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Mondiali di calcio femminile 2023

Nouhaila Benzina fa la storia: è la prima calciatrice a giocare con l’hijab ai Mondiali

Nouhaila Benzina è scesa in campo indossando l’hijab nel match che il Marocco ha vinto contro la Corea del Sud ai Mondiali di calcio femminili: è la prima volta che accade nella storia. In precedenza l’indumento islamico era vietato dalla FIFA per il rischio di soffocamento, visto che avvolge anche il collo.
A cura di Paolo Fiorenza
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La seconda partita della fase a gironi del Marocco ai Mondiali femminili di calcio ha visto compiersi un evento storico: la presenza di Nouhaila Benzina nella formazione titolare della nazionale nordafricana per il match contro la Corea del Sud ha fatto sì che al calcio d'inizio la 25enne diventasse la prima giocatrice in assoluto a indossare un hijab in una partita dei Mondiali.

Il Marocco ha poi vinto l'incontro per 1-0, ottenendo il suo primo successo di sempre nella fase finale di una Coppa del Mondo – altro avvenimento storico – e rilanciando le proprie chance di qualificazione agli ottavi di finale dopo aver perso il match d'esordio con la Germania per 6-0 (sarà decisivo l'ultima partita del girone contro la Colombia).

Nouhaila Benzina, che gioca da difensore ed era rimasta in panchina all'esordio contro le tedesche, è scesa in campo dal 1′ con l'hijab, il tradizionale indumento che avvolge il capo delle donne di religione islamica. Si tratta di un drappo che copre il capo, il collo, le orecchie e lascia scoperto il volto. La portata storica dell'evento è legata al fatto che in precedenza la FIFA aveva proibito l'uso dell'hijab nei tornei organizzati sotto la sua egida.

La marocchina è l'unica calciatrice che lo porta sia in allenamento che in partita e ne fa un punto d'onore: "Sono molto orgogliosa di indossare l'hijab", ha detto poco tempo fa. La vicenda relativa all'uso dell'hijab nel calcio femminile era diventata d'attualità nel 2007, quando un arbitro aveva impedito di indossarlo a una ragazzina canadese di 11 anni di fede musulmana. La FIFA aveva dato ragione al direttore di gara e codificato il divieto di portare il copricapo in partita, adducendo motivi di "salute e sicurezza", visto che avvolgendo il collo ci sarebbe stato il pericolo di soffocamento.

Poi c'è stata la marcia indietro, che ha consentito alla calciatrice marocchina a non essere obbligata a scegliere tra la propria fede religiosa e l'opportunità unica nella vita sportiva di partecipare a un Mondiale di calcio.

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