Non solo Covid: come cambiano mercato e strategie della Juventus con il bilancio in rosso
Quasi novanta milioni di deficit e un mercato che risente di questa mazzata. La Juventus ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2020 con perdite per 89,7 milioni, complice la separazione da Higuain (che ha peggiorato l’iniziale previsione di -71,4 milioni) e complice la situazione critica vissuta dal calcio internazionale a seguito della pandemia di Covid-19. Gli effetti del lockdown e delle misure adottate dal Governo per contenere la diffusione del contagio, però, non bastano da sole a spiegare un trend che in realtà va avanti da ormai tre anni. La Juventus, infatti, dal 2017 chiude il proprio bilancio in rosso e solo l’emergenza sanitaria ha fatto sì che il 2020 non fosse l’anno di chiusura del periodo di monitoraggio per il fair play finanziario. La Uefa ha allargato il triennio fino al 2021 e concederà ai club delle attenuanti proprio a causa del Covid-19, ma la Juventus sta comunque cercando di liberarsi di alcuni dei contratti più onerosi della rosa.
Il bilancio della Juventus e un effetto Covid-19 parziale
L’effetto Covid-19 c'è, ma non è solo quello a incidere nei conti della Juventus. La pandemia ha indubbiamente causato problemi, specialmente per ciò che riguarda i proventi dal botteghino, che nel caso del club campione d’Italia hanno subito una variazione in negativo di circa 21,5 milioni di euro rispetto all’anno passato (da 70,7 a 49,2 milioni di euro). L’intero monte ricavi, però, è crollato di 48 milioni nel giro di un anno, più del doppio rispetto al passo indietro fatto sul fronte della biglietteria. La maggiore perdita, infatti, è legata ai 40,2 milioni di diritti televisivi lasciati per strada (dal 206,6 a 166,4 milioni): in questo caso, l’effetto Covid-19 è solo parziale, dato che parte del ribasso è dovuta anche all’eliminazione prematura in Champions League. Il k.o. agli ottavi di finale contro il Lione ha comportato una riduzione della quota di market pool per i bianconeri, che di base hanno 10 milioni assicurati dalla vittoria dello scorso campionato, ma che per il percorso in Champions hanno aggiunto tra i 6 e i 6,5 milioni (contro gli oltre 7 milioni dell’Atalanta, ultima delle italiane ad essere eliminata dal torneo).
Eppure, nonostante la pandemia, la Juventus è riuscita ad alzare l’asticella per quanto riguarda i ricavi da sponsorizzazioni, portati da 108,8 a 129,6 milioni di euro, grazie anche ad accordi pluriennali che permetteranno ai bianconeri di metter dentro proventi da top club europeo anche nelle prossime stagioni (mentre chi ha degli accordi in scadenza dovrà rinegoziare a cifre probabilmente inferiori). Inoltre, i ricavi hanno visto aumentare anche la voce relativa alla gestione dei diritti dei calciatori, ovvero alle cessioni in sede di mercato: 172 milioni contro gli oltre 157 milioni messi a bilancio nell’anno precedente, con plusvalenze per 166,6 milioni di euro. Un traguardo raggiunto grazie allo scambio col Barcellona tra Arthur e Pjanic, ma altre operazioni effettuate successivamente hanno aggravato i risultati dell’esercizio. Come la risoluzione del contratto di Gonzalo Higuain con annessa minusvalenza da 18,3 milioni di euro, che ha portato il rosso a sfiorare i 90 milioni.
Quanto pesano gli esuberi nelle casse della Juventus
Il peso della separazione con Higuain si sente sin da subito ed è mitigato parzialmente dal risparmio sul monte ingaggi (7,5 milioni netti, circa 15 milioni lordi), che compenserà solo minimamente la minusvalenza realizzata, tanto più se al suo posto viene inserito un altro contratto oneroso come quello di Morata. Ma Higuain non è il solo ad aver zavorrato i conti della Juventus negli ultimi anni, al di là di quello che è stato il rendimento sul terreno di gioco. L’argentino, una volta lasciata Torino, si è diretto a Miami per approdare nella Mls, stessa destinazione di Blaise Matuidi, altro giocatore liberato dalla Juventus. I bianconeri hanno concordato la risoluzione del contratto anche col francese, ma a differenza di Higuain, il suo addio ha generato un effetto economico positivo per 11,2 milioni nel prossimo bilancio: da un lato per lo stipendio risparmiato, dall’altro per la risoluzione, giunta a pochi mesi dal rinnovo del contratto. L’accordo con Matuidi sarebbe dovuto scadere infatti a giugno 2020, ma nel mese di gennaio la Juventus ha esercitato il diritto d’opzione per il prolungamento di un anno. Prolungamento che, di fatto, è come se non fosse mai stato realizzato.
In casa bianconera, però, gli esuberi non sono mancati di certo e non si limitano ai soli Higuain e Matuidi. Il caso esemplare è quello di Khedira: nel 2018, dopo tre stagioni in cui non sono mancati gli infortuni (che lo avevano già limitato parecchio al Real Madrid), il centrocampista tedesco firma il rinnovo con i bianconeri fino al 2021. Nelle due stagioni successive gioca in totale 35 partite e oggi è un peso per il bilancio juventino. Non tanto per quanto riguarda l’ammortamento (la Juventus lo prese da svincolato, pagando solo oneri accessori), ma per l’ingaggio da 4 milioni netti a stagione, quasi 8 milioni lordi. Pesa parecchio anche Douglas Costa, che di stipendio prende 6 milioni netti a stagione e ha ancora due anni di contratto (con un valore residuo di quasi 22 milioni a bilancio). Giocatori che la Juventus sta cercando di vendere per rendere più flessibile il proprio monte ingaggi e avere maggiore margine di manovra sul mercato.
La Juventus deve temere il fair play finanziario?
I primi dubbi sull’effettivo peso della massa salariale della Juventus sono emersi già a gennaio, ovvero da quando è stato pubblicato il report di KPMG – Football Benchmark, secondo cui il rapporto tra gli stipendi di area sportiva e i ricavi operativi superava di poco il 70%, soglia posta dalla Uefa nei regolamenti sul fair play finanziario. Il report si basa però sul bilancio chiuso al 30 giugno 2019 e prende in considerazione tre sole tipologie di ricavo (botteghino, tv e commerciale). La Uefa, per ciò che concerne il fair play finanziario, fa riferimento invece ai cosiddetti «ricavi rilevanti» (botteghino, diritti tv, attività commerciali, sponsorizzazioni, pubblicità, plusvalenze e operazioni di calciomercato, proventi finanziari e altri ricavi operativi) e l’attuale spesa salariale della Juventus (ridotta a 259,3 milioni grazie all’accordo per il taglio degli stipendi in pieno lockdown) è ben al di sotto della soglia del 70%. Nel 2021, però, la parte di stipendio “saltata” a causa del Covid-19 verrà nuovamente messa in conto, con un prevedibile aumento dei costi salariali.
Non dovrebbe trattarsi di un aumento tale da far scattare campanelli d’allarme (persino con i ricavi in calo del 2020 la Juventus potrebbe permettersi ingaggi per circa 400 milioni senza infrangere i regolamenti), ma i bianconeri hanno sempre avuto un occhio di riguardo per il fair play finanziario e i risultati dell’ultimo triennio non sono certo ottimistici. La Uefa, per far fronte all’inevitabile tracollo dei ricavi causato dalla pandemia, ha deciso di accorpare i risultati del 2020 e del 2021 nel periodo che comprende 2018 e 2019: i risultati dei primi due anni vengono presi per intero, mentre per quelli degli ultimi due viene presa in considerazione la media. Il problema, per la Juventus, è che finora tutti i risultati sono negativi: -19,2 milioni nel 2018, -39,9 milioni nel 2019 e -89,7 milioni nel progetto di bilancio del 2020. Se da un lato è vero che la Uefa non prende in considerazione esattamente queste cifre (perché esclude dal conto i cosiddetti «costi virtuosi»), dall’altro è evidente che questo trend non sia una garanzia di permanenza sotto i 30 milioni di deficit consentiti.
Come si muove la Juventus in ottica futura
Per il 2021 la Juventus sta cercando di riportare i propri conti in equilibrio, sfruttando al meglio il triennio allargato per rientrare nei parametri, grazie anche alle nuove misure previste dalla Uefa per fronteggiare la crisi economica causata dal Covid-19. Se il deficit al termine del periodo 2017-2021 dovesse sforare i 30 milioni di euro, è possibile evitare le sanzioni dimostrando di aver patito un crollo dei ricavi proprio per gli effetti della pandemia. Non è un caso, dunque, se nel progetto di bilancio 2020 la Juventus abbia voluto precisare come «alcune componenti economiche siano state influenzate dalla diffusione della pandemia da Covid-19 e dalle conseguenti misure restrittive per il suo contenimento». Solo alcune, però. E nel frattempo, si cerca di sfoltire il monte ingaggi per non correre ulteriori rischi, con tutto quello che ne consegue sul mercato: affari low cost come McKennie, giovani di prospettiva come Kulusevski e operazioni in prestito – seppur oneroso – come Morata. Perché oggi la Juventus deve pensare anche a far tornare i conti in equilibrio.