Se ne sono accorti quasi all’improvviso, complici gli occhi del mondo puntati sull’Olimpico. Per certi versi ce ne siamo accorti con più convinzione anche noi, che pure della gestione Mancini siamo stati testimoni diretti, ma sempre con un velo di scetticismo a moderare la misura nei giudizi. L’Italia vista contro la Turchia è una squadra forte nel modo in cui può essere definita forte una nazionale. Per i valori che esprime e soprattutto per come sta in campo insieme. Un puzzle complesso nel quale i pezzi sembrano essere tutti meravigliosamente al loro posto.
È il frutto del sapiente lavoro di Mancini, che nei due aspetti cruciali del lavoro di un ct – creare un gruppo nel senso pieno del termine e definire un’identità di gioco – ha azzeccato finora tutte le mosse.
Il bello viene adesso, dopo quasi tre anni senza sconfitte, la bellezza di 28 risultati utili consecutivi e una vittoria al debutto in un grande torneo, la partita più delicata da affrontare insieme ad una finale, per il potere che da sempre ha di indirizzare le sorti dell’intero cammino.
L’Italia l’ha cominciato talmente bene da far lievitare ancor di più aspettative già elevate in partenza. Fiducia che trova conforto nei numeri e nelle prestazioni in campo, ma che necessita di banchi di prova di livello assoluto con i quali – dopo aver saltato l’ultimo Mondiale – non ci confrontiamo da un po’. E che adesso, a carte scoperte, saranno ancora più delicati da affrontare, perché nessuno commetterà l'errore di sottovalutare gli azzurri.
Storicamente un clima così euforico e ovattato intorno alla Nazionale non ha mai portato a nulla di buono. Siamo quelli un po’ strani che tirano fuori il meglio dalle situazioni di estrema difficoltà e finiscono per mettersi nei guai quando tutto sembra andare per il meglio. La nuova sfida nella sfida di Mancini sarà proprio questa: far sì che le ali dell’entusiasmo diventino reale valore aggiunto per un’Italia così bella da volerne ancora e ancora (diciamo per circa un mese…) senza fare la fine di Icaro.