Può un evento atteso 33 anni essere tutto fuorché un fatto estemporaneo? È il paradosso dal quale sboccia lo Scudetto del Napoli, il più pianificato degli eventi straordinari, trionfo tanto inaspettato – nelle proporzioni – quanto meritato per il percorso che il club ha fatto dal fallimento del 2004 in avanti. Non c’è niente di improvvisato, nessuna congiuntura astrale dietro la squadra che ha stracciato il campionato come raramente si è visto nella storia. Solo costante, metodico, paziente lavoro, ispirato ad una visione ben definita, talvolta fin troppo intransigente, ma sicuramente efficace.
Nessuno meritava uno Scudetto più del Napoli per quanto fatto in questi ultimi anni. Lo raccontano i numeri, e i numeri difficilmente mentono. Soltanto la Juventus ha raccolto più punti del Napoli negli ultimi 10 campionati. E sempre il Napoli ha conquistato più punti di chiunque altro nell’ultimo triennio, quello che ha segnato la fine dell’egemonia della Juve in Serie A aprendo a nuovi scenari e equilibri diversi. Lo stesso Napoli che per 13 stagioni consecutive si è guadagnato l’accesso alle coppe, un record a livello europeo. Fotografie di una competitività elevata, costruita, persistente e adesso anche vincente.
Non è un caso che lo Scudetto a lungo inseguito, a volte sfuggito, sia arrivato proprio nell’anno della rivoluzione più profonda, con la colonna portante della squadra congedata in blocco, tra malumori e contestazioni, nel rispetto di necessità programmatiche e progettuali. Scelte impopolari che si sono tramutate in vincenti nel giro di appena pochi mesi mese.
Non è un caso che il trionfo porti anche la firma, tra le tante, di Luciano Spalletti. “Il Napoli degli allenatori”, per certi versi: sempre bravissimo, sempre lì tra i primi, ma con un rapporto complicato con i trofei. Nella sua carriera è quasi sempre stato accompagnato dall’etichetta di perdente di successo, ingenerosa rispetto alla sua straordinaria regolarità nel centrare sempre l’obiettivo prefissato. E quest’anno, come si è capito, a Napoli si erano messi in testa di provare a vincere davvero lo Scudetto.
Non è un caso che tutto questo sia avvenuto in un contesto di profondo mutamento nel calcio italiano, che anno dopo anno si riscopre più povero e aggrappato al sistema delle plusvalenze studiate a tavolino, fino ai limiti della dipendenza. Necessità che quasi mai ha sfiorato il Napoli – al netto delle ombre nell’operazione Osimhen -, forte di un bilancio che rispecchia quello che è sempre stato il mantra societario: mai il passo più lungo della gamba.
È qui che prende forma la nuova sfida sull’orizzonte del Napoli: provare a ripetersi subito o comunque a stretto giro. Vincere è sempre difficile, confermarsi ancora di più. Presentarsi ai blocchi di partenza con il tricolore sul petto implicherà aspettative e pressioni che gli azzurri quest'anno hanno evitato per mesi. Ma stavolta ci sono tutti i presupposti affinché non si debbano attendere altri 33 anni per un'altra stagione così.