea'. È l'attaccante che recupera palla nella zona centrale del campo e innesca l'azione che sarà finalizzata da Kvaratskhelia con un gol bellissimo. È il nigeriano, che aveva mancato di un soffio la rete su colpo di testa, a spingere Duvan Zapata a fare un cenno a Demiral (subentrato a Djimsiti, infortunatosi proprio in un contrasto con l'ex Lille): a lui ci penso io, sembra dire il colombiano che per stazza può contrastarlo meglio rispetto all'ex Juve.
La BordoCam di Dazn spiegherà anche quel dettaglio della gara, chiarendo quanto possa devastante e importante il calciatore anche quando resta all'asciutto. Ma il contributo che dà alla squadra è ugualmente prezioso, pesante, dirompente nel modo in cui mette al servizio la sua fisicità e le sue caratteristiche per lo sviluppo del gioco. Sa cosa vuole Spalletti, che ne ha migliorato gestione/visione/modo di stare in campo, e lo mette in pratica. Nell'occasione del raddoppio azzurro cambiano le marcature ma quel calcio d'angolo sarà ugualmente fatale: Demiral perde Rrahmani che svetta e insacca il 2-0.
Sarà lo stesso difensore a raccontare a fine incontro perché Osimhen era così contrariato e con chi ce l'aveva. "Perché non è riuscito a segnare – dice il difensore -. Victor è un attaccante, anch’io se fossi un attaccante e non riuscissi ad andare in gol, mi arrabbierei". Spalletti si complimenta con lui, gli dà una pacca sulla spalla, gli mormora qualcosa del tipo ‘sei stato bravo lo stesso' ma al calciatore non basta.
La grinta, la voglia di vincere, la mentalità di chi vuol dare (e dà) tutto lo porta a sfogare la delusione personale: toglie la maschera con un gesto di stizza, ha lo sguardo torvo e basso, impreca e si accomoda su un frigobar nei pressi della panchina, toglie i parastinchi li scaglia sul prato. Tommaso Starace, lo storico magazziniere del Napoli (che nel prepartita ha offerto il caffé in diretta a Diletta Leotta, Ciro Ferrara e Massimo Ambrosini) ha pronta la giacca da riporgli sulle spalle ma capisce che in quel momento il giocatore ha bisogno di essere lasciato solo.
Non è il momento di avvicinarsi a lui, gli serve ancora qualche attimo per raffreddare i nervi e sbollire l'adrenalina in circolo. Resta fermo e aspetta un po' poi si avvicina a Osimhen e, nel poggiargli l'indumento sulle spalle, quasi sembra abbracciarlo da buon padre di famiglia che fa un gesto di fiducia, gli dice poche parole discrete, efficaci, d'incoraggiamento.
Poco dopo arriva anche Kvara che gli mette una mano sulla testa e lo accarezza. Sa cosa come si sente, ha memoria di come il compagno lo invitò ad alzare la testa quando a Francoforte sbagliò il rigore e commise un errore che poteva essere durissimo. Ricorda come Victor applauda tutti anche nei momenti più difficili. Uno per tutti, tutti per uno: quel che dovrebbe essere una squadra.
È il dettaglio che, come raccontato nello studio di Dazn, rientra in quel mosaico che è la stagione attuale del Napoli in cui tutto è a posto e funziona a dovere. Non solo tattica e talento. È questione di feeling, di sguardi, di silenzi. Di quiete prima della tempesta. Di un sogno nel cuore atteso da oltre trent'anni.